Il “Pil” misura il nostro benessere? La risposta è NO!

- “interno” poiché riferibile a tutto ciò che viene prodotto entro i confini di uno stato anche dai lavoratori stranieri o dalle loro attività commerciali;
- “lordo” in quanto calcolato al “lordo degli ammortamenti”, cioè senza tener conto del fatto che esistono alcuni beni strumentali per il processo produttivo, il cui costo va determinato con un particolare procedimento tecnico.
Quello che non tutti sanno è che nel calcolo del PIL, con estrema ipocrisia, si finge di prendere in considerazione soltanto le transazioni legali effettuate contro corrispettivo, lasciando credere di tener fuori dal conteggio diversi altri elementi che di fatto sono essenziali, come i “trasferimenti a titolo gratuito” (quelli no-profit e quelli in ambito familiare) e i proventi illeciti.
Possiamo quindi riassumere che, seppure non venga ammesso in via ufficiale, molteplici fattori pesantemente negativi per la comunità, come le attività criminali e l’aumento delle imposizioni fiscali, entrano di soppiatto nel PIL - senza che la gente comune minimamente se ne renda conto - determinandone variazioni importantissime.
La verità è che soltanto quando l’aumento del Prodotto Interno Lordo è frutto di un incremento delle attività produttive, rappresenta un dato positivo; se invece è la conseguenza di una crescita delle attività criminali o delle tasse, allora è un dato negativo.
Purtroppo nessuno ce lo spiega, e chiunque non sia addentro a tali questioni per motivi strettamente tecnici, non possiede gli strumenti necessari per percepire il gioco equivoco di coloro che, con dubbia buona fede, spacciano come “uscita dalla crisi” quell’impercettibile 0,1% di crescita del PIL (tanto sbandierato in questi ultimi giorni) di cui, però, non svelano le componenti.
A conferma di quanto sostenuto, riportiamo di seguito, il celeberrimo discorso tenuto da Robert Kennedy all’Università del Kansas, il 18 marzo del 1968, esattamente tre mesi prima di essere assassinato.
“Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle; comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini; cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari; comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica; si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago.
Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti.
Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.
Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”
L’incredibile attualità di queste parole si staglia con evidenza inoppugnabile davanti ai nostri occhi: è un discorso che sembra scritto appena ieri, e il suo valore ha attraversato indenne quasi mezzo secolo di Storia, varcando qualsiasi confine nazionale!
Giulia Chiara Pepe