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La Certosa di Garegnano

Certosa di GaregnanoAnche a Milano, come a Pavia e in varie altre città lombarde, esiste, extra moenias, un complesso abbaziale di proprietà dei certosini, l'ordine religioso, nato in Francia per iniziativa di S. Brunone e giunto, con i suoi seguaci anche in Italia. Nella nostra città questo complesso si trova nell'antico rione di Garegnano, oggi nei pressi del cimitero maggiore e del cavalcavia del Ghisallo, il grande incrocio autostradale in cui convergono la Torino – Trieste e la Milano – Varese.

Un'area estremamente periferica, quella in cui la Certosa fu costruita, molto al di fuori delle mura, esattamente come a Pavia: qui l'arcivescovo Giovanni Visconti, nel 1349, diede inizio alla costruzione del complesso destinato ai certosini, con un anticipo di circa mezzo secolo sulla più rinomata fabbrica pavese.

L'edificio rimase gotico fino alla fine del '500, quando Carlo Borromeo lo fece ampliare e restaurare secondo i gusti manieristi dell'epoca, forse su disegno proprio di quel Pellegrino Tibaldi che, reduce dal soggiorno romano, aveva curato il riassetto del presbiterio del Duomo. L'ultima data che ci consegnò l'edificio come oggi lo possiamo ammirare è il 1608, quando venne terminata la facciata della chiesa, attribuita a Galeazzo Alessi e Vincenzo Seregni, ma sicuramente completata dagli allievi.

Questa si affaccia su uno scenografico vestibolo ellittico a tre esedre, di chiara ispirazione romana, e, a guardarla, pare subito molto simile a quella di Santa Maria dei Miracoli, in Corso Italia, altra opera di Galeazzo Alessi. Essa si presenta a tre ordini, nelle forme tipiche dell'ultimo manierismo lombardo, dei quali i primi due sono a lesene corinzie e il terzo con piccole paraste. Nell'ordine di base, tra le lesene, si alternano nicchie e finestre, mentre al centro si apre un portale con protiro lievemente aggettante su due colonne corinzie, sovrastato da un timpano ricurvo spezzato. Lo schema alternato nicchia – finestra si ripete nell'ordine superiore, con una finestra a serliana centrale sovrastata da un timpano ricurvo.

Alle estremità, due volute collegano il corpo a pinnacoli terminanti in obelischi, simili a quelli proposti nella facciata del Santuario di Saronno. Il terzo ordine ripete, sempre più in piccolo, quello sottostante, ma la fascia centrale è occupata dalla decorazione scultorea; ai lati comune è il collegamento, tramite volute, a due pinnacoli. Molto interessante è la decorazione scultorea della facciata: nell'ordine inferiore, a sinistra, il busto di Luchino Visconti e la statua di S. Ugo, e a destra la statua di S. Brunone e il busto di Giovanni Visconti. Sopra il portale è scolpita una Sacra Famiglia, mentre nell'ordine superiore si trovano le statue dei santi Ambrogio e Carlo. Completano la decorazione, in alto, l'Assunta a bassorilievo e una statua di analogo soggetto sul timpano. La parte absidale è dominata dal tiburio ottagonale, con crateri fiammeggianti e lanternino, e dal campanile con cupolino e logge a balaustre marmoree.


L'interno della chiesa, a navata unica, con due cappelle per lato e presbiterio con abside, è un capolavoro del Seregni. L'intera navata e le arcate sono rivestite da uno dei migliori cicli di affreschi della Milano seicentesca, opera magistrale di Daniele Crespi, che, nel 1629, cercò di armonizzare la sua opera pittorica alla struttura architettonica del Seregni, utilizzando toni molto freddi, grigi e violetti in prevalenza, per dare un senso di raccoglimento intimo al visitatore e al fedele. Oltre a scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, nella volta, molte sono le figure di certosini raffigurati all'interno della chiesa: a mezzobusto, tra angeli, sempre nella volta, seduti, ai lati delle finestre, in atteggiamenti e pose disparate, e a figura intera, sulle pareti, entro nicchie dipinte, che si alternano alle arcate cieche in cui si sviluppa il capolavoro del Crespi, il monumentale ciclo con le storie di S. Brunone, nel quale, molto probabilmente, lo stesso pittore ci fornì un suo autoritratto (il suonatore di corno nella scena dell'incontro tra il santo e il conte Ruggero di Calabria).

Degna di nota è anche la prima cappella destra, un piccolo gioiello settecentesco affrescato nel 1771 dal bustocco Biagio Bellotti: l'artista, sulle pareti e nella volta, realizzò scene dei Misteri del Rosario, fortemente ispirate al grande Giambattista Tiepolo e al suo ciclo milanese in S. Ambrogio. Il presbiterio e il tiburio contengono un altro importante ciclo di affreschi e dipinti, opera di Simone Peterzano, che, nel 1578, vi raffigurò scene della vita di Cristo (presbiterio e abside), evangelisti e sibille (ai lati delle finestre del presbiterio), profeti (nei pennacchi del tiburio) e angeli con simboli della passione (nella calotta del tiburio): il ciclo, molto probabilmente, fu importante per la formazione di un suo giovane allievo, il Caravaggio.
Altri ambienti degni di nota sono la sala capitolare, affrescata dal Bellotti (1750), la sagrestia con un affresco del XV secolo, raffigurante I santi Caterina da Siena, Benedetto e Brunone, e un chiostro di fine '500.
Una curiosità, infine: la Certosa fu un luogo frequentato da uomini illustri nei primi anni della sua esistenza e il più importante tra questi fu Francesco Petrarca. Il poeta aretino, infatti, era solito, durante il suo soggiorno milanese, fare la spola tra la corte viscontea, la Certosa, intesa come luogo di ritiro, e la casa all'angolo tra Piazza S. Ambrogio e via Lanzone, dove alloggiò.

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