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De Nittis. Un “Italiano di Parigi” in mostra a Milano

Uno dei protagonisti assoluti dell’Ottocento italiano è il perno della nuova grande mostra di Palazzo Reale a Milano.

La monografica ospitata, dal 24 febbraio al 30 giugno 2024, nelle sale del piano nobile del Palazzo accoglie, infatti, circa novanta opere di Giuseppe De Nittis (1846-84) che, insieme a Giovanni Boldini e Federico Zandomeneghi, rappresentò alla perfezione l’ideale del pittore italiano che, a Parigi e a Londra, le due capitali della Belle Epoque, non solo affinò tecnica e stile, ma si affermò come nome nelle Gallerie, tanto da divenire ritrattista dell’alta società. Curata da Fernando Mazzocca e Paola Zatti, la mostra è la prima retrospettiva milanese del pittore pugliese ed è promossa dal Comune di Milano con il patrocinio del Ministero della Cultura. Notevole è la gamma dei musei da cui arrivano le opere in mostra: tra questi spiccano la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Pinacoteca De Nittis di Barletta, sua città natale, e varie collezioni private. La mostra, inoltre, è in stretta correlazione con la contemporanea esposizione dedicata a De Nittis e a Boldini allestita al Castello di Novara.

Giuseppe De Nittis, come molti suoi contemporanei, fece fatica ad affermarsi ma, con i Salons parigini degli anni ‘70 del XIX secolo e le prime grandi esposizioni dedicate esclusivamente agli impressionisti, iniziò ad avere una fortuna sempre maggiore, fino a essere considerato, specie in Francia e in Inghilterra, uno dei più grandi interpreti dell’800 europeo. In Italia, invece, fu quasi dimenticato fino al 1914, quando la Biennale di Venezia lo rivalutò. Dopo anni di studi e ricerche, fondamentale è stata la mostra che lo ha fatto conoscere al grande pubblico e lo ha consacrato come il pittore italiano più vicino all’Impressionismo, tenutasi nel 2014 a Palazzo Zabarella a Padova.

Il pittore italiano più vicino all’Impressionismo. Una definizione che calza perfettamente con la produzione di De Nittis, in quanto il pittore di Barletta non fu mai appartenente al circolo di Manet, Monet e Degas, ma se ne avvicinò e ne rimase profondamente influenzato, specie nelle vedute, nelle quali i colori pastosi, le pennellate veloci e sottili e quell’atmosfera costantemente brumosa sono segnali importanti di legame e debito stilistico nei confronti della prima corrente avanguardista della Storia dell’Arte. Come il veneziano Federico Zandomeneghi e il ferrarese Giovanni Boldini, si può definire uno degli “Italiens de Paris”, ovvero coloro che interpretarono il gusto in voga all’epoca nella capitale francese e, successivamente, ne trasmisero le tendenze alla successiva Pittura italiana. I tre furono dei tramiti ma, nel caso dei De Nittis e Zandomeneghi, non furono mai realmente impressionisti, così come Boldini non si legò mai a nessuno dei movimenti parigini. Questi tre artisti mantennero sempre una loro, ostinata e orgogliosa, autonomia. Poi, giovi sottolineare che, così come nelle vedute fu colpito dallo stile degli Impressionisti, i ritratti di De Nittis si legarono più a quelli di Boldini, cantore della Belle Epoque. Questa unione di tendenze rende ragione del sottotitolo della mostra, ovvero Pittore della vita moderna.

