Storia di Milano per bambini: da Cassiodoro a Teodolinda
La passeggiata nel bosco mi ha fatto proprio bene, per cui adesso eccomi pronto a continuare la narrazione della Storia di Milano dedicata ai bambini. Dopo aver parlato della Storia di Milano per bambini: da Attila a Teodorico, le vicissitudini del mondo continuano, così come nelle terre ai confini di Milano. Dobbiamo arrivare all’anno 536 perché la nostra città ritorni a essere protagonista, purtroppo in negativo, infatti, è vittima di una grave carestia, i granai della città sono vuoti, ecco allora che il prefetto Cassiodoro concede di rifornirsi del grano di Pavia e Tortona.
Anche questa sventura è superata e i milanesi riprendono le loro quotidiane occupazioni. Troppo bello perché continui, infatti, tre anni dopo, nell’inverno del 539 un altro guerrafondaio di nome Uraja, alla testa di diecimila Burgundi, assalta e saccheggia un’altra volta Milano e, come se non bastasse, riecco riapparire una nuova terribile carestia.
Le battaglie non volevano più terminare, alleanze, contro alleanze, prima vittorie e poi sconfitte o viceversa, insomma, la pace, quella vera, era ancora lontana. Un altro esercito belligerante, quello dei Bizantini, che già da anni era impegnato in azioni militari, alla capitolazione di Pavia nel 556, si può dire che l’Italia era ormai tutta nelle mani bizantine. Con l’impero bizantino si vuole indicare l’Impero Romano d’Oriente, che aveva come capitale Bisanzio, ecco il nome di bizantini, poi divenuta Costantinopoli.
Neppure in ambito ecclesiastico le cose vanno meglio, infatti, a Milano non si riesce a capire chi realmente sia il vescovo, alcuni dicono sia Frontone, altri sostengono Ansano, questo non fa che rendere più difficile la convivenza tra cittadini. Come hanno risolto la questione? Pare lasciandoli entrambi. Comunque cari bambini, su una cosa sono sicuro che siamo d’accordo, e cioè sugli strani nomi di battesimo di questi personaggi.
Dicevo di nomi strani, ebbene eccone un altro, tale Alboino, re dei Longobardi, che entra in Italia e si attesta a Verona, che diviene così la capitale dei Longobardi. Secondo voi si accontenta così? Nemmeno per idea, infatti, eccolo arrivare a Milano con il suo esercito, mettendo in fuga l’aristocrazia e il clero, che si rifugiano a Genova. Il popolo della povera gente e il clero dei preti di chiese minori e di campagna, rimangono in città. Come se non bastasse, ecco arrivare un’epidemia di peste in Italia.
E il nostro Alboino? Ha realizzato il proverbio “chi di spada ferisce di spada perisce”, infatti, a Verona è assassinato. Così, fra tragedie dovute alla guerra, tra fiumi che straripano, tra un’epidemia di peste bubbonica, ecco che tale Agilulfo, altro nome quasi impronunciabile, è riconosciuto re dei Longobardi e pone la sua sede proprio a Milano, dove vive con la sua sposa Teodolinda. I due sposi iniziano la costruzione, a Monza, di una chiesa con battistero dedicati a San Giovanni.
Siamo così giunti alla fine del 500, in un altro capitolo vediamo cosa ci riserva la cronaca.
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