Discoteca, sentina di ogni illegalità?
Il mio parroco - anni Settanta del Novecento - definiva le discoteche sentine di ogni vizio. Son passati otto lustri da allora, ma la situazione non è mutata.
Scortato da un giovane Capitano dei Carabinieri, mi reco in un locale di Milano in zona semi-centrale. L'ufficiale mi obbliga a tacere la sua identità e il nome della discoteca, altrimenti potrebbe saltare un'importante indagine in corso. I colleghi lo chiamano - scherzosamente - Capitan Decibel, perché, per esigenze professionali, è un profondo conoscitore del mondo della disco music meneghina.
Il Capitano - per impedire inopportuni riconoscimenti - si trucca da manager rampante mentre il vostro cronista indossa solo un abito elegante, essendo sconosciuto nel mondo dei locali notturni.
Appena ci sediamo ad un tavolo, una bellissima cameriera ci chiede cosa beviamo. Un long drink della casa, per iniziare. Dopo pochi minuti la ragazza ritorna e ci sussurra se "vogliamo compagnia". "E per compagnia - specifica il capitano - s'intendono prostitute dell'Est o dell'Estremo Oriente. Tutte giovanissime, tutte avvenenti, spesso clandestine". Il prezzo? "Trecento euro ogni mezz'ora o duemila euro per l'intera notte ".
Declinata gentilmente l'offerta (con disappunto della signorina), il militare mi invita a squadrare i buttafuori. Italiani, alti quasi due metri e dai bicipiti alla Cassius Clay, costoro vigilano che non scoppino risse, che gli ubriachi - parecchi - non molestino oltre mistura gli altri avventori, ma spesso chiudono tutti e due gli occhi sul passaggio dell'ecstasy e della cocaina.
"E questo - scandisce l'ufficiale della Benemerita - è un locale tra i meno peggio. I proprietari, in apparenza, non hanno legami con la criminalità mafiosa però devono sottostare ai ricatti dei malavitosi, se non vogliono che il loro giocattolo vada in fumo in un attimo".
I clienti, qui, hanno in maggioranza fra i quaranta e i cinquantanni. E vengono per stordirsi con l'assordante musica che il dj lancia dalla piattaforma? Capitan decibel sorride: "Arrivano per trascorrere una notte di piacere... o accoppiandosi alle ragazze, o assumendo droga o provando tutte e due le cose."
Stiamo ancora parlando che si accosta un signore, distinto nell'abito ma dai tratti grossolani. A bassa voce ci offre delle pastiglie di ecstasy e una porzione di coca. "Gratis", ammicca il piazzista delle cosche. Ed è vero. Mi informerà poi il capitano: "Questa è una tecnica, chiamiamola di marketing, per allargare il mercato. La seconda volta la merce verrà offerta con uno sconto. Dalla terza in poi, il prezzo sarà alto e senza trattativa. Pagamento in contanti e bando alle manfrine".
A sorpresa, l'ufficiale accetta sia l'ecstasy che la bustina di coca. Andranno nel dossier impilato sulla sua scrivania in via della Moscova. Un rifiuto avrebbe destato sospetti.
Tornando al capitolo ritorsioni, chiedo a Capitan decibel: "E' dunque impossibile gestire una discoteca immune dalle interferenze criminali?". "Impossibile no ma difficilissimo", è la risposta. Prosegue: "Bisognerebbe creare una cintura di sicurezza esterna, controllando chiunque entri ed effettuare continue imboscate durante l'orario di apertura, all'interno, al minimo segnale di frode. Calcoli che necessiterebbero almeno venti uomini....".
Scoccano le cinque del mattino e la discoteca lentamente si svuota. Saluto il capitano con un senso di rabbia e frustrazione. Possibile che l'illegalità l'abbia sempre vinta?
Gaetano Tirloni