La mostra si articola in sezioni a base biografica ma che, in parallelo, ripercorrono anche la sua evoluzione stilistica. Si parte, non a caso, con le prime prove del giovane Giuseppe in Puglia, soprattutto scene agresti e vedute delle campagne intorno a Barletta, dove nacque nel 1846, in cui fortissima è l’influenza della Pittura campestre di Morelli e dei fratelli Palizzi. Le prime mosse di De Nittis, infatti, partirono dall’esperienza dei Macchiaioli toscani. Gunto a Napoli nel 1860 per iscriversi all’Accademia di Belle Arti, De Nittis iniziò a dipingere all’aria aperta, nei boschi tra Portici e Resina facendosi ispirare dalla lezione di uno dei maestri toscani dell’epoca, Adriano Cecioni. Su queste coordinate, fondò la Scuola di Resina e si allontanò, orgoglioso della sua autonomia, dall’Accademia, con l’obiettivo di raffigurare una Natura realistica, priva di orpelli letterari e dei retaggi delle ultime code del Romanticismo. De Nittis giunse, desideroso di aggiornarsi con le ultime tendenze, a Parigi nel 1867. Rimase folgorato da una città sfavillante, piena di vita e nel cuore dello sviluppo urbanistico e culturale promosso da Napoleone III. Vi si stabilì l’anno successivo e il suo amore per la capitale francese fu tale da non tornare mai più in Italia, se non per un temporaneo momento legato a circostanze storiche avverse. Come tutti gli immigrati che giungono in un Paese straniero, Giuseppe non parlava una parola di francese e non conosceva nessuno, ma fu la sua Pittura ad aprirgli le porte di Parigi e dei suoi circoli culturali, dove fece amicizia con intellettuali come Edmond de Goncourt, che furono alla base della sua fortuna, suggellata, poi, dai rapporti con il noto mercante d’Arte Goupil. Un altro incontro fondamentale per la sua vita avvenne in questi anni: Giuseppe conobbe, nel 1868, Leontine Gruvelle che, un anno dopo, sarebbe divenuta sua moglie. L’amata consorte, per tutta la breve vita di Giuseppe, divenne soggetto privilegiato di ritratti intimi e traspiranti d’affetto. Senza tali premesse storiche, risulta impossibile comprendere a pieno l’opera di Giuseppe.

Come scritto poco sopra, De Nittis lasciò Parigi per un periodo mediamente prolungato per motivi storici: nel 1870, la Guerra franco-prussiana e i disordini della Comune lo costrinsero a tornare in Italia. Si stabilì nella città che gli era rimasta nel cuore, ovvero Napoli. Qui, insieme ad altri artisti locali e a francesi come Caillebotte, si dedicò a una Pittura all’aria aperta, di paesaggio ma imperniata su un elemento costante: il Vesuvio. A Parigi, De Nittis aveva già conosciuto qualche opera giapponese di Hiroshige e Hokusai, ma, nei dipinti in mostra, si può tranquillamente affermare che il Vesuvio sia il suo Monte Fuji. I risultati sono opere dedicate al vulcano, raffigurato con intenso realismo e indagato attraverso i suoi elementi naturali, dalla vegetazione alle falde con i crepacci, come provato dagli studi chiamati Alle falde del Vesuvio. Pochissime figure umane popolano i suoi quadri, con l’obiettivo di far risaltare la potenza della Natura. Quanto a colore, siamo di fronte a dei capolavori, per l’intensità della resa, evidente ancor di più nelle raffigurazioni dell’eruzione, in cui la rappresentazione non è più un Sublime di ricordo romantico, ma un’osservazione diretta di un fenomeno naturale, nonché una denuncia delle difficili condizioni di vita nei paesi sottostanti il vulcano, tra cui le amate Portici e Resina, come testimonia la bellissima Pioggia di cenere, in cui il nero del fumo si alterna all’ocra della terra brulla e al (raro) brulicare della folla in fuga.

