“Mery per sempre” e “Ragazzi fuori”: Maurizio Prollo svela aneddoti, segreti e nuovi progetti
“Mery per sempre” (1989) e “Ragazzi fuori” (1990) sono due film cult degli anni '90 che raccontano la difficile vita dei ragazzi di Palermo finiti in carcere. All’interno dell’istituto Malaspina, alcuni di loro hanno la fortuna di incontrare il professor Marco Terzi, che riesce a cambiare il loro destino già segnato, insegnando loro a riflettere, nonostante le forti ostilità iniziali.
Nel secondo film, anch’esso crudo e diretto, i ragazzi tentano di reinserirsi in una società chiusa e spesso indifferente alla loro fragilità. Solo Claudio, il timido ragazzo umiliato in carcere da Natale e vessato da Carmelo, riesce a trovare un riscatto ottenendo un lavoro come meccanico. Al termine del film, mentre torna a casa dopo una dura giornata, Claudio viene aggredito e pestato a sangue da Carmelo, accompagnato da un amico. L’indomani viene ritrovato un corpo bruciato a Bellolampo. Tutti gli indizi sembrano indicare che si tratti di Claudio, anche se nel finale del film lui stesso afferma: “Qualcuno pensa che quello bruciato a Bellolampo sia io, non si sa, forse sì o forse no.”
A distanza di 35 anni, gli attori Maurizio Prollo (Claudio) e Alfredo Li Bassi hanno ricreato su Instagram la scena finale, offrendo un’interpretazione alternativa “comica” con il tiktoker Luigi Addate. Ma il mistero del corpo in discarica non è mai stato chiarito. Abbiamo avuto il piacere di parlare con l’attore Prollo per scoprire il vero finale e sapere che fine hanno fatto quei “ragazzi fuori”, oggi diventati uomini.
Maurizio, dopo 30 anni, chi era il ragazzo trovato bruciato in discarica, ce lo puoi dire finalmente? Era Claudio?
Diciamo di no. Se ci fosse stato un seguito, un secondo film “Ragazzi fuori - Parte Seconda”, si era studiata una scena in cui io uscivo dall'officina dopo aver finito di lavorare. Mentre mi dirigevo a casa, Carmelo mi stava per picchiare, il mio datore di lavoro dimenticava qualcosa in officina, ritornava, sentiva i vicoli di sera e riconosceva la mia voce. Si accorgeva del pestaggio, mi difendeva e, nel difendermi, uccideva l’amico di Carmelo, che era con lui. Avevamo studiato questa scena: mi portava in officina, cambiava gli indumenti e curava me, mentre portava l’amico di Carmelo nella discarica Bellolampo. Doveva esserci questo particolare.
I due film hanno segnato il riscatto di una generazione agli inizi degli anni '90, ma poco dopo ci sono state le stragi di Capaci e via D’Amelio. Come avete vissuto quel momento e come vi ha segnato?
Figurati, dopo aver fatto “Ragazzi fuori” eravamo in un periodo particolare. Nell'88 c’erano stati problemi a Palermo e poi la storia di Falcone e Borsellino. Ho vissuto queste cose molto da vicino. “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori” sono stati un riscatto per Palermo. Figurati che io ero amico di Antonio Montinaro, capo scorta di Giovanni Falcone, il giorno del mio 18° compleanno. Sono stato toccato da vicino. Quei tempi non sono stati semplici per la Sicilia.
Tu eri molto legato a Roberto Mariano, Antonio Patene nel film. Potevi trovarti su quell'aereo dove lui ha perso la vita... Invece sei sopravvissuto. Come ti ha segnato quel momento?
Dopo “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori”, nel '90 abbiamo vinto il Ciak d’Oro con “Ragazzi fuori” e siamo stati ospiti a Venezia. Lì conobbi un produttore che mi diede la possibilità di partecipare ad altri festival in Svizzera. Era un grande produttore e coinvolsi anche i ragazzi. In quel periodo, avevamo finito da poco di girare un videoclip con Pierangelo Bertoli e Fabio Concato. All’epoca davano assegni, perché non c’erano bancomat o POS. Ci diedero un assegno e andammo a divertirci dopo il lavoro.
