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Rabarama: quando l’arte diventa vita

sculture-rabaramaManichini cerei dietro alte vetrine indossano colori e stoffe pregiate. Scaffali monocromatici  e assenza, il vuoto riempie lo spazio.  Commessi che camminano come soldatini, con le braccia dietro la schiena. Ogni vetrina è di uno stilista. Tutto è ordinato e impeccabile.

Siamo a Legnano nel fashion store di Vinicio inaugurato il febbraio scorso a un passo dal centro storico del paese. Poco più in là a pochi passi dalla confusione cittadina dove la domenica le età del paese si incontrano o non si incontrano ma comunque passeggiano, bevono un caffè, chiacchierano, vivono, esiste un luogo che a passarci davanti non lo si nota.

Ci va solo chi ne conosce l’esistenza perché “nascosto” in uno spazio aperto: è il paradosso di chi si trova in uno spazio talmente ampio di essere rintracciabile ma non visibile. A volte dei curiosi che ne hanno sentito parlare vanno lì per “guardare le vetrine” e sbirciarvi all'interno. Non c’è via vai, in tempi di austerità Vinicio è un ambiente per pochi, per alcune straniere mosche bianche che rimpolpano il fatturato nostrano, eppure esiste un anello di congiunzione tra l’esterno e l’interno .
Non si coglie immediatamente eppure c’è una presenza che respira anche in quel mondo blindato dietro le alte vetrine: si chiama arte.
Nelle ampie metrature infatti ci sono dei piedistalli con delle statue che riproducono il corpo umano. Voltandosi indietro nella piazzetta dedicata a Gianfranco Ferrè dove si trova il fashion store c’è una riproduzione simile ma dieci volte più grande.
Un corpo accovacciato, enorme, pesante : una gamba è distesa a voler formare un incrocio, l’altra è piegata. La testa è reclinata su un ginocchio. Tra il cemento e il vetro, l’alta classe e i manichini spigolosi domina questa forma tonda e umana.

Il corpo è completamente chiazzato di lettere, lettere incasellate in quadrati incisi sul corpo come in una specie di grande e rotondo cruciverba. Più si osserva questa scultura e più ci si allontana dai desiderata che partivano dalla mente allo scorrere delle vetrine: l’opera si legge come fosse un libro e si cerca di capire. I passanti iniziano a girarci attorno: cosa significa? Cosa c’è scritto? Ognuno cerca di leggervi qualcosa ma non c’è scritto niente.
Quel corpo adagiato è come un pacco che il mare ha portato alla deriva, trascinato dalle corrente contro il proprio volere in un luogo che non è una destinazione ma un luogo a caso. Quell'uomo pensava e pensando si è addormentato ripiegandosi su se stesso. E’ rimasto lì e si è addormentato lasciando i suoi pensieri congelati e senza soluzione. La sua pelle è una gabbia di lettere, forse è la gabbia il suo cruccio?

Anche il passante sembra disorientato, osserva, gira e rigira attorno a quel corpo ed alza le spalle perché non trova soluzione. Allora chiede aiuto alla targhetta, ma niente solo un nome, uno pseudonimo: RABARAMA

RABARAMA è una scultrice italiana, nella sua biografia si dice che “Le sue sculture rappresentano un’umanità in metamorfosi, in riflessione, in continua evoluzione e sempre impegnata a sfuggire ad un destino già programmato” ma allora qual è il nesso tra Vinicio e queste opere? Quello sfarzo incolore che emana cifre a quattro zero non è anch'esso una gabbia?

Leggo su una recensione che le opere di RABARAMA hanno accompagnato l’inaugurazione del fashion store e resteranno in esposizione solo per alcuni mesi. Quell'opera è un pacco, un pacco con una storia e un’energia misteriosa: non si sa da dove arriva e perché sia finito lì.

Su quell'ampia spiaggia c’è chi passa per caso e lo osserva cercando di ricostruire la sua storia. La corrente del mare lo riporterà via in un altro luogo, da altri passanti e ognuno ci costruirà la sua storia.

In ogni luogo ciascuno cercherà di dare un nome a quella gabbia di lettere: che si chiami convenzione o si chiami schema, o formalità, ciascuno la interpreterà a suo modo dando pensiero a ciò che sembra inerme e statico, ma in realtà è in continuo dialogo con il mondo.

Antonella Schiavone

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