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Tesoro di Alarico. Al via le ricerche

  • Rossella Atzori

tesoro alaricoUno dei più grandi tesori mai esistiti al mondo, avvolto da secoli nell'aura del mito e della leggenda, cercato da tutti (anche dai nazisti) senza nessun risultato. Un tesoro dal valore culturale incalcolabile e da quello materiale così alto da far girare la testa.

Ora, dopo più di 1600 anni, riparte la caccia al tesoro!

Stiamo parlando del tesoro di Alarico (370 ca. – Cosenza, 410), il re dei Visigoti che mise a ferro e fuoco Roma, caput mundi, compiendo il celebre Sacco del 410 d.C., depredandola dei tesori immensi che qui erano stati accumulati in otto secoli di conquiste (e saccheggi). Un avvenimento epocale, così disastroso e significativo da indicare convenzionalmente nei libri di storia la fine dell’Impero Romano d’Occidente e l’inizio del Medioevo. Dopo avere lasciato Roma, Alarico si diresse in Sicilia, pronto a salpare per il nord Africa, con l’intento di conquistare quelle terre e rifornirsi di grano per il suo esercito. Morì però improvvisamente, prima di imbarcarsi, in Calabria.

Lo storico bizantino Jordane, che riprende i 12 volumi scritti sui Goti dal segretario di Teodorico (il magister officiorum), Cassiodoro, a breve distanza dai fatti, scrive che il re Alarico fu sepolto col suo cavallo e “con molte ricchezze” nell’alveo del fiume Busento, in Calabria. Secondo le tradizioni funerarie dei Goti, infatti, le ricchezze costituivano il corredo funerario che accompagnava il sovrano nell’oltretomba; la sepoltura veniva quindi a maggior ragione realizzata in un luogo inaccessibile e noto a pochissime persone. Per questo motivo la tomba del re venne scavata sul letto del fiume Busento (secondo Jordane), il cui corso venne deviato e, una volta sepolto Alarico, ripristinato. Terminata la sepoltura, i prigionieri che realizzarono i lavori vennero uccisi, perché non rivelassero il luogo.

alarico

Ancora oggi ci si interroga su quale sia il luogo esatto in cui riposa il re con l’immenso tesoro di Roma. Negli ultimi tre secoli sono stati fatti degli scavi nella zona, ad opera per lo più di tombaroli o gente del posto. Anche Hitler fece cercare il tesoro, e mandò a Cosenza il capo delle SS Heinrich Himmler.

Ma in cosa consisteva questo immenso tesoro?

E’ stato stimato che il tesoro rubato a Roma sia costituito da 25 tonnellate d’oro e 150 d’argento, oltre a gioielli e camei. Parte di questo tesoro è costituito inoltre dal bottino razziato da Tito a Gerusalemme, nel 70 d.C., costituito da 70 chili d’oro e d’argento e, soprattutto, dalla famosissima Menorah, il candelabro a sette braccia simbolo della religione ebraica. La sua raffigurazione è immortalata nell'Arco di Tito, a Roma, ma non si sa se venne presa da Alarico o dai Vandali, che saccheggiarono nuovamente Roma nel 455 (ci sono dubbi anche sul fatto che Tito riuscì a rubare la Menorah originale).

Qualche anno fa, dei tombaroli scoprirono nella zona una grotta con un altare in pietra e delle rune gotiche, una delle quali, secondo degli esperti, farebbe riferimento proprio alla Menorah e al suo seppellimento insieme ad Alarico.

Basandosi su queste convinzioni il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha presentato il 21 ottobre alla Camera dei Deputati la campagna di ricerca e degli eventuali successivi scavi, da eseguire grazie alle ormai moderne tecnologie, che permettono di intervenire con risorse contenute.

arco titoIl geologo Giuseppe Rota, impegnato nei lavori, afferma che “il progetto di ricerca del sito si articola in quattro parti su altrettanti ambiti territoriali, che coinvolgono i comuni di Cosenza, Carolei e Mendicino, nell'area che corrisponde alla confluenza dei fiumi Crati e Caronte nel Busento. La prima fase è quella delle indagini storiche e della rilevazione aerea, cui seguono le analisi delle immagini e le indagini di superficie, per poi passare alla ricognizione geofisica del terreno, con microonde, elettricità e sondaggi geomagnetici”.

La notizia ha subito fatto il giro del Mondo.

Noi seguiremo la vicenda, sperando magari che la leggenda diventi realtà, interessati all'immenso valore storico che un ritrovamento di questa portata potrebbe rappresentare.

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