La vicenda francese di Picasso in mostra a Milano
Il genio di Pablo Picasso, una delle figure più emblematiche della storia dell'arte del Novecento, torna protagonista di una grande mostra milanese.
Dopo l'esposizione primaverile al MUDEC, dedicata al suo rapporto con l'arte africana, è ora la volta di una retrospettiva a Palazzo Reale, che, più che evidenziare solo la creatività dell’artista, si concentra sulla vicenda storica e biografica di Picasso in Francia. Dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025, nelle sale al piano nobile del Palazzo di Piazza Duomo, sarà possibile compiere un excursus attraverso i circa settant’anni in cui l'artista spagnolo visse in Francia. Curata da Annie Cohen-Solal e Cécile Debray, la mostra è prodotta da Palazzo Reale in collaborazione con Marsilio Arte e il Museo Picasso di Parigi, che è il principale prestatore delle novanta opere esposte.
La mostra prende spunto dal primo arrivo a Parigi di un giovane Pablo Picasso, diciottenne, nel 1900, e apre a riflessioni sulle attuali tematiche dell’immigrazione e della condizione di sentirsi stranieri in un paese diverso dal proprio. Picasso visse quell'esperienza in prima persona, arrivando in una Parigi in cui non parlava una parola di francese e percepiva la diffidenza verso di lui come straniero. Non a caso, la mostra è intitolata Picasso. Lo straniero, richiamando il parallelismo con tanti migranti di oggi che si trovano lontani dalla propria casa, talvolta senza parlare la lingua del paese che li ospita e vittime di diffidenza, razzismo e ignoranza, spesso alimentati da pregiudizi e timori diffusi.
Picasso, come i migranti del cosiddetto "Terzo Mondo" che attraversano oggi il Mediterraneo o la rotta balcanica, fu visto come un "migrante" e, nel 1901, fu schedato erroneamente come anarchico, considerato con sospetto per le sue idee di sinistra e, soprattutto, per la sua condizione di straniero. Nei primi quarant'anni della sua permanenza in Francia, Picasso si scontrò più volte con pregiudizi xenofobi, fino a ricevere negli anni ’30 una carta d’identità sulla quale, in caratteri cubitali, campeggiava la parola “SPAGNOLO”, a confermare la sua condizione di diverso. Picasso arrivò in Francia grazie a un gruppo di amici catalani, con cui visse nei suoi primi anni a Montmartre, già allora quartiere bohemien, popolato da artisti, prostitute e migranti. Qui, sopravvisse in condizioni dure all’interno del “Bateau-Lavoir”, un edificio soprannominato "battello-lavatoio", caratterizzato da condizioni fatiscenti e temperature estreme.
Stabilitosi a Parigi nel 1904, Picasso costruì rapporti fondamentali con amici come Guillaume Apollinaire, Max Jacob e Daniel Kahnweiler, anche loro, in fondo, “migranti” (Apollinaire di origine polacca, Jacob bretone ed ebreo, e Kahnweiler tedesco di origine ebraica). Fu grazie a questi legami che Picasso, insieme a Georges Braque, riuscì ad affermarsi come il nuovo simbolo dell'avanguardia cubista, superando la diffidenza dei francesi.
Quando sentì di essere in pericolo con l'avanzata nazista verso Parigi, Picasso tentò di ottenere la cittadinanza francese, ma fu sfortunato: nonostante i primi passi positivi, la pratica fu infine respinta da un funzionario xenofobo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando gli fu riproposta la naturalizzazione, Picasso, amareggiato dai precedenti, declinò l’offerta, preferendo ritirarsi nel Sud della Francia, alla ricerca di un contatto più genuino con il mondo mediterraneo che lo aveva sempre caratterizzato.
La xenofobia che segnò il periodo della Prima Guerra Mondiale colpì Picasso anche perché, grazie a Kahnweiler, la sua arte aveva iniziato a essere apprezzata in Germania, Austria e Russia. Vittima dei sentimenti antitedeschi successivi alla Grande Guerra, molte delle opere di Picasso possedute da collezionisti tedeschi vennero confiscate dallo stato francese. Tra le due guerre, inoltre, Picasso, da uomo di sinistra, visse con angoscia l’ascesa dei fascismi e, nel 1937, creò Guernica, un’opera emblematica del sentimento antifascista che raccontava il bombardamento nazista sulla cittadina basca.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Picasso, noto per il suo antifascismo, si unì al Partito Comunista francese, il che contribuì al suo successo negli ultimi trent'anni della sua vita. Già riconosciuto dagli anni ’30, rimase tuttavia fuori dai musei statali francesi per molto tempo. Risale al 1929 il rifiuto del Louvre di esporre Les Demoiselles d’Avignon, capolavoro che avrebbe infine trovato spazio negli Stati Uniti. Nel dopoguerra, Picasso ricevette molte commissioni da sindaci comunisti di città e paesi francesi, contribuendo a definire la parte finale della sua carriera.
La mostra segue questo duplice filone estetico e politico e riflette la produzione artistica di Picasso lungo la sua vita da immigrato in Francia. Tra le novanta opere esposte, una quarantina sono inedite in Italia, offrendo al pubblico una visione sorprendente del genio di Malaga e della sua condizione di straniero. Il percorso espositivo si sviluppa cronologicamente, dal 1900 al 1973, e si articola tra opere d'arte (dipinti e sculture) e documenti d'archivio che testimoniano la condizione di migrante di Picasso. Tra le opere chiave vi è La lettura della lettera (1921), che raffigura l’artista accanto a un amico, simbolo del valore che Picasso attribuiva ai legami costruiti a Parigi. Un altro dipinto significativo è Gruppo di donne del 1901, espressione della prima fase parigina, in cui Picasso rappresenta la popolazione proletaria di Montmartre.
