Skip to main content

Crocifisso e tradizioni natalizie nel mirino dei pregiudizi ideologici?

  • Mirella Elisa Scotellaro

crocifissoLa questione non può essere sottovalutata.

Il 13 febbraio del 2006, nel respingere il ricorso di una donna di origine finlandese, la Sesta Sezione del  Consiglio di Stato decide con sentenza n. 556 che il crocifisso non deve essere bandito dalle scuole in quanto, pur essendo un simbolo di origine religiosa, esprime tutta una serie di valori laici quali “«tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti riguardo alla sua libertà, autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, solidarietà umana, rifiuto di ogni discriminazione”.

Per questi motivi, il Consiglio di Stato riconosce al crocifisso una “funzione altamente educativa” che va decisamente al di là del culto, stabilendo inoltre che “per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata e assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile e intuibile (al pari d'ogni simbolo) valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori che soggiacciono e ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento della nostra civile convivenza”.

Il 3 novembre 2009, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo replica sentenziando che il crocifisso nelle aule rappresenta “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione", e condanna l’Italia a pagare un risarcimento del danno pari a 5.000 euro alla signora finlandese, parte ricorrente.

Ma la storia non finisce qui. Il successivo 18 marzo 2011 la Grand Chambre, in 2° grado, ribalta la sentenza di condanna, e dà ragione all’Italia riconoscendo come legittime le motivazioni addotte cinque anni prima dal nostro Consiglio di Stato.

In conclusione, l’Italia e l’Europa hanno stabilito giudizialmente che la presenza del crocifisso nelle scuole è legittima; ma allora, perché mai una scuola italiana lo toglie dalle sue aule, mentre in qualche altro istituto pubblico si elimina addirittura il bambinello dal presepe?  E’ una questione di paura? Paura di chi? Oppure, quale presunto sentimento religioso si vorrebbe salvaguardare sopprimendo simboli o tradizioni tipiche della nostra cultura, visto che questi non hanno la funzione di limitare la libertà di culto di alcuno, libertà che oltretutto non è mai stata minimamente messa in discussione, neppure in linea puramente teorica?presepe storia1

Il ragionevole dubbio è che la risposta sia altrove, e cioè nella sopravvenuta necessità per il popolo italiano di dover difendere la sua stessa identità nazionale da un manipolo di fanatici che sul suolo dello Stato a suo tempo sono stati incautamente accolti, e che ora pretenderebbero – a gran voce - di imporre il proprio credo, il proprio delirio di onnipotenza, oltre che il proprio modus vivendi (e, se potessero, anche la Shari’a), nel totale dispregio degli altrui sentimenti religiosi, degli altrui usi e costumi e dell’altrui sistema giuridico. E se il problema fosse proprio questo?

Come suol dirsi “il tempo è galantuomo”, e solo in futuro potrà dirsi se e quanto certi odierni dubbi siano davvero esagerati. C’è da augurarsi che il buon senso di tanti stranieri onesti e laboriosi che ormai fanno parte integrante del nostro tessuto sociale e produttivo - e che per nostra buona sorte sono la stragrande maggioranza - prevalga sulla prepotenza di una minoranza oscurantista ed ingrata. Nel frattempo, tra molteplici interrogativi e mille paure, dobbiamo trovare la forza di custodire, per quanto possibile, il nostro patrimonio culturale e la nostra identità, magari anche ostinandoci a festeggiare il Natale nelle scuole secondo la nostra più consolidata tradizione, e continuando ad allestire il presepe come per anni abbiamo fatto, prima che qualcuno venisse a dirci come vivere nella nostra terra d’origine e cosa fare, o non fare, nei nostri istituti di istruzione. Del resto, siamo ancora in un Paese libero chiamato Italia: tutti sono i benvenuti, se rispettano la nostra libertà e le nostre leggi!

Pin It