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La magia del Barocco a Novara

novara gennariPer chi volesse fare una gita fuori porta, Novara potrebbe essere un'ottima soluzione.

A soli cinquanta chilometri a ovest di Milano, questa città, ricca di Arte e Storia, con il suo Duomo, neoclassico ma di origini antichissime, con la basilica di San Gaudenzio, la cui cupola dell'Antonelli, di 121 metri, è il simbolo cittadino, e con il suo Broletto romanico, offre anche interessanti soluzioni culturali.

Proprio in questo periodo, dal 19 giugno al 27 settembre, Novara ospita una grande mostra, suddivisa tra il Broletto e la Sala Casorati, sulla pittura barocca in città e nella diocesi, comprendente non solo la provincia novarese, ma anche quella del Verbano-Cusio-Ossola. 

Prima di iniziare a parlare della mostra, occorre fare una premessa storica: il periodo a cui l'esposizione è riferita è quello che va dal 1630, anno della peste citata da Manzoni nei Promessi sposi, al 1734, quando la città, dopo secoli di dominio milanese, con l'occupazione da parte di Carlo Emanuele III, passò sotto i Savoia e, quindi, divenne piemontese. Il secolo affrontato è, a tutti gli effetti, un periodo in cui Novara era ancora "milanese", o comunque sotto l'influenza lombarda. Un secolo in cui il barocco prima, e il barocchetto poi, presentarono ancora nomi lombardi o milanesi, con alcune debite eccezioni, mentre già, con la stagione rococò, a Novara e nel Novarese, si affermarono nomi locali, come Lorenzo Peracino e Antonio Orgiazzi, influenzati dall'arte sabauda, e arrivò in città l'architetto ufficiale di Casa Savoia, Benedetto Alfieri, zio del più noto Vittorio, per la costruzione del campanile della basilica di San Gaudenzio, un altro dei simboli della città.novara portici massimomormile pix

Anche la diocesi di Novara, tra il Seicento e i primi trent'anni del Settecento, risentì delle riforme introdotte a Milano da Carlo Borromeo e della promozione culturale di suo cugino Federico: entrambi rivoluzionarono anche l'assetto liturgico e, pertanto, le modalità decorative delle chiese e gli apparati iconografici. Così avvenne anche nella diocesi di Novara, sotto lo stimolo di vescovi come Benedetto Odescalchi, divenuto poi papa con il nome di Innocenzo XI, Giulio Maria Odescalchi e Giberto Borromeo. La peste, come a Milano, anche a Novara segnò una cesura irrimediabile nella committenza artistica locale, ma dopo la fine dell'emergenza, le necessità votive, ma anche la devozione privata, fecero segnare una ripresa di commissioni di opere, con un grande fulgore creativo ed espressivo che durò fino all'invasione dei piemontesi.

Nacquero così molte delle opere esposte in mostra al Broletto, in gran parte pale d'altare provenienti dalla Diocesi. Non è un caso che il percorso della mostra parta da un San Michele di Melchiorre Gherardini, artista degli anni della peste a Milano, che raffigura il tema associato, per antonomasia, alla "protezione" dal male. Notevole spazio hanno quegli artisti, della seconda metà del Seicento, che si rifecero alla lezione morale di un Cerano o di un Daniele Crespi, rinunciando al titanismo michelangiolesco dei Procaccini o di un "genius loci" come Tanzio da Varallo: è il caso delle pale del milanese Carlo Francesco Nuvolone (l'Immacolata con Federico Borromeo da Arona e il delicato Riposo durante la fuga in Egitto di San Giuseppe a Borgomanero), del ticinese Zoppo di Lugano (Madonna col Bambino e santi da Lortallo di Ameno) e di un locale, a cavallo tra Sei e Settecento, come Giuseppe Zanatta, il quale rinuncia alla grazia e allo schematismo dei due artisti precedenti per un realismo ancora nello stile del Cerano, ma più infuenzato da Tanzio, come provano le monumentali torsioni dei corpi terrei degli episodi della vita di Sant'Antonio esposti in mostra.

Anche la tendenza caravaggesca è espressa nella tela del valsesiano Gianoli, come il tocco monumentale, d'ispirazione classicista, del Busca e del novara garziperugino Scaramuccia. Nella diocesi di Novara, grazie ai vescovi committenti, soprattutto Benedetto Odescalchi una volta divenuto papa, arrivarono, però, anche opere di scuola romana: è il caso della bellissima Madonna di San Luca di Carlo Maratta, per Corconio, l'Adorazione dei Magi del pistoiese Luigi Garzi per Carcegna e la monumentale Madonna col Bambino e San Domenico del conterraneo Giacinto Gimignani per Prato Sesia.

Tutti questi artisti introdussero un linguaggio nuovo, non più solo rivolto a Milano, ma anche ad altre parti d'Italia, e questa è la motivazione di uno degli elementi più interessanti della mostra, l'esposizione di opere di artisti emiliani e romani come "confronto": la Maddalena penitente di Perugia, attribuita a Cesare Gennari, la Caduta della manna, da Roma, di Pietro da CortonaMosè con le tavole della Legge di Guido Reni da Reggio Emilia e due opere del pittore che, forse, più di altri influenzò gli artisti in mostra, Guercino:novara guercino il Cristo risorto che appare alla madre da Cento e il profondo e monumentale Padre Eterno della Galleria Sabauda di Torino. Il Seicento si chiude con la grande pala di Filippo Abbiati, artista tenebroso milanese, per il monastero della Visitazione ad Arona.

In Sala Casorati sono esposte opere del barocchetto, l'estrema propaggine del Barocco prima dell'esplosione del fenomeno rococò a metà Settecento: artisti locali, come Tarquinio Grassi e Antonio Lucini, di qualità mediocre e legati a una forma di devozione più popolare, sono affiancati a maestri di scuola milanese e lombarda come Giovanni Sampietro (Madonna col Bambino con i Ss. Brizio e Marta per Vagna di Domodossola, caratteristica per la raffigurazione dei flagellanti sullo sfondo, nello stile di Magnasco), Carlo Preda (Assunzione della Maddalena per la Collegiata di Pallanza), ma soprattutto Stefano Maria Legnani, detto Legnanino, con i due quadri dei Musei Civici di Novara raffiguranti il Sogno e la Morte di San Giuseppe, in cui si uniscono tocco caravaggesco, suggestione onirica e atmosfera intima, e, infine, il varesino Pietro Antonio Magatti, con un San Luigi adora il Crocifisso del Palazzo Vescovile di Novara e una Crocifissione dell'Istituto San Giuseppe, sempre in città.novara legnanino

Ora, l'atmosfera non è più quella tenebrosa del Seicento, ma tutto appare più leggero e semplice, i colori si vivacizzano (a parte il pallore del San Luigi di Magatti, ancora da rigor mortis), anche in seguito allo schiarimento della tavolozza legata alla scoperta dell'opera di Newton, e la luce si fa più vera e intensa. Ci si trova di fronte a un'Arte che non è più quella "provinciale" del 1630, ma un fenomeno di respiro europeo che, in questo periodo, pittori come Carlo Innocenzo Carloni portarono in giro per l'Europa, dalla Boemia all'Austria e alla Germania facendo conoscere quel modo di dipingere che divenne, poi, una moda anche all'Estero.

Capolavori del Barocco. Il trionfo della pittura nelle terre novaresi

19 giugno - 27 settembre

Arengo del Broletto, via Fratelli Rosselli, 20, Novara; Sala Casorati, via Silvio Pellico, 3, Novara

Orari: martedì - domenica 10-18.30; lunedì chiuso

Biglietti: ingresso libero

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