Tornato a Parigi, De Nittis lavorò a soggetti di costume richiesti da Goupil, ma, presto, sempre orgoglioso della sua autonomia e, per citare una nota band folk-metal italiana, “mai schiavo del facile”, se ne allontanò e ciò fu la sua fortuna, in quanto iniziò a dedicarsi a vedute cittadine e, soprattutto, a ritratti di uomini e donne della buona società parigina. De Nittis, quindi, divenne, insieme all’amico Boldini, il Pittore della vita moderna della capitale francese. Uscirono dal suo pennello opere annoverabili tra i suoi capolavori, tra cui Ragazza con l’ulster, memorabile per il contrappunto tra il soggetto e lo sfondo. Se la ragazza ritratta in primo piano è un soggetto realistico e alla moda, influenzato dall’Arte di Boldini, lo sfondo è totalmente aderente, con le pennellate rapide e intense, al nascente fenomeno impressionista. Di questo periodo è da citare anche il meraviglioso ritratto di Edmond de Goncourt, lo scrittore che introdusse De Nittis nei circoli più esclusivi della capitale francese, in cui il pittore pugliese immortalò l’intellettuale nel suo studio, circondato dai suoi libri.

La Parigi di De Nittis è vita allo stato puro, qualcosa che sprigiona energia e linfa vitale per la sua creatività. Il pugliese diventò cantore non più solo della vita moderna, ma anche della sua mondanità. Parigi non è più solo la città dei monumenti storici, da Notre-Dame all’Arco di Trionfo e al Louvre, ma questi, per lui, divennero fondali perfetti per illustrare il brulicare della vita cittadina: basti pensare alle raffigurazioni del parco del Bois de Boulogne, in cui il pittore immortalò l’Arco di Trionfo sullo sfondo, quasi come se fosse un elemento complementare, ma caratterizzante del paesaggio per identificarne meglio la localizzazione, oppure a quei giardini parigini invernali, con effetto di brina, in cui ritrasse l’amata Leontine mentre pattinava. Parigi, per Giuseppe, volle dire raffigurare la quotidianità di una città ma anche la sua mondanità, gli svaghi dei suoi abitanti, come provato dalle tele rappresentanti le corse dei cavalli nei due ippodromi (come la bellissima Sulla seggiola), ma anche il brulicare di quei nuovi viali, detti boulevards, creati per idea del barone Hausmann proprio in quegli anni, in cui si muovevano anche i primi tram e omnibus. Insomma, per De Nittis, i suoi dipinti sono un’ode alla città da lui tanto amata e tanto vissuta

1 de nittis il ritorno dalle corse

Giuseppe De Nittis, Il ritorno dalle corse (La signora col cane), 1878, Olio su tela, Trieste, Civico Museo Revoltella - Galleria d'Arte Moderna

Il 1878, per De Nittis, rappresentò un punto di svolta: celebrato all’Esposizione Universale come uno dei massimi pittori cittadini, ottenne anche la Legione d’Onore e, grazie a ciò, iniziò a entrare nel novero degli artisti più richiesti dall’alta società cittadina. E, nei salotti aristocratici, ebbe modo di studiare gli effetti della luce riflessa in interno, che gli permise di creare varie opere, tra cui la tela raffigurante il salotto della Principessa Matilde Bonaparte, cugina di Napoleone III, nel quale fu introdotto da Goncourt. Il salotto venne raffigurato come un brulicare di artisti, nobili, letterati e belle donne, con un dominio totale del colore rosso porpora che copriva le pareti. Come scrisse André Michel, De Nittis divenne “pittore dell’eleganza di oggi”, ma fu sempre in questi anni che Peppino, come veniva affettuosamente chiamato, si affermò come un grande ritrattista femminile. Le corse dei cavalli a Longchamp e Auteuil furono un ottimo spunto per creare capolavori come La signora col cane, che vinse la medaglia d’oro all’Esposizione Universale. In questo quadro si fondono tutti quegli elementi caratterizzanti la Pittura di De Nittis: la figura della donna ritratta realisticamente nella sua eleganza insieme al cane, che volge il muso dalla parte opposta allo sguardo della padrona, l’immagine in resa dinamica e lo sfondo, immortalato con pennellate rapide e intense che, anche in questo caso, paiono anticipare l’Impressionismo ma anche, nella sfocatura, gli effetti della neonata Fotografia. Anche una nevicata fittissima poteva costituire, per De Nittis, un’occasione di esercizio stilistico e di luce, come provato da opere come Leontine che pattina, nella quale il gioco della luce e la resa atmosferica si muovono, di pari passo, con le prime ricerche di Monet, Manet, Degas e Renoir.

