Bruno Munari e Arnaldo Pomodoro: il cerchio tra gioco e mistero
“Dio è un cerchio il cui centro è dappertutto ma la cui circonferenza è in nessun luogo.”
— Bruno Munari
Due artisti dalla poliedricità straordinaria che hanno rappresentato, in Italia e nel mondo, l’intelligenza creativa.
Munari, a differenza di Pomodoro che si concentra su una forma come la sfera e ne ricerca la profondità, si occupa di forme elementari (quadrato, cerchio, triangolo) e ne evidenzia la semplicità, come in un linguaggio universale per comprendere il mondo (rotondo) e la creazione.
Bruno Munari ha dedicato interi libri a queste forme, come la celebre trilogia "Il Quadrato", "Il Cerchio" e "Il Triangolo", dove, con infinite declinazioni di queste figure, attingendo alla natura, all'architettura, all'arte antica e contemporanea, alla vita quotidiana, ne affronta il mistero che esse comunicano.
Per Munari, il cerchio non è solo una forma geometrica, ma un simbolo potente e dinamico.
Lo troviamo nelle bolle di sapone, negli occhi, nel sole, nelle impronte nell'acqua, nelle danze tribali.
È una forma che suggerisce perfezione, ciclicità, ma anche movimento e instabilità (come in tutti i movimenti rotatori).
La sua semplicità lo rende universale e un punto di partenza per infiniti giochi creativi.
L'approccio di Munari alle forme è ludico: nelle sue "Macchine Inutili", usa spesso forme geometriche semplici, incluso il cerchio, e attraverso il movimento e l'equilibrio crea composizioni imprevedibili.
Il cerchio non è solo una forma, ma un elemento che danza nello spazio, interagendo con l'aria e la luce.
Questo gioco con le forme in movimento è un modo per stimolare l'osservazione e la fantasia.
Attraverso i suoi laboratori, Munari portava l’educazione alla creatività, giocando per sempre nei suoi laboratori per bambini, come un eterno Peter Pan nella sua isola che non c’è.
Attraverso la manipolazione di forme semplici, incoraggiava a esplorare, combinare e trasformare, sviluppando il pensiero creativo e la capacità di osservare il mondo con occhi nuovi.
Le sue proposte didattiche spesso partivano da una forma base per arrivare a scoperte sorprendenti.
Ma qual è la differenza sottile ma significativa con Pomodoro?
Mentre Pomodoro scolpiva le sfere come monumenti che racchiudono un mistero e una complessità interna, Munari le scompone, le analizza, le rende un alfabeto per tutti, per costruire e scomporre il mondo.
Pomodoro vedeva il cerchio/sfera come forma "forte", un volume che subisce un'azione, che viene "aperto" per rivelare il suo contenuto.
Cercava la contemplazione, l'ammirazione per la forma e il messaggio che essa nascondeva.
Era una ricerca quasi filosofica sulla materia e sul suo interno.
Munari vedeva il cerchio come elemento base di un linguaggio visivo che poteva essere combinato, piegato, animato per creare significato, bellezza e gioco.
Desiderava coinvolgere, far sorridere, stimolare la mente in modo leggero ma profondo.
La sua è un'arte da toccare, usare, vivere.
Era interessato alla didattica della forma, alla sua capacità di generare sempre nuove idee e non stancare mai.
Entrambi, quindi, hanno riconosciuto la potenza e la bellezza delle forme geometriche, ma le hanno utilizzate con obiettivi diversi, arricchendo il mondo attraverso la loro magnifica arte.
“La sfera è una forma magica. La superficie lucida rispecchia ciò che c’è intorno, restituendo una percezione dello spazio diversa da quella reale, e crea mistero.”
— Arnaldo Pomodoro