La fabbrica milanese dell’Ovomaltina
La storia di Milano, e della sua provincia, non solo ville e castelli, ma laboriosi opifici che l’hanno fatta grande.
Presso via Meucci, nel quartiere milanese periferico di Crescenzago, si trova una vecchia fabbrica che, per mezzo secolo, è stata la principale sede dell’Ovomaltina, un estratto di latte e uova miscelati con il malto, molto amato dai più piccoli.
La sostanza venne ideata nella seconda metà dell’Ottocento dal farmacista svizzero Georg Wander, come rimedio ai gravi problemi di malnutrizione che conducevano alla morte un bambino su cinque dopo solo un anno di vita.
Il primo prototipo dell’Ovomaltina fu commercializzato nel 1865, come un nuovo tipo di sciroppo per i più piccoli.
Ma fu solo dopo la morte di Georg che suo figlio Albert, anche lui farmacista, decise di produrre su scala industriale l’Ovomaltina, non prima di averla migliorata con nuovi ingredienti naturali.
Nel 1904 venne aperto il primo stabilimento in Svizzera e nel 1906 l’Italia, con la Gran Bretagna, fu tra i primi ad avviare una produzione interna dell’Ovomaltina.
E fu proprio per dare un nuovo impulso all’attività che, nel 1924, la famiglia Wander fece erigere la fabbrica di via Meucci, dove lavoravano circa 150 dipendenti, tra operai e ricercatori.
Mentre l’Ovomaltina diventava uno dei prodotti più venduti sul mercato italiano, nel 1942 fu assunto nella fabbrica milanese un giovanissimo Primo Levi, che vi rimase fino all’8 settembre, quando si uni al Partito di azione clandestino.
All’Ovomaltina Levi avrebbe dedicato un capitolo del romanzo “Il Sistema Periodico” e una poesia nel 1985.
Con il 1944 lo stabilimento dovette chiudere per una ristrutturazione, poi venne venduto a una multinazionale e infine cadde nel più completo degrado.
Alla fine del 2000 il complesso è stato totalmente restaurato dall’architetto Mauro Bacchini, che ha riportato il capannone di mattoni rossi e la palazzina a due piani, dove si trovano gli uffici, all’aspetto di un tempo, con una facciata di piccole finestre rotonde e una serie di porte rettangolari.
Oggi che vuole ricordare un pezzo della Milano del primo dopoguerra non deve che fare un giro presso quegli antichi edifici, dove si può trovare l’atmosfera di un tempo ormai passato.