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Milano, medico riceve lettere anonime: 'Smettila di andare a lavorare, ci contagi'

  • Michele Canziani
Medico di Milano preso di mira: "Smettila di andare a lavorare. Ci contagi."
Un medico che lavora in una RSA di Milano ha cominciato a trovare delle lettere anonime nella casella della posta in cui viene invitato a non permettere ai figli di usare l'ascensore e di accedere al cortile. "Smettila di lavorare, ci contagi", questo è il tono delle missive.

Cronaca cittadina

La cronaca lascia sempre un po' interdetti, non conta quanta cronaca si abbia già letto, emergeranno sempre notizie che ci sorprenderanno non poco.
Quella di oggi è una storia che parla di miseria nella città di Milano, non di miseria economica ma umana, di quella spicciola, con cui tutti dobbiamo fare i conti quotidianamente e succede ovunque: si tratta dell'agire alle spalle, di nascosto, del sospetto che si tramuta presto in giudizio, della paura che trasforma le parole in minacce, dell'intolleranza che si gonfia satolla di egoismo, reazioni comuni che fin troppo bene conosciamo. Quindi come si procede? Portandole alla luce. E vederle per quello che sono. Per poterle decostruire e renderle occasione di evoluzione.

Coronavirus

Il protagonista della vicenda è un medico e con lui la sua famiglia. Il medico si chiama Luca, è geriatra in una RSA di Milano e abita nella casa di ringhiera di un quartiere della zona nord del capoluogo lombardo. Come molte altre persone, anche lui si è ammalato di coronavirus nel mese di marzo e ha trasmesso il virus alla sua compagna, i figli di lui invece non hanno dato segni della malattia.
Al Corriere della Sera che ha raccolto la sua testimonianza, il medico racconta che era il periodo in cui alla televisione e sui giornali si cominciava a paragonare il personale ospedaliero a degli eroi. Seguendo le prescrizioni, lui e la sua famiglia si sono chiusi in casa, in una ferrea quarantena e i vicini di casa si sono occupati di loro, portando la spesa davanti alla porta. 
Al termine di 4 settimane di confinamento, Luca è guarito mentre la compagna d'un tratto ha accusato di nuovo gli stessi sintomi. Sottoposto al tampone che ha dato esito negativo, il geriatra è tornato a lavorare nella residenza sanitaria assistenziale e la compagna pian piano si è ristabilita. 

Biglietti contro il medico

Un giorno la sua famiglia è scesa in cortile per godere finalmente di un po' di sole e a quel punto c'è stata la svolta nel rapporto coi vicini.
Luca ha trovato un primo biglietto anonimo nella casella della posta: "Qui abitano anziani, attento. Potresti prenderlo di nuovo, il Covid. Smettila di andare a lavorare. Ci contagi." Il comportamento dei vicini è cambiato, finiti i normali saluti e sorrisi. Poi un altro biglietto: "Tienili a casa i bambini, lontani dal cortile e dall'ascensore."

Medici: da eroi a untori?

Al Corriere l'uomo ha affidato la sua storia e i suoi pensieri: "Ci dipingevano come supereroi, d'un tratto diventiamo untori che diffondono il virus?"
E aggiunge un concetto importante: il geriatra parla dello "stigma sociale" e delle varie conseguenze che comporta. Una di queste ripercussioni è la possibilità che qualcuno pur di evitare "discriminazioni" nasconda la propria malattia invece di chiedere aiuto, rendendo per tutti più dolorosa e difficile l'uscita dalla pandemia.
E poi parla di Milano, della generosità dei suoi abitanti, della solidarietà "del buon vicinato come risorsa nei momenti difficili" e lancia un appello, valido sempre: "Rifiutiamo lo stigma sociale, ricordiamoci che la paura dell'altro, se non governata, può essere pericolosa. Il ghetto non è la soluzione. Mai." 
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