Come quantificare il valore dei mobili d’antiquariato: lo abbiamo chiesto a Marco Targa
Il punto è semplice: il valore dei mobili d’antiquariato nasce dall’incontro tra autenticità, qualità costruttiva, stato di conservazione, provenienza documentata e domanda di mercato. Non esiste un “prezzario” universale, esistono metodi, evidenze e confronti seri. Si parte dall’epoca e dallo stile. Si passa alla mano dell'artigiano, alle essenze lignee, alle proporzioni, alle giunzioni. Si osservano usura, patina, restauri. Si cercano timbri, cartigli, inventari, passaggi d’asta. Si verificano le norme: export, notifiche, CITES per materiali protetti. Infine si guarda al mercato reale, non al desiderio. La stima è un’operazione tecnica, non un esercizio di fantasia. Ed è qui che entra in gioco l’esperienza sul campo di un antiquario perito.
Marco Targa, antiquario di Milano: profilo e metodo
Marco Targa si occupa professionalmente di antiquariato a Milano, coniugando compravendita, perizie e restauro. Iscritto all’Albo dei CTU e dei Periti del Tribunale di Busto Arsizio e Perito alla Camera di Commercio di Varese, lavora sia sul pezzo singolo sia su intere collezioni, integrando competenze storico-artistiche e conservazione. L’impostazione è pragmatica: ricognizione materiale, analisi stilistica, verifica di autenticità, diagnosi conservativa, proposta di valorizzazione. Nel suo lavoro, la perizia non è un timbro, è un percorso. Conoscere le epoche, riconoscere mani e botteghe, distinguere una contraffazione, è la precondizione per arrivare a una valutazione credibile, spendibile in assicurazioni, divisioni ereditarie, compravendite o conferimenti ad asta.
Cosa “pesa” davvero in una stima: criteri materiali, storici e di mercato
Legni, ferramenta, incastri, finiture raccontano la verità del pezzo: un noce europeo di buona fibra non è un tranciato moderno; una coda di rondine spessa e irregolare non è un giunto fresato in serie; una serratura battuta a mano non è una placca cromata di rimpiazzo. Anche le proporzioni sono eloquenti: un comò Luigi XVI con fronte equilibrato e alzata calibrata “parla” della sapienza dell'artigiano; un decoro troppo carico svela spesso derivazioni tarde. Conta la patina originale, quell’insieme di ossidazioni, micro-lucidature e usura coerente che segna gli anni e non si ricrea a tavolino. La superficie racconta quanto un mobile è stato vissuto e come è stato curato; toglierla con una rilucidatura aggressiva equivale a sottrarre memoria al pezzo. La provenienza documentata (fatture antiche, etichette di bottega, foto d’epoca, cataloghi d’asta) differenzia un “mobile bello” da un mobile importante. Poi c’è il contesto: domanda di mercato, preferenze stilistiche, disponibilità di esemplari confrontabili, trend geografici. È il classico triangolo qualità-rarità-domanda a orientare il risultato economico, con i confronti d’asta a fungere da metronomo, quando ci sono comparabili davvero pertinenti.
Patina, restauri e autenticità: perché il “troppo nuovo” vale meno
Nel mondo dell’antiquariato, “spatinare” è un peccato capitale. La patina è la pelle del mobile: stratificazioni di gommalacca, cere, ossidi, micro-graffi, luce. Rimuoverla appiattisce la storia e il valore, perché sottrae indizi su età, uso e mano dell'artigiano . Un restauro corretto è conservativo: consolida, integra con criterio, rispetta i materiali originari. La sostituzione indiscriminata di piani, cassetti o piedi, l’uso di colle moderne invasive, le vernici poliuretaniche lucide, le ferramenta “fantasiose” sono tutti campanelli d’allarme che riducono il prezzo realizzabile. Autenticità non è solo “vecchio” ma “coerente”: coerenza tra struttura e finitura, tra viti e ferramenta, tra spessori e funzione. Quando l’occhio esperto riconosce un “mobile in stile” o un assemblaggio d’epoca eterogenea, il valore dei mobili d’antiquariato scende drasticamente, perché l’oggetto non risponde più all’unità storica di fabbricazione. Meglio una sbeccatura onesta che una lucidatura plastificata: il mercato, alla fine, premia la verità.
Documenti, normative e tutele: quando la legge influenza il prezzo
In Italia, la circolazione dei beni culturali è regolata. Per l’esportazione definitiva di mobili storici non notificati può servire l’Attestato di Libera Circolazione (ALC), rilasciato dagli Uffici Esportazione del Ministero della Cultura. L’ALC non è un dettaglio burocratico: incide sul valore perché definisce la platea di acquirenti potenziali. Un comò che può circolare liberamente all’estero avrà un mercato più ampio, quindi una diversa liquidabilità. Per alcuni materiali entra in gioco anche la normativa CITES: avorio, tartaruga, certe specie di palissandro. In assenza di certificazioni, le case d’asta non accettano il bene o restringono i canali di vendita; di riflesso i privati offrono meno. La perizia seria considera sempre questi vincoli: costi, tempi e probabilità di rilascio di titoli e certificati sono variabili economiche reali, non postille. La tracciabilità dei passaggi (fatture, dichiarazioni, inventari) semplifica le pratiche e riduce l’incertezza giuridica, altra leva che si riflette sulla stima. Legge, carta e storia: senza queste tre, la migliore falegnameria rischia di restare al palo.
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