Burlesque Milano: intervista a Cherry Noir
Guai a chiamarlo spogliarello. Il burlesque è l’arte ironica dell’erotismo mai volgare, in cui tutto è ricerca: dietro ogni esibizione c’è l’interpretazione di un personaggio, la creazione di una storia, lo studio di spettacolari costumi di scena e la scelta del giusto brano musicale. Il tutto condensato in pochi minuti.
Milanofree ne parla con Chiara Crippa, in arte Cherry Noir, la performer selezionata per rappresentare l’Italia al prossimo London Burlesque Festival, il prestigioso evento internazionale organizzato da Chaz Royal e Betty D’Light che si terrà nella capitale inglese dal 10 al 19 maggio.
E se tra i lustrini del palco, stretta dai meravigliosi corsetti di Alige Corsetry, Cherry Noir interpreta spesso le dive di Hollywood, quando la incontro in una freddissima serata milanese mi sorprende il suo essere aperta e diretta, alla mano. Una ragazza di ventisette anni semplice come tante, l’amore per gli anni Cinquanta tradito solo da una riga di eyeliner e dalla pin-up sulla cover del suo cellulare: “Non potevo non averla” mi confida sorridendo, “ho sempre avuto un debole per il look vintage e la musica rockabilly”.
D: Cherry, tu sei stata una ballerina di danza classica e hai frequentato il M.A.S, la Music, Art and Show Academy. Come è entrato il burlesque nella tua vita?
R: A partire dalla cultura vintage: probabilmente sono nata per sbaglio nel 1986 e in un fisico così minuto! Nella vita precedente devo essere stata una delle flapper girls: le ragazze alla moda degli anni Venti che ballavano il charleston, fumavano e portavano i capelli alla maschietta. Erano delle vere icone di stile, il primo reale effetto dell’emancipazione femminile! Nel giro di un annetto, sono riuscita a farne un lavoro. Ѐ stato un incontro dovuto proprio alla danza classica, da cui mi sono allontanata con un misto di odio e rimpianto: quando avevo sedici anni mi sono ammalata prima di problemi alimentari. Ho deciso di farmi aiutare e con tanta forza sono riuscita a uscirne.
D: Parli di odio: pensi che quello della danza classica sia un mondo che, in qualche modo, porta i giovani verso questi disturbi?
R: Intendiamoci, nessuno ti dice: “Devi dimagrire”. Ma tra le ballerine c’è l’ossessione per il controllo del proprio peso fin da bambine: i risultati sono spesso disastrosi. Io volevo continuare a danzare, ma senza il pensiero di dover limitare il mio corpo, anzi liberandolo. Per questo ho prima scelto la danza del ventre, che ho sempre adorato, poi il burlesque.
D: Cherry Noir: come hai scelto il tuo nome d’arte?
R: Io vado matta per le ciliegie , sia come frutto sia perché sono un simbolo pin-up. E mi piace da morire anche il rosso ciliegia: quindi “Cherry”, poi sono mora e allora “Noir” Un po’ in inglese e un po’ in francese. In alcuni miei act uso enormi ciliegie nelle mie coreografie: le adoro!
D: Oltre a essere una performer, sei anche un’insegnante di burlesque. Che tipo di donna viene a prendere lezioni da te?
R: Le mie alunne sono davvero diversissime fra loro, ma non ho mai insegnato a ragazze troppo giovani. Penso che non riescano a capire a pieno il senso del burlesque: una donna è più consapevole di quello che è, di quello che ha, di quello che le manca e che vorrebbe tirare fuori grazie alle lezioni. Molte vengono e mi dicono: “Vorrei essere più femminile”, altre vogliono semplicemente imparare a camminare sui tacchi; per alcune è un semplice sfogo, né più né meno della palestra, altre ancora vengono per i vestiti.
D: Raccontami come le vedi cambiare
R: All'inizio sono timide, intimorite: hanno paura di passare per stupide o, peggio, si ripetono di essere brutte, di non avere nulla di femminile. Poi trovano il loro personaggio, acquistano sicurezza, anche solo nel confrontarsi con lo specchio, senza che nel loro corpo nulla sia cambiato: magari non hanno perso neanche un grammo, ma è scattato qualcosa nella loro testa. Sembra una banalità, ma guardarle camminare, sfilarsi un guanto o le calze e, piano piano, vederle accettarsi per me è una grande soddisfazione.
D: E di te cosa hai imparato facendo burlesque in questi anni?
R: Sono cresciuta tanto e penso di aver imparato a capire meglio tutte le sfaccettature della mia personalità: nel burlesque c’è la parte più ironica, quella più maliziosa e sensuale; credo di aver messo insieme tutti questi piccoli lati che magari nella vita quotidiana non emergono cosi ben amalgamati tra loro!
D:Ti ho visto in alcuni video su YouTube: sei molto brava a tenere il palco, come si fa?
R: Ci sono due correnti di pensiero al riguardo: c’è chi sostiene che una performer debba comportarsi come una specie di diva e non debba avere un contatto con il pubblico. Si tratta di un atteggiamento dovuto alla paura che, giocando con gli spettatori, lo spettacolo possa diventare volgare. Io, invece, adoro il contatto col pubblico e, quando so di poterlo fare, scendo in platea. Penso che una brava performer debba capire dopo il primo minuto che tipo di pubblico ha davanti: c’è quello che ti adora qualunque cosa fai e quello più difficile che facilmente si annoia. In Italia non c’è ancora una vera cultura del burlesque, il pubblico è comunque molto misto. I complimenti che mi fanno più piacere sono certamente quelli delle donne.
D: A proposito di esibizioni, quale act porterai al London Burlesque Festival?
R: Mi esibirò il 12 maggio nella serata "Varie Tease" al Madame JoJo's, il locale all’8-10 di Brewer Street, nel quartiere Soho: porterò il mio peacock act, vestita da pavone!
D: Passando al piccolo schermo, come è stata la tua esperienza televisiva a Italia’s got talent tre anni fa?
R: Bellissima, soprattutto perché ho conosciuto tante persone con alcune delle quali sono ancora in contatto. Poi è stato anche massacrante perché le registrazioni erano molto serrate: i tempi televisivi sono molto stretti.
D: Il burlesque nella coppia aiuta o è causa di tensioni?
R: (Ride n.d.a.) Beh, direi proprio che aiuta: ho conosciuto il mio fidanzato durante uno spettacolo! Mi aiuta tantissimo con i numeri e le scenografie, mi accompagna dovunque; all'inizio è stato difficile imparare ad affidarmi ad un’altra persona perché, nella vita e sul palco, sono sempre stata forte e indipendente, abituata a cavarmela da sola. Ora sono felicissima.
Valentina Fumo