Street Art: Arte nuova o inquinamento visivo?
Tra le 200 vere e proprie feste di quartiere, una macchia: l’errore della cancellazione di una delle tante opere di Pao, che colorano la nostra città. E’ evidente a tutti che un conto è cancellare le tante brutture e scritte che sporcano i muri, un altro è invece eliminare le vere e proprie opere d’arte che impreziosiscono la città.
Di cosa sto parlando? Semplicemente di un’altra manifestazione della maleducazione italiana.
Il comune di Milano chiede scusa al writer Pao, per un eccesso di zelo dei 1300 volontari che, la mattina dello scorso 16 Maggio, hanno cancellato un murales realizzato nel 2001 da Pao ed un’altra writer, Linda, in via Cesariano.
L’iniziativa “Bella Milano”, organizzata dal comune della città, ha coinvolto 1300 persone in tutta la giornata di sabato, che si sono offerte, armate di rulli e pittura bianca, di ripulire i muri di circa 200 vie della città. L’iniziativa è nata in seguito alla manifestazione “No Expo” del 1 Maggio, nel centro del capoluogo lombardo. Un pugno di volontari ha iniziato a tinteggiare un muretto in Piazza Santissima Trinità, non lontano dal Parco Sempione. Peccato che sul muro non ci fossero solo scritte incomprensibili, ma anche murales, con api, fiori, e diversi soggetti infantili e divertenti, realizzato nel 2001 da due writer, Pao e Linda, con la collaborazione dei residenti di zona.
La Milano con spugna e pennello, durante il cleaning day, è un’iniziativa più che nobile, tanto che più di 1300 cittadini vi hanno partecipato con molto entusiasmo, forse troppo, tanto da causare un incidente diplomatico. Il rischio è quello di trasformare dei volontari in pasderan con rulli e pennelli, quando invece, sarebbe servita, forse, solo un po’ di attenzione nello spiegare ai volontari come muoversi.
Uno scambio acceso finito al centro di proteste anche sui social network, dove le opinioni sono quanto mai controverse.
“L’arroganza di questi pseudo volontari arriva a livelli stratosferici. Fortunatamente il murales verrà rifatto molto presto, e la cara volontaria dalla casa gialla potrà godersi comodamente la scena. Viva l’arte di questi bellissimi murales!”, scrive un utente di Facebook, ma non mancano neanche le beffe:
“Nuovo appuntamento per Domenica! Tutti in corso Magenta con pennello e vernice, presso il refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, a coprire un murales tutto scrostato, che deturpa la parete da un tempo immemore!”, ribatte un altro cittadino, sarcastico.
Quando si parla di murales a Milano si rischia sempre di toccare uno dei grandi nervi scoperti della città sommersa com'è da una marea di tag e imbrattature di ogni genere.
Ma che differenza c’è tra la vera e propria arte di strada, e il semplice vandalismo urbano?
Oggi appare evidente il tentativo di fare un po’ di chiarezza sul tema, tracciando una doverosa linea di demarcazione tra ciò che è inutile e idiota deturpamento di strade, muri e monumenti, e ciò che nel migliore dei casi è Arte con la A maiuscola, e nel peggiore ha il merito di abbellire e colorare le vie di una città che troppo spesso ha fatto del “grigio degrado” la sua tonalità predominante, e il suo biglietto da visita.
E’ nato come movimento di controcultura delle periferie, ma oggi la street art sta vivendo un inedito sdoganamento pubblico, che ha assunto i contorni di un piccolo Rinascimento. Molte sono le associazioni, e persino le chiese, che decidono di concedersi un po’ di colore, armando direttamente i writer di bomboletta spray. Una nuova vocazione urbana, che non ha nessuna intenzione di spegnersi in un grigiume ordinato e depressivo.
“Nel 2001 dipinsi insieme a Linda il muro di via Cesariano. Uno dei miei primi muri, realizzato con il consenso dei frequentatori della piazza, genitori, abitanti negozianti. Ottenere il permesso da parte del Comune era operazione impossibile, quindi decidemmo di fare quello che ritenevamo giusto, andando oltre agli ostacoli burocratici. A volte, seguire la propria coscienza è la cosa giusta da fare, a volte il bello dell’arte è proprio questo. Raccogliemmo i soldi per i colori, coinvolgemmo i bambini, facendoci aiutare da loro per colorare, chiudemmo l’esperienza con una bella festa di inaugurazione. Un vigile passò di lì e in quanto dotato di buon senso, ci disse di continuare, che lui non aveva visto niente”.
Queste le parole di Pao, l’artista italiano attivo dal 2000 nel panorama dell’arte di strada, e autore del murales cancellato dai volontari milanesi. Pao, pur non avendo una vera nascita professionale nell’ambito del writing si interessa soprattutto di re-interpretare il contesto urbano in modo creativo e giocoso; le sue opere più celebri sono i pinguini dipinti sui paracarri, i dissuasori della sosta trasformati in delfini, i pali della luce in margherite, i bagni pubblici in lattine Campbell…
In conclusione spero che i maniaci dell’ordine e del monocromo possano perdonare tali affermazioni, ma luoghi come via Cesariano ed il suo murales sono necessari alla città, per la salute mentale dei suoi abitanti, e per lo sviluppo creativo dei suoi bambini.
L’intervento dei volontari di Retake Milano, è stato quanto meno avventato, certo il murales era scolorito, con qualche pasticcio sopra, ma è evidente che per molti era ancora preferibile al noiosissimo rosa pallido che hanno scelto. Non era meglio prima parlare con i residenti? E magari contattare chi quel muro aveva dipinto, se pur senza permesso ufficiale, con il consenso dei fruitori di quello spazio?
Si spera che questo episodio possa portare ad un’ulteriore riflessione sul prototipo della reale città in cui vogliamo vivere; se l’inquinamento visivo (tag, ma anche pubblicità, segnaletica selvaggia, architetture antiestetiche che fanno quasi male agli occhi), da fastidio alla maggioranza delle persone, è necessario capire che la città è il luogo delle differenze e della convivenza. Per tanto, luoghi di espressione libera, sono necessari e salutari quanto zone pulite ed ordinate; i graffiti e la street art non sono il male, ma addirittura una risorsa, per una città migliore, e certamente più bella.
Inutile dire che qualsiasi eccesso stroppia: una città coperta di tag è brutta tanto quanto una città di un unico colore.
Potrebbe interessarti anche:
La street art che colora Milano: nuova incursione di Pao
La Street Art in mostra a Milano
Open Street, gli artisti di strada invadono Milano