De Nittis, come anticipato, lasciò difficilmente Parigi, e lo fece solo due volte, la prima per tornare a Napoli e la seconda per stabilirsi, per breve tempo, nel 1874, a Londra, alla ricerca di nuovi committenti dopo la rottura con Goupil. Grazie all’amico pittore James Tissot, De Nittis venne introdotto nell’ambito del mecenatisimo londinese dell’epoca, grazie al quale poté realizzare alcuni dei suoi capolavori. Contrariamente a Parigi, a Londra, De Nittis ritrasse i luoghi simbolici, come Trafalgar Square, Westminster e Buckingham Palace, come soggetti centrali delle sue tele, in cui il brulicare della folla che li circondava era un semplice contrappunto al tema principale. La tecnica di Giuseppe, negli anni inglesi, si affinò in direzione impressionista, specie nella resa della luce e dei colori pallidi, anche aiutato dalla tipica nebbia britannica. Nacquero capolavori come il Ponte di Westminster, in cui la resa dei passanti in primo piano, realistica, si fonde con la sagoma brumosa del palazzo del Parlamento, terminato da pochi anni.

Rientrato a Parigi, Giuseppe iniziò ad avvicinarsi agli Impressionisti, grazie al ritorno alla pittura all’aria aperta. E cinque opere di De Nittis vennero accolte presso lo studio del fotografo Felix Nadar durante la prima mostra del nuovo gruppo, nello stesso 1874. La Pittura di Peppino iniziò a schiarirsi nella tavolozza, con effetti cromatici e luminosi che modellavano le figure evitando il ricorso al chiaroscuro: questo fu il punto di contatto con l’Impressionismo anche se De Nittis, in quanto sostenitore dell’ombreggiatura delle figure e dell’uso del disegno, non fu mai propriamente definibile come appartenente al gruppo. Opere come In Giardino, oppure Passeggiata sul Lago dei Quattro Cantoni, sono la testimonianza di questo passaggio. In questo periodo, anche De Nittis, come molti suoi contemporanei, si fece influenzare da quella moda del Giapponismo che permeò varie sue opere, come provato da Pioppi sull’acqua, oppure dalla meravigliosa gamma di ventagli esposti in mostra, che provano quanto il Giappone, per il pittore, non fosse solo evocazione di una moda, ma fonte stilistica.

Gli ultimi anni della vita di De Nittis furono segnati da problemi alla vista ma anche dall'insofferenza per i frenetici ritmi cittadini che tanto aveva adorato. Si trasferì in una casa di campagna a Saint-Germain-en-Laye, con Leontine e il figlio, dove lavorò a luminose vedute agresti, quasi un circolare ritorno alle origini a Barletta e a Resina, stavolta, però, mediate dalla lezione impressionista, così come erano debitrici nei confronti di Manet e Monet i ritratti famigliari come La colazione sull’erba, una delle sue ultime opere. Giuseppe De Nittis morì nella casa di Saint-Germain, all’improvviso, nel 1884. Delle ultime opere incompiute, tra cui i due ritratti di Leontine intitolati Sull’amaca, si occupò proprio l’amata moglie. Venne sepolto, come un grande parigino, nel cimitero del Père Lachaise, lasciando una grandissima eredità per le nuove leve dell’Impressionismo e per quei pittori italiani che, specie tra i Divisionisti, ne avrebbero seguito l’esempio.

Giuseppe De Nittis. Pittore della vita moderna
Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì chiuso; martedì-mercoledì-venerdì-sabato-domenica 10-19.30; giovedì 10-22.30
Biglietti: intero 15,00 €, ridotto 13,00 €
Info: https://mostradenittis.it/

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