Fondo Monetario Internazionale: i pensionati alimentano la crisi, meglio lasciarli morire
Il nuovissimo “teorema” del Fondo Monetario Internazionale sulle responsabilità dell’attuale congiuntura economica ha davvero dell’incredibile, e parrebbe ambire al ruolo di rivoluzione copernicana su uno dei temi più dibattuti fra i grandi attori della finanza internazionale : come fare, con la maggior disinvoltura possibile, lo scarica-barile degli addebiti di quel nostro disastro denominato Unione Europea.
Naturalmente il cinismo è d’obbligo, e tutto il ragionamento ruota intorno a un’evidenza che sembra essere stata sotto gli occhi di tutti, nonostante nessuno volesse vederla.
Se l’aspettativa di vita aumenta, con essa cresce la spesa sociale per gli assegni pensionistici; cresce altresì la spesa sanitaria per l’assistenza a soggetti debilitati, bisognosi di cure e soprattutto non produttivi. Dunque non sarebbero le attività disoneste di banchieri senza scrupoli, le ruberie dei potenti, le folli spese per armamenti, l’uso indiscriminato di strumenti finanziari discutibili come i derivati, lo spreco di denaro pubblico e quant’altro alla base della perdurante crisi, ma alla radice di tutti i mali ci sarebbero i pensionati.
Lo sostiene una fonte “autorevolissima” in fatto di previsioni economiche, il direttore generale del FMI Sig.ra Christine Lagarde, la quale - se da un bel po’ non ne azzecca una - adesso sta finalmente riconsiderando le proprie analisi degli anni passati imparando a far tornare i conti, costi quel che costi. La stessa ha esplicitamente dichiarato che “l’allungamento delle aspettative di vita” nel mondo occidentale costituisce un pericolo per il suo sviluppo e per i bilanci statali, ed ha pure spiegato in via dimostrativa che i titoli di stato di un determinato Paese sono tanto più affidabili quanto minori sono le sue spese per il walfare.
I rischi connessi con la longevità “eccessiva” delle popolazioni sarebbero quelli di uno squilibrio nel rapporto Debito/PIL e di una crisi di insolvenza del sistema bancario e dei fondi pensione, dunque rischi gravissimi in grado di compromettere la stabilità finanziaria di interi settori, sia pubblici che privati. A conferma degli studi effettuati dal Fondo con riferimento a pensioni e sanità, le rilevazioni di alcuni dati macroeconomici evidenzierebbero che “l’offerta di investimenti sicuri è diminuita di pari passo alla capacità del settore pubblico e privato di produrre servizi di questo tipo”.
La soluzione - pur se espressa con parole che non sono propriamente le seguenti - sarebbe quella che tutti i pensionati affrettassero la loro dipartita, magari non appena varcata la soglia dell’età pensionabile, perdendo a questo punto il senso stesso dei versamenti effettuati per una vita agli enti previdenziali. Ma questo è un altro discorso, che potrebbe trovare giustificazione logica in qualche costruzione teorica ad hoc ad opera di qualche think tank con aspirazioni di finanza creativa.
E se invece ci rifiutassimo di dare il nostro “contributo responsabile” al superamento della crisi passando a miglior vita (molto opportunamente) subito dopo aver finito di versare i contributi per la nostra pensione? Con grande generosità, il Fondo avrebbe elaborato – solo per chi proprio di morire non vuol sentir parlare – un ambizioso Piano B, frutto della più ponderata intermediazione fra matematica e democrazia: “una combinazione di aumento dell’età pensionabile di pari passo con l’aumento dell’aspettativa di vita, più alti contributi pensionistici e una riduzione dei benefit da pagare”.
In definitiva, potremmo andare in pensione più tardi, pagando maggiori contributi e ricevendo un assegno pensionistico ben più ridotto di quello previsto. In cambio del nuovo equilibrio, ci sarebbe consentito di vivere senza essere accusati di alimentare la crisi … e non sarebbe argomento di poco conto. Almeno i signori del FMI si asterrebbero dall’augurarci la morte non appena saremo anziani, aleggiando come avvoltoi sulle nostre teste, la qual cosa - almeno per i più superstiziosi - potrebbe fare la differenza. Non ci resta che ringraziare con osservanza.
Fonte: International Monetary Fund – Global Financial Stability Report 2016
Mirella Elisa Scotellaro