Il giorno dopo, Roberto Mariano mi disse: “Devo andare in Svizzera da quel produttore che mi hai fatto conoscere per un provino, ci vieni con me?” Io avevo già il biglietto stampato, ma non avevo contanti perché avevo speso tutto la sera prima e non potevo fare l’integrazione. Gli dissi di andare e poi ci saremmo visti a Palermo. Poi, quando sono arrivato a Palermo, ho posato le valigie e sono andato in centro con la mia comitiva. Un amico mi ha informato di quella tragedia. Anche questa disgrazia mi ha colpito tantissimo. Non so cosa dirti, forse non ero destinato.
Mi raccontava un amico di quel quartiere che c’era una scuola, la De Amicis, che avete frequentato e dove avete commemorato Roberto presso la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, dove c’era un grande esorcista (Padre Matteo La Grua). Siete rimasti in contatto con la sua famiglia?
Conoscevo sua moglie, ma negli ultimi anni ci sentiamo pochissimo e ogni tanto sui social. Gli anni passano, anche io mi sono sposato e sono padre di una figlia di 19 anni. Purtroppo, la vita è frenetica e ci sentiamo poco.
“E cu è, Totò Termini?” è una frase siciliana che si usa per indicare che qualcuno si sente importante o si comporta in modo eccessivamente autorevole, quasi come se avesse un'importanza fondamentale. Nasce nel film, grazie a King Kong?
Non è un’espressione che esisteva già nel dialetto palermitano, usata per dire “sei forte, onnipotente”. Non è legata al personaggio di King Kong del film.
Siete rimasti in contatto voi attori? Uso i nomi dei film: Natale, Carmelo, King Kong, Mery per sempre...
Ci sentiamo. Abbiamo fatto una mini rimpatriata in una serata a Torino, dove ho finito di girare un film, “Abyss Drug” di Nicola Palmese, in cui ho avuto un ruolo bello e importante, e c’era anche Carmelo (Alfredo Li Bassi).
Eravate nemici nei tuoi film, ma siete amici nella vita?
Io stimo tantissimo Alfredo. Quando ci sono opportunità lavorative, ci aiutiamo a vicenda. Siamo sempre in contatto.
In “Mery per sempre” c’erano anche Michele Placido e Claudio Amendola. Non avete più collaborato con loro?
Secondo me, ognuno ha preso la sua strada. Ci siamo rincontrati in occasioni cinematografiche e televisive. Ci siamo persi di vista, diciamo. È la vita. Con il regista Marco Risi ci vediamo spesso nelle masterclass a Palermo o quando vado a Roma. Con lui ho fatto “Cha Cha Cha” con Luca Argentero nel 2013 e Claudio Amendola, dove interpretavo un poliziotto.
Avete segnato gli anni '90. Adesso vanno di moda le serie tv come “Mare Fuori”. Cosa ne pensi, considerando che hai vissuto gli anni '90? È stato un film generazionale, ma tipicamente meridionale?
È cambiato moltissimo. È cambiato tantissimo da quel periodo a oggi. Io sono per i giovani. Sono un attore che non ha mai avuto rivalità con nessuno. Quando ho avuto la fortuna di essere al primo posto, non ho mai degradato altri attori. Sono contento del successo che sta avendo “Mare Fuori”. Anzi, ti confido che, se avessi la possibilità di proporlo, cercherei di unire i ragazzi di “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori” con ruoli più adulti, insieme ai giovani di “Mare Fuori”. Sarebbe un cocktail efficace per il pubblico. Come nel mondo musicale, vedo che tanti cantanti duettano assieme, come Gigi D’Alessio o Lazza. Sono cose meravigliose e vorrei che in Italia si facesse la stessa cosa nel mondo cinematografico e televisivo.