Picasso. Lo Straniero
- Dove: Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano
- Orari: Martedì-Domenica 10:00-19:30; Giovedì 10:00-22:30; Lunedì chiuso
- Biglietti: Intero 15,00 €, Ridotto 13,00 €
- Info: www.palazzorealemilano.it
Pablo Picasso (1881 - 1973) VALLAURIS - 1956 EXPOSITION 19 giugno1956 Linogravure, 66 x 54,2 cm Musée national Picasso-Paris. Dation Pablo Picasso, 1979. MP3465 © Succession Picasso by SIAE 2024 Photo © RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Adrien Didierjean
Quando arrivò a sentirsi in pericolo, con l’avanzata dei nazisti verso Parigi, Picasso provò a chiedere la cittadinanza francese ma, in questo fu molto sfortunato: dopo che i primi passi andarono bene, l’iter fu bocciato nel finale da parte di un funzionario xenofobo che deluse le sue speranze. Quando, nel secondo dopoguerra, gli venne proposta la naturalizzazione, Picasso, visti i precedenti, declinò l’offerta, preferendo ritirarsi nel Sud del Paese alla ricerca di un lavoro artistico genuino, a contatto con gli artigiani locali, voltando le spalle al “buon gusto” parigino e preferendo immergersi in quel mondo mediterraneo, tutto mare, sole e vegetazione di macchia, in cui, in fondo, era sempre stato abituato, sin dalle sue origini andaluse.
La xenofobia, legata alle vicende della Prima Guerra Mondiale, segnò Picasso, anche perché, grazie a Kahnweiler, la sua Arte iniziò a essere apprezzata anche in Germania, Austria e Russia. Vittima del sentimento antitedesco seguito alla Grande Guerra, Picasso si vide confiscate dallo Stato francese molte delle opere che erano appartenute alle collezioni del critico e mercante suo amico. Tra le due guerre, inoltre, Pablo, da uomo di sinistra, fu angosciato dall’ascesa dei fascismi, che della xenofobia e del razzismo facevano una ragion d’essere e, per questo, si schierò con i Repubblicani spagnoli contro l’avanzata di Franco e, in questo periodo, nel 1937, creò l’opera d’Arte che, forse, più di ogni altra, esprime il sentimento antifascista, ovvero Guernica, drammatica nello stravolgimento delle forme e della materia con cui l’artista raccontò il bombardamento, condotto da aerei nazisti, supportati da altri inviati da Mussolini, sulla cittadina basca, della quale venne sterminata la quasi totalità della popolazione. Picasso visse drammaticamente questi anni, tra l’ostilità dei francesi e il fatto che i nazisti, in Germania, lo considerassero uno di quegli artisti “degenerati”, ma seppe reagire attraverso una radicale opposizione al trionfalismo dell’Arte dei totalitarismi e al ritorno alla purezza del passato, attraverso uno stravolgimento di forme e volumi ancora di matrice cubista ma più legato al modello dell’uomo semplice, umile e lavoratore.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Picasso, in virtù del suo antifascismo, divenne membro del Partito Comunista francese e ciò fu la base della sua fortuna negli ultimi trent’anni della sua vita. Già riconosciuto per il suo valore negli anni ‘30, da galleristi come Leo Stein, fino ad allora, però, i musei francesi statali non custodivano quasi nessuna delle sue opere (le due presenti, oltretutto, non erano delle migliori della produzione picassiana). Risale al 1929 il rifiuto del Louvre di esporre uno dei suoi capolavori, Les Damoiselles d’Avignon, universalmente, già allora, riconosciuto dalla critica ma che sarebbe, poi, finito negli Stati Uniti, dove, oggi, è esposto. Nel dopoguerra, Picasso iniziò a essere richiesto da molti sindaci comunisti di città e paesi della Francia per opere di carattere pubblico, e ciò segnò indubbiamente il finale della sua carriera.
La mostra segue, parallelamente, un filone estetico e politico e mostra come anche la sua produzione artistica abbia seguito la parabola della sua vita da immigrato in terra francese. Tra le novanta opere di Picasso esposte in mostra, una quarantina non erano mai giunte in Italia e sono delle autentiche sorprese, che testimoniano sia la continua e proteiforme evoluzione stilistica del genio di Malaga, ma anche il suo sentirsi profondamente esule e straniero in Francia. Il percorso è cronologico, dal 1900 al 1973, e procede di pari passo tra opere d’Arte (sia dipinti che sculture) e documenti d’archivio, che attestano la condizione di migrante di Picasso. Una di queste opere, a dir poco fondamentale, è La lettura della lettera (1921), in cui, nel pieno del ritorno alla figura classicamente intesa, raffigurò sé stesso accanto a un amico, che potrebbe essere Apollinaire, Jacob o Braque. L’opera è testimonianza del valore che Picasso conferisce ai legami e alle amicizie costruite nel corso degli anni a Parigi. Un altro dipinto importante è Gruppo di donne, del 1901, appartenente alla prima fase parigina di Picasso, in cui dipinse a ritmi altissimi e si soffermò su tematiche legate alla popolazione proletaria di Montmartre, colta nei bassifondi e nelle stradine del quartiere, insieme a quel gruppo di amici catalani, come il critico Pere Mañach, che lo accolse, un anno prima, a Parigi.
Picasso. Lo Straniero
Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano
Orari: martedì-domenica 10.00-19.30; giovedì 10.00-22.30; lunedì chiuso
Biglietti: intero 15,00 €, ridotto 13,00 €
Info: www.palazzorealemilano.it