La città in mostra a Villa Olmo di Como
In questo periodo pre-vacanze, come non pensare a una gita a Como?
La città lariana offre molti spunti culturali, e tra questi anche la grande mostra ospitata a Villa Olmo, dedicata alla città. Com'è viva la città, così si intitola l'esposizione comasca del 2015, intende mostrare come lo spazio urbano abbia influito sull'Arte del Novecento e dei primi anni del XXI secolo, con tutte le sue sfaccettature.
Curata da Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMEC di Bergamo, la mostra intende evidenziare come la città sia il nucleo centrale di quel "vivere sociale" che gli uomini vedono come una propria esigenza, attraverso i mille elementi che la connotano e che suddividono l'esposizione per nuclei tematici. La città si è sempre mostrata, dagli affreschi di Giotto che raffigurano le mura di Assisi alle vedute settecentesche di Bellotto, Canaletto e Guardi. Fondamentali sono i cambiamenti che lo spazio urbano attraversa e che l'Arte, con le opere in mostra, riesce a cogliere.
Questi vengono declinati come macro contenitori tematici, in cui opere figurative e astratte convivono e dialogano intorno a una delle mille dinamiche che connotano la città: l'esposizione si configura, in questo modo, come un racconto, tra realismo e mito, tra espressione diretta e simbologia, a definire la città come un macrocosmo in cui ognuno di noi vive (e convive con altri) ogni giorno, un organismo vitale, a cui fa riferimento il titolo tratto da una celebre canzone di Giorgio Gaber, e vissuto, in cui si intrecciano le trame delle nostre vite quotidiane.
La prima sezione è dedicata ai trasporti, elemento necessario per la nostra vita in termini di mobilità e socialità, e al movimento, esemplificato dalla tela, quasi iperrealistica, di Giuseppe Bartolini raffigurante materiale rotabile FS su un binario morto, o dai passeggeri in attesa di un treno di Pistoletto. Il nucleo successivo affronta il tema del loisir, del tempo libero destinato al relax e allo svago, attraverso raffigurazioni di luoghi simbolici di questa esigenza, come il cinema per Salvo e il Caffè, inteso come ritrovo di intellettuali e come luogo di dibattito, di Sandro Chia, o anche i party rappresentati dall'unione neon-foto di Mario Merz o da Maurizio Cattelan. Un'altra sfaccettatura del loisir cittadino è il parco, non più solo un luogo ma anche un simbolo del rapporto uomo-Natura e presente-passato: il parco è anche un ambiente sociale, dove ci si incontra, si socializza, si discute e ci si riposa, e una piccola opera d'Arte che l'uomo, architetto o urbanista che sia, crea per riprogettare la Natura in scala ridotta, a misura d'uomo (i grandi parchi come Hyde Park a Londra, i Jardins du Luxemborg a Parigi, Central Park a New York e il Tiergarten a Berlino sono concepiti proprio in questo modo). Il parco è anche simbolo identitario della città, è qualcosa che la configura e ne definisce l'aspetto salutare contrapposto al grigio delle zone industriali. Le opere di Campigli e Jori riprendono quel dipinto di Georges Seurat, intitolato Una domenica alla Grande Jatte, e ne esaltano il rito del loisir concepito dal grande pittore francese. Anche lo sport ha una sua dinamica di libertà e di sopsensione dell'abitudine lavorativa quotidiana, come prova Le tenniste (1948) di Campigli, ma anche come elemento di formazione umana, nel quadro La partita di pallone (1933) di Mario Radice.
La strada è, forse, l'elemento più connotante dello spazio urbano, rappresentato dai futuristi, come prova la mitica Rissa in galleria di Boccioni, così come dai contemporanei: in mostra, Atanasio Soldati mette in evidenza una strada percorsa solo da architetture razionaliste formanti un reticolo di strutture ormai astratte, così come Pistoletto la delinea, con Prost n.4, come un punto di passeggio e di passaggio, in cui noi ci specchiamo e ci riconosciamo, come la bellissima ragazza che anima la serigrafia dell'artista biellese.
La città, però, è anche oggetto di conquista in guerra e, pertanto, simbolo di distruzione e di devastazione. La descrizione di questo fenomeno è un'esperienza etica di un racconto storico per immagini, che intende sottolineare quanto questo tema sia caro agli artisti sia come testimonianza di libertà sia come prova tangibile di fatti nefasti, come ben provato dalle opere di Eva Frapiccini dedicate a episodi di terrorismo negli anni '70, costati la vita a magistrati, poliziotti e uomini di Stato. In questo senso si collocano anche la foto di Alfredo Jaar di Lucio Fontana smarrito a passeggio tra le macerie della casa che ospitava il suo studio dopo i bombardamenti del 1943 su Milano, e l'aereo nell'oscurità di Kiefer.
Anche le manifestazioni hanno il loro spazio nell'Arte, perché sono gesti di libertà democratica, contestazioni a un sistema, politico o non, e perché sono movimenti contro le convenzioni e contro le ingiustizie, come provano le opere di Pistoletto e Turcato (Comizio, 1949-50), ma anche le due installazioni video del rumeno Cantor e del russo Gutov, in cui si simulano due manifestazioni nelle strade di Tirana e di Mosca inneggianti all'energia e alla sete di Libertà sfrenata dei Sex Pistols e dei Clash. La strada è anche mercato, sia vero, come nella foto di Armin Linke sul "bazar" di Lagos, che traslato, come nell'opera di Vanessa Beecroft, in cui il mercato è vero (quello di Rialto a Venezia), ma il significato è di denuncia sociale, visto che raffigura la mattanza delle donne nel Darfur, in Sudan del Sud. La città vive di simboli, e la prima prova di ciò sono le bellissime ceramiche di Ugo La Pietra, teste di cariatidi con gli elementi tipici di tutte le regioni italiane: quella lombarda, per esempio, ha sulla corona il Duomo di Milano, il Grattacielo Pirelli e la Torre Velasca. Anche il grande Andy Warhol esprime questo modo di sentire nella sua opera Vesuvius (1985), in cui, per antonomasia, va a raffigurare Napoli attraverso il suo simbolo, così come Francesco Clemente ritrae Michel Foucault circondato da architetture vere come la Mole di Torino o la facciata di San Giovanni in Laterano a Roma. Per il tramite di Roy Lichtenstein, con il suo Tappezzeria per interno blu, ancora pura pop art, anche se è stato eseguito nel 1992, si arriva all'ultima sezione, dedicata agli interni. Ora, si dà spazio all'intimità umana e alla dimensione privata tipica dell'era postmoderna, in cui anche il pubblico è privato. Tutto ciò è ben espresso dal ritorno all'Ordine di De Chirico o alla fantasia metafisica di suo fratello Alberto Savinio, ma anche nel desolato Primavera (1928) di Felice Casorati.
Com'è viva la città. Art & the city 1913-2014
Villa Olmo, Via Bellinzona, 2 Como
Dal 18 luglio al 29 novembre 2015
Orari: dal 18 luglio al 30 agosto martedì, mercoledì, venerdì 15.00-20.00 - giovedì 15.00-23.00 - sabato e domenica 10.00-22.00
dal 1 settembre al 29 novembre martedì, mercoledì, giovedì, venerdì 10.00-20.00 - sabato e domenica 10.00-22.00
lunedì chiuso
Biglietti: 10,00 euro intero; 8,00 euro ridotto; 5,00 euro scuole