ABI: Disdetta RLS, cosa cambia
Pubblichiamo la circolare dell'Associazione Bancari italiani in merito alla disdetta dell'accordo sugli RLS che ha ripercussioni sulla materia della sicurezza sul lavoro nelle banche.
La circolare ABI n. 83 del 2013 contiene le prime istruzioni operative in merito agli effetti della disdetta dell’Accordo 12 marzo 1997.
Con lettera del 21 giugno scorso ABI ha comunicato ai Sindacati la volontà di recedere dall’Accordo 12 marzo 1997 in tema di RLS, con conseguente disapplicazione dello stesso e degli accordi sottoscritti in sede aziendale o di gruppo sulla medesima materia a far tempo dal 1° ottobre p.v., qualora a tale data non si fosse raggiunta una soluzione condivisa.
Inoltre ABI ha invitato gli Associati a disdettare i rispettivi Accordi sottoscritti nel tempo in attuazione del richiamato Accordo nazionale2.
Diversamente dai Sindacati, ABI ritiene che la revisione dell’Accordo debba essere attuata in termini di reale e concreta rispondenza agli assetti organizzativi aziendali di settore, nel frattempo profondamente mutati.
Va ricordato come nell’occasione ABI abbia esplicitamente confermato la propria disponibilità ad una prosecuzione del confronto con il Sindacato per addivenire, entro il predetto termine, ad una “complessiva soluzione condivisa”.
La persistente indisponibilità del Sindacato a proseguire un percorso di revisione e aggiornamento della regolamentazione di settore per la nomina e l’operatività dei RLS, anche dopo l’ulteriore lettera inviata da ABI alle Segreterie Nazionali dei Sindacati il 1° agosto u.s.3, determina la necessità di dar corso, a far tempo dal 1° ottobre p.v., a quanto preannunciato nella lettera di disdetta.
Ciò comporta che da tale data l’Accordo nazionale di settore, nonché i relativi accordi aziendali o di gruppo, devono considerarsi non più applicabili ad ogni conseguente effetto.
L’Associazione ritiene quindi opportuno dare alle aziende le seguenti istruzioni operative – condivise in seno alla Delegazione ABI per le trattative costituita nell’ambito del Comitato per gli Affari Sindacali e del Lavoro – che coniughino gli effetti della disdetta con il vigente quadro legislativo, adottando per taluni profili soluzioni necessariamente provvisorie atte ad accompagnare questa fase transitoria.
In merito si è tenuto conto delle prerogative e tutele attribuite dalla legge ai RLS e dell’opportunità di preservarne l’esercizio delle funzioni anche sulla base delle sole disposizioni di legge4.
L’Associazione comunque si riserva di riesaminare tali istruzioni qualora perdurasse oltre un ragionevole lasso di tempo l’assenza di una disciplina collettiva in materia.
Come è noto, la disciplina legislativa di riferimento è contenuta negli artt. 47 e ss. del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (d.lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i.)5.
In particolare, la norma citata, al comma 4, dispone che “nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno”.
A sua volta il successivo comma 5 dispone che “il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva”.
Tanto premesso, la prima considerazione che è possibile trarre dal dettato legislativo appena richiamato, è che le previsioni ivi indicate non presentano una valenza immediatamente precettiva, ma necessitano di un intervento di attuazione da parte dell’autonomia collettiva.
L’Accordo di settore – e conseguentemente quelli vigenti a livello di Gruppo o di Azienda – si inseriva in questo contesto, costituendo, proprio in forza del demando di legge, la fonte di riferimento
esclusiva tanto della fase genetica (costitutiva), quanto di quella relativa al funzionamento dei RLS.
In dettaglio, con riguardo ai vari demandi definiti dalla legge, si osserva quanto segue.
Numero, modalità di designazione o di elezione dei RLS
Il venir meno della disciplina di cui all’Accordo di settore – pur considerata la normativa di legge in materia di numero minimo dei RLS6 – lascia un “vuoto” in merito alle modalità di elezione/designazione dei RLS. L’Accordo, infatti, poneva precisi criteri imponendo, ad esempio, il meccanismo dell’elezione – e non della designazione – attraverso un “unico regolamento elettorale” da sottoporre a verifica di congruità da parte dell’azienda.
E’ infatti alla contrattazione collettiva che è rimessa la definizione dei vari aspetti applicativi quali, ad esempio, i soggetti titolati a promuovere nuove elezioni/designazioni; l’individuazione dell’ambito di riferimento; la stessa durata del mandato dei RLS eletti.
Conseguentemente, l’assenza di regolamentazione collettiva si riflette sulla possibilità di procedere ad elezioni/designazioni.
Pertanto, in carenza del momento negoziale attuativo dei demandi di legge, si deve concludere che a partire dal 1° ottobre p.v. non si potrà dar corso né comunque attribuire legittimità ad alcuna nuova elezione o designazione (o sostituzione).
Peraltro l’Associazione ritiene opportuno che, in questa fase, sia consentita ai rappresentanti attualmente operanti in azienda la possibilità di continuare, in via di fatto e provvisoriamente, ad esercitare le funzioni di rappresentanza previste dalla legge.
Tempo di lavoro retribuito
L’art. 50 del TU – una volta elencate nel comma 1 le attribuzioni del RLS7, “fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva …” – stabilisce che lo stesso “deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita della retribuzione …”.
