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I Bound for Glory omaggiano Pete Seeger, Woody Guthrie, Bruce Springsteen e Bob Dylan

bound glory 1Bound for Glory, band di una dozzina di artisti provenienti da esperienze diverse, dal rock al blues, dal country al folk, dal soul al jazz, si esibiranno venerdì 28 febbraio alle 21.30, allo Spazio Teatro 89 di Milano per un omaggio alla musica tradizionale americana. 

Bound for Glory

Il nome della band ricorda l’omonimo brano di Woody Guthrie, leggenda del folk americano. La formazione è composta da Marcello Dolci (voce e chitarra), Michele Tani (voce e pianoforte), Paolo Angelini (batteria), Francesco Pesaresi (basso e contrabbasso), Fabrizio Flisi (fisarmonica), Lorenzo Semprini (voce, chitarra, armonica), Daniele Tenca (voce e chitarra), Elio Lucarelli (tromba), Massimo Semprini (sax), Andrea Brugnettini (trombone), Eugenio Poppi (pedal steel) e Valeria Magnani (violino). 

Lo spettacolo proposto dai Bound for Glory sarà un viaggio nelle radici della musica folk, dixieland, blues, country, spiritual, bluegrass e soul degli Stati Uniti attraverso le canzoni di Pete Seeger, Woody Guthrie, Bruce Springsteen, The Band e Bob Dylan, che unisce le strade polverose di Jack Kerouac, John Steinbeck e John Fante al mondo di Louis Armstrong e alla protesta di Pete Seeger.  

La mu­si­ca folk ame­ri­ca­na bian­ca

La mu­si­ca folk ame­ri­ca­na bian­ca nasce nella zona delle Ap­pa­la­chian Moun­tains, dove si erano stabi­li­ti mi­gran­ti in­gle­si e ir­lan­de­si, alla ri­cer­ca di un posto in cui vi­ve­re.

Gli stru­men­ti mu­si­ca­li più im­por­tan­ti erano il vio­li­no, suo­na­to in modo rit­mi­co, con ac­cor­da­tu­re aper­te ed ese­guen­do, due note per volta. Poi il tam­bu­ro a cor­ni­ce e la cor­na­mu­sa e in se­gui­to. Dopo la se­con­da metà del­l’Ottocento, si aggiunsero il banjo e la chi­tar­ra. La mu­si­ca svol­ge­va prin­ci­pal­men­te tre fun­zio­ni: so­cia­le, di co­mu­ni­ca­zio­ne e re­li­gio­sa.

Nei primi anni del Novecento, nacque il ter­mi­ne old time, ri­fe­ri­to alla forma de­fi­ni­ti­va del folk, influen­za­ta dalla mu­si­ca nera e dagli spet­ta­co­li iti­ne­ran­ti dei me­ne­strel­li, poi re­gi­stra­to gra­zie al­l’o­pe­ra degli et­no­mu­si­co­lo­gi, come John Lomax, che ricercavano gli ar­ti­sti nelle zone au­toc­to­ne.

Fi­gu­re fon­da­men­ta­li di que­sta prima fase della di­sco­gra­fia bian­ca ame­ri­ca­na erano la Car­ter Fa­mi­ly e Jim­mie Rod­gers.

Nel corso degli anni Trenta, la gran­de de­pres­sio­ne rese dif­fi­col­to­sa la vita com­mer­cia­le dell’old time music e un nuovo stile nacque, a opera di Bill Mon­roe e dei suoi mu­si­ci­sti: il blue­grass, dove le me­lo­die dei fidd­le tune ven­go­no rese più ve­lo­ci, in modo da non per­met­te­re il ballo al pub­bli­co du­ran­te l’e­se­cu­zio­ne. I temi prin­ci­pa­li dei testi rimasero invece quel­li della old time music, men­tre l’ar­ran­gia­men­to vocale si fece più com­ples­so, con l’uso di ar­mo­nie a più voci.

La mo­der­na coun­try music, in­ve­ce, arrivò con l’av­ven­to degli stru­men­ti elet­tri­ci, negli anni Sessanta.

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