Fondi UE: l’allegra gestione dell'Europa in tempi di crisi globale
I soldi degli Europei scialacquati da un manipolo di burocrati spregiudicati? Ci sono dubbi a non finire - assolutamente fondati - che le cose stiano proprio così...
Le “spese pazze” dei politici nazionali, che tanta indignazione sollevano ogni giorno nell’Italia contemporanea, potrebbero essere classificate come “roba da ladruncoli” (quasi delle “innocenti bravate”) rispetto a quanto accadrebbe in sede europea, dove convergono fiumi di denaro, tra i quali anche quelli dei tartassati contribuenti italiani.
Naturalmente il condizionale è d’obbligo, non essendo noi testimoni diretti di cotanto presunto malaffare. Tuttavia la lista di seguito riportata - approssimativa per ampio difetto – parla da sola, e riferisce di spese milionarie, molte delle quali quanto meno bizzarre (se non proprio ragionevolmente sospette), effettuate in questi ultimi anni in aperta contraddizione con qualsiasi logica del buon senso da quella stessa Europa che, mentre da una parte vive la peggior crisi della sua storia predicando “pane e rigore” come cibo quotidiano per i Popoli europei, dall’altra spende e spande in giro per il mondo per iniziative assai poco (o per nulla) significative per i suoi stessi cittadini, come ad esempio innumerevoli e sorprendenti progetti extra-UE.
Di tali spese viene qui riportato, a titolo dimostrativo, un breve elenco predisposto con voci tratte a salti fra le righe, sommando - per ogni beneficiario individuato - gli importi assegnati nel corso degli anni più recenti: 1,4 miliardi di euro per “l’Europa creativa”; 542 milioni di euro per la lotta alla povertà nel Vietnam; 4,5 miliardi alla Turchia per l’allargamento della UE; 80 milioni per progetti di innovazione in Egitto (con successive svariate elargizioni per un ammontare superiore ai 5 miliardi di euro in favore dello sviluppo sostenibile dell’economia egiziana); contributi comunitari per la campagna sociale “contro lo scivolamento e l’inciampo” (ma forse si sarebbe fatto prima e meglio - se non a rifare marciapiedi e manti stradali – per lo meno a tapparne le buche, che nel nostro Paese sono arrivate ad essere grandi quanto voragini!); 5,5 miliardi di euro per doni di buon vicinato; 13 milioni di euro per i trasporti dell’Algeria (mentre i nostri pendolari ogni mattina vanno al lavoro stipati come “sardine in scatola”) ; 51 miliardi di euro per la politica estera dell’Europa (quella “impercettibile” quanto “simbolica” della Dott.ssa Federica Mogherini e del suo “prestigioso” staff!); 185 milioni di euro per “approfondire la comprensione della UE”; finanziamenti per milioni di euro a Paesi che promuovono gli “insetti in cucina”; 630 milioni ogni anno per 3.417 diplomatici dell’Unione Europea nel mondo; 440 milioni alla Giordania; 29 milioni alla Somalia per le infrastrutture ed altri 200 milioni per la promozione dell’istruzione fra i Somali (mentre le nostre scuole cadono a pezzi!); 6 miliardi di euro come regalo alla Mauritania; 1,46 miliardi di euro per la “diversità culturale” in Europa; 500 milioni di euro in dono allo Zambia; 200 milioni per la propaganda ecologica nel Mediterraneo (quando noi Italiani, che siamo un fanalino di coda della UE nello smaltimento dei rifiuti, non abbiamo i soldi neppure per la riorganizzazione della raccolta differenziata); 96 miliardi di euro per sostegno e cooperazione verso Paesi Terzi; 3,5 miliardi di euro all’anno per il mantenimento delle Ambasciate della UE alle Barbados; 3 milioni di euro ai musulmani della Birmania; 520 milioni di euro al Mali; 6 miliardi di euro in regalo alla Mauritania; 10 milioni di euro alle Isole del Pacifico per le energie rinnovabili; 35 milioni in regalo alla Giordania; solo 8 milioni (si fa per dire) alla Birmania; circa 850 milioni di euro ai Paesi del Sud Mediterraneo; 27,2 milioni a Cipro per la tutela dell’ambiente; 40 milioni di euro allo Yemen; 25 milioni di euro per le comunità rurali marocchine; 4 milioni alle imprese del Costa Rica (e intanto le nostre aziende chiudono a migliaia!); 35 milioni in regalo all’Ecuador per una dichiarata politica di rinuncia all’estrazione petrolifera (della quale a noi Europei non interessa un bel nulla); 126 milioni per la riforma sanitaria in Marocco (quando i pazienti italiani possono anche morire durante la ricerca disperata di un posto all’ospedale!) ; 13 milioni di euro alla Fondazione Lindh per il dialogo interculturale (mentre i nostri beni culturali – che sono la nostra vera ricchezza - sprofondano nel degrado e nell’abbandono); varie iniziative per un totale di circa 3,5 miliardi di euro in favore dei Palestinesi; varie iniziative per un totale di oltre 5,17 miliardi di euro per i Tunisini; varie iniziative per un totale di quasi 2,80 miliardi di euro ai Libanesi.
