Il fanciullino: creatività e infanzia nell’arte da Pascoli a oggi

La citazione di Pascoli
«È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, …ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello».
(Giovanni Pascoli)

Il fanciullino che ritorna
È qui. L’avverti. È una sensazione rapida, fugace, come un guizzo: la creatività che si accende all’improvviso, senza preavviso. Sono pensieri che si muovono in tre passi rapidi, quasi danzando nella mente. È quell’idea che ci sorprende come un lampo, scuotendo lo spirito. È l’animo sopito che ricomincia a parlare timidamente, ma con crescente forza.
Quanto è difficile sentire quella voce interiore? Nella giostra frenetica della vita, tra trend che cambiano ogni giorno e il cuore che batte il tempo degli impegni quotidiani, ci troviamo spesso assorti, travolti da lavori e responsabilità. In questa corsa rifuggiamo noi stessi, ci perdiamo piano piano, letteralmente spegnendoci, come se ogni giorno ci costasse un pezzo di anima.
Il magico attimo del risveglio
Ma basta un suono. Forse un volo, un volo pindarico, per permettere al “fanciullino” che abita dentro di noi di tornare a far sentire la sua voce. Quell’attimo magico in cui qualcosa si risveglia, come uno squillo che rompe la monotonia, e ci ritroviamo travolti da un entusiasmo diverso, fresco, autentico.
Come un’onda imprevista, l’entusiasmo ci travolge: la mente si apre, le soluzioni si manifestano, le situazioni ferme si sbloccano. Il “fanciullino” ci riporta a noi stessi, ci riconnette con la nostra essenza più vera, quella che spesso dimentichiamo nel frastuono dei doveri quotidiani.
Ecco il segreto: la voce del fanciullino non è solo nostalgia o sogno infantile, ma una forza viva che ci permette di riscoprire il senso delle cose, di riaprire porte che credevamo chiuse. In quell’attimo di grazia ricordiamo chi siamo davvero. Come dice il proverbio, «La voce del cuore non mente mai». Quando il fanciullino si risveglia, è come ritrovare una parte di sé che non ha mai smesso di esistere. Lasciamolo parlare: quell’onda di creatività rende la vita più piena, più vera.
Il fanciullo nella storia dell’arte
La rappresentazione del fanciullo nella scultura ha attraversato i secoli assumendo significati diversi: simbolo di purezza e innocenza nell’antichità, allegoria di vita e rinascita nel Rinascimento, fino a diventare emblema di introspezione e umanità nell’età moderna. Le statue di bambini, o “fanciulli”, offrono uno sguardo privilegiato sull’evoluzione del pensiero artistico e filosofico riguardo all’infanzia.
Il fanciullo nell’arte greca e romana
Tra le opere più celebri dell’antichità il Bambino con l’oca (o Ganimede con l’oca), attribuito a Boeoto di Calcedonia (IV sec. a.C.), conservato in copie romane ai Musei Vaticani e al Louvre: un bambino colto in un gesto spontaneo e naturale.
Altro esempio di rilievo è lo Spinario (Fanciullo che si toglie una spina dal piede), bronzo romano del I sec. a.C. ai Musei Capitolini: il gesto quotidiano e l’attenzione al naturale superano l’eroico per celebrare la vita semplice.
Il fanciullo nel Rinascimento
Con il Rinascimento la figura del bambino riacquista centralità, spesso con valenze religiose o allegoriche. Emblematico il Putto col delfino di Andrea del Verrocchio (1470 ca.), a Palazzo Vecchio: dinamismo e grazia esprimono la riscoperta dell’anatomia.
Donatello realizza putti danzanti e cherubini, come nella Cantoria del Duomo di Firenze (1433–1438), dove i bambini diventano simbolo di gioia e vitalità spirituale.
Il fanciullo nell’età moderna
Nel Settecento e Ottocento la scultura di fanciulli assume un carattere più intimo e sentimentale. Celebre Amore e Psiche bambini di Antonio Canova (1787–1793), al Louvre: due fanciulli mitologici in un bacio tenero, ideale neoclassico della grazia.
Nel XIX secolo Jean-Baptiste Carpeaux realizza gruppi di bambini giocosi (e la celebre La Danse, 1869), unendo movimento, joie de vivre e acuta osservazione psicologica.
Il fanciullo nell’arte contemporanea
Nel Novecento la figura del bambino diventa simbolo di memoria e vulnerabilità. Marino Marini, con cavaliere e fanciullo, indaga il rapporto tra innocenza e violenza del mondo moderno. Più tardi, artisti come Juan Muñoz e Ron Mueck riprendono il tema per esplorare identità, silenzio e inquietudine.

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