Occupazione giovanile in Italia: netta bocciatura dell'Ocse
Un trend negativo in ascesa ci porta vicinissimi ai disastrosi numeri della Grecia.
I nuovi dati dell’OCSE sull’occupazione giovanile in Italia suonano come una sentenza di condanna per le “politiche rigoriste”: se i governi precedenti al 2011 avevano lavorato male, i numeri denunciano che quelli arrivati dopo hanno fatto peggio.
In quest’ultimo periodo, infatti, il tasso di occupazione giovanile in Italia (fino a 29 anni di età) si è abbassato di bel 12 punti percentuali, portando la nazione ad un passo dai livelli della Grecia, con una differenza assolutamente irrisoria rispetto a quest’ultima dell’1,69% (ma i sacrifici di “montiana” memoria non dovevano preservare il popolo italiano proprio dal rischio di “fare la fine” dei Greci?).
Per quanto riguarda la fascia d’età compresa fra i 30 e i 54 anni, la perdita è stata del 4%, e relega il nostro Paese al quart’ultimo posto tra i Paesi OCSE.
Quanto ai giovani italiani cosiddetti “Neet”, né occupati, né studenti (o apprendisti), essi sono aumentati di quasi 7 punti percentuali, di cui il 40% ha lasciato gli studi prima della maturità, il 49,7% è riuscito a conseguire il diploma di scuola media superiore, mentre solo il 10,13% è arrivato alla laurea.
Fra i giovani attualmente occupati il 31,6% ricopre mansioni prive di competenze specifiche; il 54,3% svolge un attività che non richiede l’uso del computer; il 62% lavora senza mettere adeguatamente a frutto la propria formazione scolastica; mediamente il 23% ha scarse competenze di lettura e quasi il 28% rivela scarse abilità in matematica.
Complessivamente lo studio evidenzia risultati a dir poco imbarazzanti: avere un lavoro in Italia per un ragazzo è diventato difficile come vincere un terno al lotto; per di più, chi abbia la “fortuna” e l’avventura di trovare un’occupazione deve accettare di svolgere mansioni di livello inferiore alle proprie competenze e alle proprie aspettative; mediamente il livello di istruzione delle persone manifesta quasi un terzo di soggetti poco acculturati sia nelle materie letterarie che in quelle scientifiche; quei “quattro gatti” che riescono a laurearsi, se possono, vanno via dal nostro Paese a gambe levate (vista la cronica assenza di prospettive non solo professionali).
A questa situazione sconfortante deve aggiungersi che la popolazione italiana sta invecchiando senza un adeguato ricambio generazionale, e che una “migrazione incontrollata” sta portando dall’Africa migliaia e migliaia di disperati che in qualche modo gli Italiani dovranno arrangiarsi ad accogliere, sfamare, curare, nonché vestire (non si sa bene per quanto tempo ancora) attraverso risorse pubbliche già ridotte all’osso e già insufficienti ai fabbisogni minimi dei cittadini (basta pensare allo stato in cui sono ridotte la scuola e la sanità pubbliche): tutto ciò senza contare che c’è una bomba ad orologeria che si chiama “Debito pubblico” i cui interessi passivi scorrono inesorabilmente minuto dopo minuto!
Non per essere catastrofisti, ma qui si direbbe che manchi proprio una visione d’insieme che possa dare speranza alle future generazioni: il “rapporto dell’OCSE”, in fondo, non sorprende né aggiunge alcunché alla diffusa percezione di un disastro annunciato, bensì ne rappresenta solo una conferma, triste quanto numerica, e quindi incontrovertibile.
Mirella Elisa Scotellaro