Altre decine - e spesso centinaia di milioni di euro - cadono a pioggia dall’Unione Europea su Maghreb, Paesi del Nordafrica e del Centrafrica, non ultima la Siria (per la quale sono stati messi a disposizione fondi per un totale al di sopra del miliardo di euro), e poi su Haiti, Cisgiordania e Gaza (e su diversi altri stati, staterelli ed organizzazioni internazionali come anche vari inutili apparati dell’ONU), nonché per sostenere le cause più stravaganti come impianti sportivi per i rifugiati (i quali, almeno nel nostro immaginario, dovrebbero avere ben altre priorità), generici programmi di integrazione economica, attività di promozione della “pace nelle Filippine”, contributi per la “transizione democratica” ai Paesi del Medio Oriente (dove i gruppi etnici continuano a scannarsi tra di loro per tradizione e fanatismo), potenziamento della logistica in vari siti stranieri esterni alla UE, presunti scambi interculturali con altri Paesi, e quant’altro la fantasia prolifica dei nostri euroburocrati riesca a partorire, quasi che l’Europa non stesse attraversando la sua più grave congiuntura economica con disoccupazione alle stelle, povertà in crescita, emergenze ambientali e abitative, suicidi in aumento, immigrazione esplosiva nonché conflitti sociali tra poveri, cervelli in fuga, aziende che chiudono ad un ritmo vertiginoso …
Dulcis in fundo, un interrogativo sulla situazione libica che rasenterebbe l’inverosimile: se è oramai evidente a tutti che nella Libia del post-Gheddafi da anni non ci siano più interlocutori istituzionali con cui poter trattare di alcunché, neppure di immigrazione clandestina, a chi abbiamo elargito - come Unione Europea – un ammontare di 160 milioni di euro in questi ultimi tempi? Se uno Stato Libico ufficialmente di fatto non c’è più, in quanto verosimilmente l’intera zona è diventata incontrollato terreno di libero scontro tra tribù locali e bande criminali jihadiste, dove saranno finiti i fondi europei destinati alle popolazioni di quell’area e alla ricostruzione dello Stato?
Comunque sia, tanto per dare un’aura di trasparenza in riferimento ai controversi fondi concessi ai Paesi extra-UE, è prevista la pubblicazione (visibile sul sito ufficiale della UE) di un apposito elenco di beneficiari degli “Aiuti europei allo sviluppo” - che comunque al momento non è accessibile - oltre ad una interminabile lista di beneficiari degli “Aiuti umanitari” (scritta con caratteri molto piccoli e lunga, per il solo 2014, ben 37 pagine) a cui invece è possibile collegarsi.
Naturalmente, oltre a visionare passivamente gli estremi dei destinatari di tanta beneficenza verso terzi, il contribuente europeo, strozzato dai debiti e dalla crisi, altro non può fare che prendere atto con sua somma impotenza di come il senso di solidarietà lo investa in pieno (come un treno) solamente quando deve dare, scomparendo sotto una montagna di germanico rigore quando invece invoca umanità e cooperazione per la risoluzione di problemi che lo riguardano direttamente (vedesi il caso dell’Italia).
Come sarà facile immaginare, tantissime domande sarebbe bello poter rivolgere direttamente agli amministratori dei fondi comunitari responsabili delle spese sopra indicate, e davvero è non più differibile il tempo di pretendere risposte credibili (ma soprattutto immediate) da questa Europa burocratica e autoreferenziale che, sprezzante degli interessi dei popoli che la costituiscono e che la foraggiano, continua a resistere nella retorica dei politici puramente come insostenibile fardello ideologico mentre, nel concreto - così com’è - configura un’entità prettamente parassitaria che andrebbe quanto prima confinata al ruolo di reperto archeologico da additare alle future generazioni come retaggio di un passato inglorioso e come duro monito, onde evitare la ripetizione degli errori: una sorta di costosissimo simulacro, troppo ingombrante (e, per dirla tutta, oramai imbarazzante) anche per essere semplicemente tenuto in esposizione!
Fonti: Documenti della UE - Sito ufficiale dell’Unione Europea
Mirella Elisa Scotellaro