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Uno Sguardo sulla Storia di Nedda Necchi

Nedda era elegantissima. Cappellini, guanti, sciarpe, tutto attentamente coordinato. Poi amava i gatti, il pianoforte, la pittura.

nedda necchi

Condivideva la passione per la moda con l'amata sorella Gigina. Solo un anno di differenza fra le due, che vissero sempre insieme, come legate da un filo, quasi in simbiosi; unico motivo di disaccordo, Nedda amava l’arte contemporanea, la collezionava gelosamente nel seminterrato di casa, per non interferire col gusto di Gigina, così invece disperatamente all'inseguimento di una eleganza aristocratica, e vera padrona della villa in cui si erano trasferite insieme al marito di Gigina, Angelo Campiglio, nel 1935.

Nedda e Gigina Necchi avevano anche un fratello, di nome Vittorio; le sue macchine da cucire finirono nelle case di tutti gli italiani.

La villa, progettata dal famoso architetto Piero Portaluppi, era esempio di avanguardia e modernità, ma con un grande giardino che ricordava la campagna. Un angolo di verde protetto, un giardino delle delizie nel cuore di Milano, dove il tempo sembrava sospeso, immobile.
I tre furono costretti ad abbandonare l'amata villa per un periodo, quando venne trasformata nel comando della Repubblica di Salò. Dopo la guerra, i tre vi fecero ritorno, riprendendo quella quotidianità che bruscamente era stata interrotta dalla guerra.

Nedda ebbe un solo grande amore, di quelli unici, insostituibili. Poi si ammalò, e morì prima di Gigina.
Intanto il mondo si trasformava, la città veniva ricostruita, poi ampliata...era diventata infinita.
Villa Necchi Campiglio restava immobile, identica al sogno di gioventù. Un porto sicuro, un giardino delle delizie.

Oggi è possibile visitare Villa Necchi Campiglio.

La villa è custodita con cura dal FAI, la stessa cura che Nedda e Gigina dedicavano alla scelta del cappellino perfetto, abbinato a quei guanti su misura che è ancora possibile ammirare nell'elegante guardaroba della villa, al primo piano.

La villa sorge nel cuore di via Mozart, che sembra essere rimasta sempre la stessa: una di quelle strade milanesi ancora immerse nel verde, come in sogno sospese, custodi silenziose di racconti d'altri tempi.

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