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Mind The Gap al Milano Off Isola Festival

mind the gap 2Paola Tarantino e Laura Isaia, dopo aver portato in scena Mind the gap – Waiting for an happy ending, hanno deciso di proseguire il loro percorso ripresentando lo spettacolo, trasformatosi in un Mind the gap 2.0 al Milano Off Isola Festival.

Sei persone si incontrano, si presentano, raccontano le loro vite, il loro trasformarsi in personaggi: Sylvia Plath, Mark Rothko, Marina Cvetaeva, Abdallah Bentaga, Sarah Kane e Alfred Jarry sono tutti artisti, differenti tra loro, provenienti da epoche diverse, ma accomunati dal desiderio di regolare la propria vita, di poter decidere a loro piacimento di essa.

È proprio la corsa verso l’inevitabile destino di ogni essere umano che li ridefinisce nuovamente persone durante lo spettacolo, seppur nel continuo scivolare da un ruolo a un altro, da una finzione a un’altra, da un sorriso reale a quello, più simile a una maschera, che deve essere mostrato all’esterno, anche se non vi è nulla che faccia sorridere. I sei artisti, interpretati da Diletta Isaia, Carolina Cametti, Gianluca Enria, Claudio Losavio, Riccardo Pumpo e Emanuela Valiante, cercano una goccia di splendore nella loro umanità e la trovano solo nell’idea del suicidio. Un suicidio che non è solo un’uscita di scena, ma un riappropriarsi di ciò che sta fuori dal palcoscenico della vita, un cercare di determinare l’indeterminabile, un desiderio di risposte che si può trovare solo nel silenzio.

Interessante in Mind The Gap è la mescolanza di voci, di pensieri, di domande comuni a ogni essere umano, ma che qui risaltano nella profonda differenza di ogni personaggio in scena. Personaggi storici, realmente esistiti, vicini a noi nel tempo e, non solo per questo, in grado di toccarci nel profondo.

La panca, unico elemento scenico, li costringe alla vicinanza e, al contempo, a dipingere chiaramente il loro pensiero, a urlare e sussurrare la loro essenza, a trovare il modo di comunicare la loro anima ai posteri.

mind the gap 3È un viaggio quello messo in scena in Mind the Gap, un viaggio senza ritorno che si dilata nell’attesa del momento perfetto per la grande uscita di scena, quel momento perfetto che senza la possibilità di spiegazione e confronto, senza il racconto della propria vita, senza qualcuno che stia in ascolto, non sarebbe mai arrivato. Non si chiude il sipario sui sei attori in scena, sulle storie dei sei personaggi rappresentati, sulla loro morte per suicidio: crollano le barriere tra attori e pubblico, si intravede l’uomo oltre la storia, si ascolta e, nell’ascolto, si trova la comprensione dell’altro, dentro e oltre la scena stessa.

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