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Guccini e Machiavelli presentano Tempo da Elfi al Teatro Menotti

  • Alessio Corini

guccini machiavelli

L'emozione all'idea di conoscere Francesco Guccini c'era tutta. È sempre difficile quando hai l'opportunità di incontrare un artista che bene o male ha segnato la tua vita, tra dischi, idee, libri, canzoni e concerti lì a urlare a squarciagola col pugno alzato le parole (sempre le stesse, sempre uguali) in cui hai imparato a riconoscerti e a riconoscere il mondo.

Non sono riuscito a pensare niente di troppo intelligente o brillante da fare, salvo stringergli la mano e dirgli “Ciao Francesco”, perché in questi casi la scelta spesso finisce per essere quella tra un silenzio imbarazzato e qualche banalità assortita tipo “Sei un grande”, oppure “Ascolto le tue canzoni da una vita”. Io ho cercato, se possibile, di sfuggire al predetto schema provando a mettere in campo un silenzio diverso. Quello di chi non ha bisogno di dir nulla, perché un sorriso e una stretta di mano erano abbastanza e non c'era più molto altro da aggiungere.

Poi mi sono goduto la serata in cui Francesco Guccini e Loriano Machiavelli, hanno presentato al Teatro Menotti, Tempo da Elfi, la loro ultima fatica letteraria, unitamente al disco L'osteria delle Dame, che raccoglie alcuni concerti live dei primi anni '80 con alcune chicche e inediti davvero interessanti per i fan del cantautore pavanese. 

Una serata di chiacchiere, battute più o meno erudite, e risate con un pubblico interessato e partecipe a godersi le schermaglie letterarie dei due autori che, nel loro libro ci restituiscono ancora una volta l'atmosfera caratteristica delle terre dell'appenino tosco-emiliano con la loro gente, i loro santi, animali ed Elfi, che non sono però le creature della mitologia nordica tolkeniana, ma anarchici dispersi tra i monti alla ricerca di una vita diversa da quella confezionata da questa triste società tardo-capitalistica.

Tempo da Elfi è un giallo, appassionante e ben scritto, così come appassionante e divertente è stato il dibattito, ricco di particolari inediti sulla collaborazione letteraria di Francesco e Loriano, con anche l'aggiunta di alcuni aneddoti spassosi tra cui la non si sa quanto ingiusta esclusione dal romanzo della storia di San Cigolino (in onore del quale “si dice” sia stata composta una lauda non troppo amichevole).

Nelle parole poi di Guccini sull'Osteria delle Dame, è stato bello sentir rievocare la Bologna degli anni '70 con il suo fermento artistico e culturale, i circoli e i ritrovi nati in seguito a iniziative estemporanee che oggi, nel mare magnum della burocrazia, sarebbero forse più difficili da organizzare. Una Bologna quella delle Osterie di fuori porta (anche se poi l'Osteria di fuori porta era una sola, come racconta lo stesso Guccini), dove tra vino e canzoni, era bello anche giocare la partita di tresette o briscola, senza scommettere niente, ma solo per il gusto del divertimento, con in palio l'unica soddisfazione di potersi divertire con gli sfottò ai danni dei perdenti di serata.

Vedendo Guccini discettare di lessico e rivangare vecchi ricordi sul palco del Menotti, ho pensato per un attimo a quanto sarebbe stato ancora bello sentirlo cantare. Ma poi mi sono detto che va bene così. In fondo forse non è del cantante Guccini che abbiamo nostalgia, ma di quelli che eravamo noi che lo sentivamo cantare, noi che ci sentivamo sempre giovani quando cantavamo con lui, come giovani e fresche sono rimaste le idee e le parole delle sue canzoni.

Guccini oggi è bello goderselo così, come un amico che ha sempre “tante storie da raccontare per chi vuole ascoltare”, con cui puoi far due parole davanti a un bicchiere di vino, anche senza chitarra, che va bene lo stesso.

E a c...o tutto il resto.

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