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Blackout di Nanni Balestrini in scena al Teatro Litta

  • Alessio Corini

blackout ok

Il pubblico che entra in sala osserva due ragazzi seduti sul palcoscenico con una chitarra. Stanno cercando di imparare come si suona Space Oddity di David Bowie dentro una scenografia che sa molto di biomeccanica, sotto la grossa impalcatura su cui si alterneranno le evoluzioni acrobatiche dei dodici bravissimi attori, tutti giovani, tutti con energia da vendere, che compongono il cast della nuova produzione di MTM (Manifatture teatrali milanesi) : Blackout di Nanni Balestrini, con la regia di Antonio Sixty, in scena fino al 19 marzo al Teatro Litta.

Da lì a poco è tutta una esplosione di gioia rivoluzionaria, corse tra il pubblico, frammenti di cronaca degli anni 70' raccontata, a volte urlata, con slancio appassionato o martellante insistenza, come a scandire gli slogan di un manifesto programmatico, una dichiarazione di intenti politica che affonda le sue radici nel terreno fertile dell'utopia che animò le giovani generazioni di quel periodo storico. Periodo così incredibilmente ricco di idee e così disperatamente destinato a non riuscire mai a realizzarle, affogate, come furono, nel sangue di una violenza senza sbocco o nella cupa rassegnazione del No Future.

C'è qualcosa di apparentemente ingenuo nella ripresa di una forma spettacolare, che ricorda molto da vicino le messe in scena del Living Theatre, in un'epoca come la nostra che non è più in grado di capirle, prigioniera com'è del suo cinismo, e della sua dimensione post-ideologica in cui non sembrano più trovare spazio gli slanci ideali e i progetti di palingenesi della società che, invece nei settanta erano pienamente parte dell'immaginario collettivo, quantomeno dei giovani.

Quanta gioia e e passione nell'immaginare un futuro, diverso, migliore! Quanto grande l'emozione della scoperta! Quanto irrefrenabile la voglia di scoperchiare un sistema che palesemente non era, e non è, in grado di dare risposta ai bisogni più autentici dell'essere umano.

Il punto è che l'ingenuità non era la loro, ma la nostra, che ci illudiamo di vivere nel migliore dei mondi possibili, vantandoci addirittura del nostro “adulto” realismo e dimenticando che in quegli anni, quando si aveva ancora voglia di credere in qualcosa, essere realisti significava «chiedere l'impossibile».

Tutto lo sferzante entusiasmo di allora, tracima dallo spettacolo di giovani che esplodono festosi sul palco, tra la gente, sulle balconate.

Cito qui i nomi di tutti gli attori che si sono distinti per una prova davvero impeccabile, sul piano dell'attenzione, del ritmo e della qualità nella recitazione: Tiziano Bertrand, Eleonora Cicconi, Maria Caggianelli Villani, Filippo Geri, Luciano Maggioni, Gaia Magni, Leo Merati, Susanna Russo, Gabriele Scarpino, Claudia Veronesi, Alessandra Viganò, Nicole Zanin.

Vero è che i settanta non furono solo gioia e creatività. Sappiamo bene e, in alcuni passaggi lo stesso testo di Blackout lo sottolinea, verso quali terribili esiti e violenze, il movimento si indirizzò. E ancora di più sappiamo quanto ha fatto e ancora fa la dittatura del mercato per inglobare e rendere “commerciale” qualsiasi contenuto potenzialmente eversivo. Ma, viene da dire col filosofo Zizek, che forse bisogna «sbagliare ancora e sbagliare meglio» perché arrendersi all'opacità di un mondo senza sogni è troppo noiosamente triste.

Consiglio al pubblico: per meglio gustare lo spettacolo e coglierne le sfumature è quantomai opportuno leggere per intero il volantino di presentazione distribuito in biglietteria.

Teatro Litta

Corso Magenta, 24 Milano

Dal 9 al 19 marzo

Orari: dal martedì al sabato ore 20.30, domenica 16.30, lunedì riposo.

Prezzi: Intero 24 euro, Ridotti 16/12 euro. 

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