Nella stessa norma, al comma 3, viene poi precisato che “le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale”: nella sostanza può evincersi che, fermo il diritto del RLS all’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, la declinazione concreta relativa alle modalità di svolgimento è rimessa al contratto collettivo di livello nazionale.
La disciplina negoziale non più in vigore – oltre a riconoscere permessi retribuiti per tutto il tempo necessario all’espletamento di alcune specifiche attività tra quelle indicate dalla legge, espressamente indicate dalla norma contrattuale – attribuiva a ciascun RLS un plafond di permessi retribuiti nel limite di 50 ore annue che, per espressa previsione dell’art. 6 dell’Accordo, erano da riferire prevalentemente agli accessi ai luoghi di lavoro.
E’ evidente che la disapplicazione della regolamentazione settoriale su tale rilevante aspetto operativo farà venir meno tale dotazione.
In ogni caso sarà opportuno che le aziende mettano i RLS nella condizione di poter esercitare le proprie attribuzioni. A questo scopo si ritiene che le aziende stesse possano richiedere, di volta in volta, a ciascun interessato di specificare preventivamente per quale delle causali previste dal legislatore viene richiesto il permesso, riconoscendo conseguentemente lo stesso per il tempo strettamente necessario, alla luce degli usuali principi di correttezza e buona fede; ciò anche al fine di correlare il riconoscimento dei permessi ad effettive esigenze ed evitare un ricorso strumentale agli stessi. Utile parametro a tali fini può essere l’utilizzo fino ad oggi praticato delle prerogative previste in materia.
In forza della disposizione di legge, inoltre, tali permessi dovranno considerarsi retribuiti.
L’eliminazione delle norme contrattuali che impongono all’interessato di dare un preavviso alla Direzione aziendale di norma di 48 ore e stabiliscono che l’accesso ai luoghi di lavoro può avvenire secondo modalità da concordare in sede aziendale, non fa, peraltro, venir meno, a nostro avviso, l’obbligo a carico dell’interessato di dare un congruo preavviso e di concordare comunque con l’azienda stessa le predette modalità di accesso, sempre nel rispetto dei richiamati principi generali di correttezza e buona fede.
Viene altresì meno la previsione dell’Accordo secondo la quale l’azienda concorda direttamente con il dipendente interessato in quale misura la stessa concorrerà a sollevarlo “dalle maggiori spese – rispetto a quelle normalmente sostenute nell’abituale sede di lavoro – effettivamente sopportate e documentate, strettamente necessarie per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli”.
Nondimeno, nelle more del nuovo accordo, sarà opportuno che l’azienda, nel riconoscere i permessi, faccia riserva nei confronti dell’interessato di rimborsare dette maggiori spese alla luce e nel rispetto di quanto dovrà essere definito nell’accordo nazionale.
Strumenti per l’espletamento delle funzioni
In argomento viene meno la disciplina negoziale contenuta nell’art. 5, comma 2, secondo la quale “le aziende forniranno ai RLS gli strumenti necessari per l’espletamento delle relative funzioni, quali la facoltà di affissione di comunicati in un albo accessibile a tutti i lavoratori, la possibilità di effettuare comunicazioni telefoniche e via fax, nonché l’utilizzo – su richiesta e laddove esistenti – dei locali per le rsa”.
In via di fatto si ritiene possibile che le aziende abbiano a riferimento le predette dotazioni coerenti con le previsioni di legge.
Formazione di lavoratori e RLS
Relativamente alla formazione dei lavoratori (art. 7 dell’Accordo), occorre ricordare come la relativa regolamentazione contrattuale sia stata già superata dall’applicazione, da parte di tutte le aziende di settore, delle previsioni introdotte dal d.lgs. n. 81 del 2008.
A tal proposito giova richiamare la disposizione di cui all’art. 37 TU, la quale impone al datore di lavoro di fornire a ciascun lavoratore “una formazione sufficiente ed adeguata” in materia (comma 1), da erogare in occasione della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro, del trasferimento o del cambiamento di mansioni, dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie (comma 4).
Relativamente ai contenuti, alla durata e alle modalità di erogazione di tale formazione, va ricordato come la materia sia ormai ampiamente regolata dagli Accordi della Conferenza Stato-Regioni 11 dicembre 2011 e 25 luglio 2012, proprio in forza di un rinvio contenuto nel citato art. 378.
Quanto alla disposizione contrattuale relativa al percorso formativo dei RLS (art. 8 dell’Accordo) si osserva come questa risulti superata dal dettato normativo di cui allo stesso art. 37, comma 11 – applicato, sin dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 81 del 2008, da tutte le aziende – il quale regola, in modo esaustivo, tanto gli aspetti di contenuto, quanto la durata e le modalità di erogazione della formazione stessa.
Art. 9 l. n. 300 del 1970
L’art. 11 dell’Accordo del 1997 recitava: “Ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono attribuiti anche i compiti dell’art. 9 della l. n. 300 del 1970”. In merito, si ritiene che la disciplina contrattuale abbia natura meramente ricognitiva e che, conseguentemente, trovi applicazione l’orientamento, ormai pacificamente consolidato che, anche per ragioni di certezza e di chiarezza nei rapporti di interlocuzione tra le parti, fa convergere le suddette funzioni in modo esclusivo nella figura del RLS.
L’Associazione, anche in considerazione della delicatezza della situazione che si è venuta a determinare nel settore, resta in ogni caso a disposizione delle aziende per esaminare congiuntamente tutte le problematiche applicative ed interpretative che potessero insorgere in materia.