Italia-Svizzera: cosa c'è dietro l'accordo sul segreto bancario
Tanto fumo e poca – anzi pochissima -sostanza!
Con il comunicato stampa n. 40 del 23 febbraio 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato che il Ministro Pier Carlo Padoan, per conto del Governo italiano, ed Eveline Widmer-Schlumpf, per il Consiglio federale svizzero, hanno finalmente sottoscritto negli uffici della Prefettura di Milano - dopo lunghe e difficoltose trattative - uno storico accordo per cancellare quel segreto bancario massimo responsabile, nell’immaginario collettivo, delle grandi ingiustizie sociali nel nostro Paese, con il conseguente rientro dei capitali fuggiti dall’Italia e l’avvento di un’agognata giustizia fiscale.
La risonanza data all’evento da tutti i media, nessuno escluso, è stata altissima (nei telegiornali e nei talk show sono mancati solo gli squilli di tromba e i rulli di tamburo!), quasi a lasciar intendere che, una buona volta per tutte, lo Stato fosse davvero pervenuto ad un traguardo epocale che gli consentisse di:
a) far pagare il dovuto agli evasori fiscali, e magari anche ai “grandi evasori”, cioè quel famoso 10% di Italiani che detiene (non si sa bene a quale titolo) il 40% della ricchezza nazionale;
b) incassare una quantità (al momento ancora indeterminata) di miliardi fin qui sfuggiti al fisco italiano, per poterli poi redistribuire ai legittimi destinatari, vale a dire a tutti quei contribuenti onesti (fino ad ora tartassati ed impoveriti da “aliquote-Killer”, dichiaratamente proprio a causa dell’evasione fiscale) attraverso un consistente ribasso di tasse e imposte.
Ma siamo sicuri che sarà proprio così? Probabilmente non conviene farsi troppe illusioni. Ad un attento esame del comunicato, infatti, sopravvengono non poche perplessità:
- Il protocollo che prevede la fine del segreto bancario necessita di apposita “ratifica” da parte del Parlamento elvetico e di quello italiano: in mancanza di detta ratifica , il protocollo non potrà dispiegare i suoi effetti (come dire che l’accordo, senza l’approvazione parlamentare, diventerà “carta straccia”);
- C’è da augurarsi che un referendum popolare in Svizzera non travolga l’intesa così affannosamente raggiunta;
- Le autorità italiane potranno domandare ed ottenere informazioni sui conti bancari e sulle proprietà dei cittadini italiani in Svizzera, a livello individuale o di gruppo, per quanto concerne i dati riferibili all’anno 2017, solo a partire dal settembre del 2018; nessuna richiesta potrà essere in via ufficiale inoltrata dagli inquirenti italiani con esito positivo anteriormente a questa specifica scadenza (come preavvertire un ladro che gli si danno circa due anni e mezzo di tempo per perquisirgli la casa e confiscargli la refurtiva!);
- Eventuali informazioni retroattive sulla consistenza patrimoniale dei cittadini italiani saranno comunque richiedibili dall’Agenzia delle Entrate alle autorità elvetiche non prima del settembre 2018, e potranno andare indietro nel tempo fino al 23 febbraio 2015, fermo restando che tutti i dati antecedenti resteranno rigorosamente “top secret”, invisibili per sempre al fisco italiano (quanti hanno evaso, trasferendo i capitali in Svizzera prima della data indicata, ringraziano sentitamente!!!);
- La legge sulla “voluntary disclosure” (n. 186/14), in vigore - senza tante contestazioni e senza troppi scandali - dallo scorso 2 gennaio, depenalizza il riciclaggio, la dichiarazione infedele, la dichiarazione fraudolenta anche tramite fatture, l’omessa dichiarazione, l’esportazione illegale di capitali, l’omesso versamento di ritenute e di IVA, consentendo a chiunque si sia reso responsabile di questi reati di sanare tutto a buon mercato, corrispondendo al fisco semplicemente le tasse che avrebbe dovuto pagare a suo tempo, con l’aggiunta di qualche piccola, ma davvero piccola, sanzione tributaria, e senza conseguenze penali di alcun genere.
Ma ci sarebbe a tal riguardo da interrogarsi su dove siano finite le grida di protesta di tutti quei “moralisti di sinistra” che, nell’atto di urlare allo scandalo, additavano indignati lo “scudo fiscale” di berlusconiana memoria. Avranno perso la voce, oltre che la forza, per aver gridato troppo contro Tremonti, ma chissà … forse avrebbero scelto di conservare un po’ delle loro energie da spendere oggi contro il buon Padoan, se mai avessero potuto immaginare che un giorno il Ministro di un governo PD si sarebbe inventato “la collaborazione volontaria” come strumento creativo “di lotta e di governo” contro l’evasione fiscale!
- Una sorta di “road map”, nell’ambito dell’accordo, prevede una futura quanto generica “negoziazione” avente ad oggetto i rapporti tra i due Stati con riferimento al Comune di “Campione d’Italia , rispetto al quale per il momento (e non si sa fino a quando) regnerà sovrana la più sconcertante incertezza.
L’unico punto della “road map” che parrebbe sommariamente condivisibile, e che in ogni caso non subisce affatto cambiamenti di portata rivoluzionaria, riguarda il trattamento fiscale dei lavoratori (sia italiani che svizzeri) cosiddetti “frontalieri” , i quali pagheranno imposte e contributi in entrambi gli Stati, con percentuali così testualmente concordate, come da comunicato stampa n. 40 “La quota spettante allo Stato del luogo di lavoro ammonterà al massimo al 70% del totale dell’imposta normalmente prelevabile alla fonte. Il Paese di residenza dei lavoratori applicherà l’imposta sul reddito delle persone fisiche tenendo conto delle imposte già prelevate nell’altro Stato ed eliminando l’eventuale doppia imposizione. Il carico fiscale totale dei frontalieri italiani rimarrà inizialmente invariato e successivamente, con molta gradualità, sarà portato al livello di quello degli altri contribuenti. Non vi sarà più alcuna compensazione finanziaria tra i due Stati. Il ristorno ai Comuni frontalieri italiani sarà a carico dello Stato, sulla base del principio di invarianza delle risorse”.
Nel prossimo articolo, saranno fatte alcune riflessioni finalizzate ad una valutazione economica e politica dell’accordo italo-svizzero nel suo complesso.
Marco Pepe