Sui social leggo però commenti, forse di boomer, che dicono che i vostri film erano superiori rispetto a “Mare Fuori”. C'è questa forte contrapposizione. Tu come la vedi?
È bello ciò che piace. Leggo tutti i commenti sui miei social. Ognuno è libero di esprimere la propria opinione. “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori” sono stati film significativi in un periodo in cui c’era bisogno di questi film. Oggi magari la pensiamo diversamente perché escono altre serie, ma è sempre la stessa minestra. Non posso dire che siano prodotti inferiori, parlando come attore.
Questi due film, che hanno segnato una generazione, sono marcatamente meridionali e più sentiti nel centro-sud rispetto al nord, secondo te?
Sono convinto che in una fiction, tornando a “Mare Fuori”, sia giusto che siano coinvolti attori napoletani con qualche elemento extra-regionale. Ma se vedo film girati in Sicilia con attori del nord, non sono rappresentativi della cultura siciliana, in quel caso avrei qualcosa da ridire. Dico questo perché sono un padre e voglio rimanere al passo con i tempi. Se guardo ai miei tempi, vedo le differenze, ma la vita va avanti e bisogna adattarsi.
Avete mai pensato di fare un sequel di “Ragazzi fuori”?
Era un progetto che si portava avanti, ma a causa di problemi tra attori e di produzione non si è mai arrivati al sodo.
Una tua riflessione finale sui due film degli anni ’90?
Ci tengo a dirti che quel gruppo di “Mery per sempre” e “Ragazzi fuori” viene ricordato e visto come ragazzi della strada. È vero che c’erano due attori che avevano avuto disavventure con la legge, ma io nella mia vita non ho mai avuto problemi. Non siamo stati messi subito davanti a una macchina da presa; prima di girarli, abbiamo fatto due mesi di prove a teatro a porte chiuse con Giovanni Alamia e Tony Sperandeo, che sono stati i nostri maestri alle prime armi. Poi abbiamo iniziato a girare il film. Ho fatto scuola di recitazione, scuole teatrali. Invece, secondo alcuni, eravamo persone ignoranti di Palermo. Non è affatto così. Ho approfondito molto su scrittori siciliani come Verga e Pirandello. Non puoi fare solo l’attore caratterista; ho avuto una formazione alle spalle per poter interpretare qualsiasi personaggio.
Quindi sei ormai un attore consolidato. Questo ti impegna tutto il tempo?
Circa metà del mio tempo. Questo è un lavoro che negli anni mi ha insegnato a vivere con insicurezza, perché il mondo dello spettacolo, specialmente quello dell’attore, ti vede oggi in cima e domani giù, non per merito tuo, ma perché va a periodi.
Nel corso della tua carriera sei stato molto impegnato con il cinema, dai “Cento giorni a Palermo” del 1984 fino al film “L’ora legale” con Ficarra e Picone del 2017, ma hai aggiunto anche diversi lavori in TV. Raccontami.
Ho avuto la possibilità di partecipare a diversi film, tra cui: “Il commissario Montalbano” con Zingaretti, “Squadra antimafia – Palermo oggi 3”, “I fantasmi di Portopalo” con Fiorello e recentemente ho avuto una collaborazione nella serie “Makari” con Carlo Gioè.
Quali sono i tuoi impegni attuali?
Faccio parte di una compagnia teatrale importante, dove ho avuto la fortuna di conoscere il maestro Mario Pupella, che ha fatto “La matassa”. Lavoro anche nel campo teatrale.
Ora che sei diventato papà, cosa vorresti dire ai giovani, dopo la tua lunga esperienza come attore e come uomo?
“Dobbiamo pensare che tutti possiamo avere problemi nella vita, dobbiamo impegnarci, dobbiamo pensare che l’Italia è bella, dobbiamo divertirci e dire no alla violenza sulle donne e su tutto. Se si vuole, si può discutere senza ricorrere subito alla violenza”.