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Femminicidio: una mancanza di umanità

E' un argomento delicato, sentito, importante. Tutti ne parlano, tutti ascoltano, nessuno tuttavia per adesso è riuscito ancora a centrare forse il cuore della questione.

Siamo in crisi, una locuzione che ormai è divenuta un mantra, una demonizzazione di tutt i mali della società, un modo per descrivere tutto ciò che non va nelle meccaniche economiche e non solo.  La percezione esiste, permea tutto il mondo, riempie gli spiriti e strazia i cuori nonché le menti delle persone; un malessere inarrestabile che sfocia sempre di più in atti di violenza ingiustificati, senza ragione, pazzeschi. Non si tratta di una semplice sviolinata per smuovere le coscienze, si tratta di qualcosa di più: si tratta di risvegliare l'umanità che c'è in noi. Quel sentimento strano, quasi sconosciuto ormai, che ti porta quasi alle lacrime quando leggi dell'ennesima violenza subita da una donna a Milano, qualche giorno fa, vittima del compagno con cui aveva una relazione da tre mesi (e che è stata strangolata con una corda). C'erano problemi, certo; era una relazione difficile, ovviamente; ma non nascondiamoci dietro a giustificazioni, piuttosto cerchiamo di riflettere su un fenomeno che è in crescita.

Sull'onda della tragedia si è aperto un nuovo dibattito sulla figura del cosiddetto "femminicidio", quell'omicidio commesso ai danni di una donna, se proprio vogliamo darne una definizione, che forse suona un po' forzata; perché essenzialmente questo termine non risulta definibile, ma rappresenta quell'insieme di valori negativi, che ci ricorda da lontano quel "siamo in crisi", che tanto detestiamo. E che va combattuto ad ogni costo. Ma come? In molti se lo domandano, la questione è spinosa: tutti sanno di cosa si sta parlando, risulta però difficile stigmatizzare un problema che in effetti quasi non esiste. Perché, ad oggi, pare ovvio che le donne sono l'architrave della nostra società: poliedriche, multifunzionali, veloci, furbe, capaci spesso e volentieri più degli uomini. Rispetto assoluto per questo, e le conseguenze si vedono: la società si sta adattando ai ritmi delle donne, gli riserva più spazio, più tempo. Tutto giustissimo, e sottolineiamo che non se ne vedeva l'ora. Le donne hanno tutto il diritto di conseguire tutto ciò che si meritano, in tutti gli ambiti.

Attenzione però, che dietro questa voglia di riscatto ci possono essere molte insidie. Primo fra tutte, la cosiddetta proposta di una nuova fattispecie penale, chiamata appunto femminicidio. Ho letto di opinioni di avvocati che vogliono creare una fattispecie apposta per l'omicidio delle donne, dove anche le sanzioni dovrebbero essere più severe (si è parlato di un ergastolo automatico senza attenuanti di nessun genere): soluzione che tuttavia non convince per molti aspetti. Per prima cosa, creare una fattispecie specifica per le donne non pare in linea con la flessibilizzazione della società, che sta avvenendo, ma non può essere forzata; in più vi sono dei dei dubbi su come andrebbe formulata questa fattispecie (ossia l'insieme di azioni che portano alla sanzione), nonché sul prevedere una pena fissa in un ordinamento dove le pene fisse non sono ammesse (per l'articolo 27 della costituzione la responsabilità penale è personale, quindi disegnata sulla base del soggetto imputato). Il problema più grave tuttavia si potrebbe riscontrare proprio nell'affermazione di una debolezza della donna rispetto all'uomo, il che è una cosa che non si deve innestare nemmeno teoricamente. E' evidente che le donne (ma non necessariamente tutte) sono più deboli fisicamente rispetto agli uomini, ma siamo davvero sicuri che ammettere questa differenza sul piano legislativo potrebbe portare a un maggior rispetto da parte del soggetto, denunciato dalla legge come più forte?

Il problema è controverso, anche perché forse il termine "femminicidio" non può essere riassunto nel solo omicidio, ma in tutti quei comportamenti che sfociano poi nell'atto finale. Per questo la soluzione più logica, a rigor di legge, parrebbe intensificare i controlli prima di questi fatti, e soprattutto, iniziare un'opera di orientamento culturale verso le nuove generazione. Quello della violenza sulle donne è un tema che va combattuto sul piano dei comportamenti umani, non su quello delle pene. Ricordiamoci, proprio in questo senso, che gli uomini che compiono questi gesti spesso sono cresciuti in una situazione familiare ancora "gerarchica", e forse proprio per questo non riescono a tollerare donne capaci di rifiutare, anche con comportamenti che via via sfruttano la sempre maggior emancipazione femminile, attraverso magari risposte brusche o non troppo cordiali. Nulla da rimproverare, sia chiaro, ma l'istruzione deve riportare in auge uomini che siano capaci di flessibilizzarsi assieme alla società, invece di rimanere ancorati, spesso in modo anche inconscio, alle meccaniche tradizionali.

Quindi insegniamo ai ragazzi, ma anche alle ragazze, ad avere rispetto per tutti, senza distinzione per il sesso, cercando di trarre il meglio dalle caratteristiche di ognuno. Personalmente ritengo che il fenomeno andrà a ridursi col tempo, visto che le nuove generazioni (si spera) nasceranno in famiglie di uomini che avranno fatto esperienza di questi atti atroci, e aiuteranno i loro figli a comprendere meglio che non esiste più il "sesso debole". Inoltre, incoraggiamo le donne a non ritirare le denunce verso i compagni che si dimostrano violenti, perché se il numero degli omicidi nei loro confronti è aumentato è anche il risultato di un maggior coraggio anche nel momento di urlare la propria verità al mondo. Agli uomini, tutti, resta da dire di accettare che il mondo è in cambiamento (positivo), e che sarebbe l'ora di andare avanti, senza offesa per nessuno si intende: ma non nascondiamoci chiamando "mostro" una persona che commette certi atti, perché è possibile che un giorno succeda anche a voi. Il suggerimento è solamente di pensarci, prima di dire o fare qualunque cosa.

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