Il falò di Capodanno, rito della fine dell’anno in Lombardia e non solo
In Lombardia, per la sera del 31 dicembre, una delle usanze più particolari è quella dei falò di Capodanno, dove, in molte località, vengono accesi grandi fuochi per simboleggiare la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo.
Questi falò sono spesso accompagnati da canti tradizionali e danze attorno al fuoco, creando un’atmosfera magica e suggestiva.
Come si prepara il falò di Capodanno 🔥
I preparativi per festeggiare il Capodanno iniziano la mattina di San Silvestro, quando i giovani del paese girano di casa in casa con una suvera (un attrezzo a forma di larga scala usato per portare la paglia), chiedendo fascine, steli di granoturco ed altro materiale da bruciare. Finito il giro, preparano un grande mucchio su un rialzo ben visibile.
Quando una certa quantità di sterpi si è accumulata, mentre alcuni continuano a cercare materiale, altri rimangono di guardia. Questo perché qualche giovane, per fare dispetto, potrebbe cercare di incendiare la catasta in pieno giorno.
Dopo la cena e la veglia, verso mezzanotte, tutti escono dalle stalle e si recano verso la catasta. Se quelli delle altre cascine non hanno ancora acceso il loro falò, i giovani prendono una fascina e l’accendono poco distante. A volte, il fuoco "finto" trae in inganno gli altri, inducendoli ad accendere il proprio falò.
In breve, tutte le cascine e le borgate sono punteggiate di fuochi. Nel frattempo, i giovani si chiamano l’un l’altro con urla e richiami, di cascina in cascina.
Quando il fuoco è morente, si usa un tridente per gettare in alto le braci, pronunciando la frase:
"Tante plüe, tanti cuchèt" (tante faville, tanti bozzoli).
Attorno al falò si canta, si fanno gli auguri stringendosi la mano, e i giovani si divertono saltando il fuoco, tra le urla e le risate di chi sta attorno.
Più tardi, spento il fuoco, ci si riunisce nella stalla per gustare le focacce preparate dalle donne di casa: focacce a forma di gallo, di scala o di bambola. Dopo, si gioca a carte e si canta.
Un tempo, mentre ci si preparava per andare a dormire, le ragazze, prima di salire le scale, lanciavano uno zoccolo per predire se si sarebbero sposate entro l’anno.
I nomi del falò di Capodanno nel nord Italia 🌟
Data la fama di questa tradizione, il falò di Capodanno assume nomi diversi nelle varie regioni del Nord Italia:
- In Friuli è noto come pignarû o, in alcune zone della Bassa friulana, cabossa.
- In Bisiacaria è chiamato seima.
- Nelle province di Treviso, Pordenone e Venezia si parla di panevìn o panaìn (da "pane e vino"), simbolo di augurio per un anno di abbondanza.
- In altre zone è noto come pìroła-pàroła, vècia (la "vecchia"), poiché le pire possono assumere la forma di un fantoccio, oppure foghe rada e bubarata.
- Nel basso Friuli e nel Veneto Orientale viene chiamato foghèra o casèra.
- Nel Veronese e nel Polesine si utilizzano termini come briolo, buriolo, brugnèlo, brujèo o bruja.