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La prima volta a Milano: racconto di una ragazza toscana

prima volta a milanoQuando arrivai a Milano la prima volta ogni cosa mi sembrava gigantesca. Io, la giovane ragazza che veniva dal mare cresciuta con l’odore dei pini e la sensazione di sabbia fra le dita dei piedi era adesso circondata da enormi palazzi e gente strepitante al semaforo. Quando vidi Milano per la prima volta mi innamorai persino dei cartelli stradali.

Ricordo che fotografai quella scritta ai confini dell’autostrada: Milano. Ero arrivata o forse avrei dovuto dire: I’m back my love. Qualcosa nella mia mente mi faceva sentire realizzata. In realtà avevo solo una valigia e tanti, tanti sogni. Ok, lo ammetto i bagagli erano molti di più e i sogni nascosti fra scarpe costosissime e vestiti che aspettavano da tutta una vita di essere indossati ma comunque mi trovai, per qualche strano segno cosmico, improvvisamente dove avevo sempre voluta essere.

Quando osservai per la prima volta Milano me ne innamorai perdutamente. Era come vivere un flash back, era come se ogni parte del mio corpo appartenesse a questa città da sempre. Una sensazione inspiegabile per molti: non per me. Io ero cresciuta con il mito dei writers, delle canzoni degli Articolo 31, della libertà, dei mezzi ventiquattrore su ventiquattro.

Una piccola Carrie Bradshow alla conquista del nuovo mondo. Forse anche Cristoforo Colombo ebbe le mie stesse sensazioni quando sbarcò in America. Per me era tutto, o quasi, completamente nuovo e straordinario: poter ordinare qualsiasi cibo e fartelo recapitare a casa nel giro di venti minuti, gli happy hour otto euro, le vie infinte di negozi. Milano: una piccola fetta di cuore che divenne improvvisamente quotidianità . Arrivavo da una splendida estate, da un esperienza in una delle testate giornalistiche più lette in toscana. Pensai che se avevo avuto il coraggio di mollare tutto e partire alla ricerca di gloria nella grande città qualcosa voleva pur dire. In fondo all’età di cinque anni guardando i miei genitori negl’occhi avevo annunciato loro che sarei diventata Capo dello Stato, in quanto a grinta ero senz’altro a posto: cos’è che poteva andare storto? Passai i primi mesi a uscire con la città. Nel senso più vero del termine.

Tra noi s’instaurò un rapporto d’amore perfetto. Lei era la mia esperta amante, quella goccia di pioggia dopo una siccità durata anni. Ascoltavo ogni rumore e nella mia mente immagazzinavo ogni singolo colore. Sentivo i pori della mia pelle assorbire come ossigeno quello smog che mi nutriva e inquinava, giorno dopo giorno, rendendomi sempre un po’ più forte e sicura di me. Devo ammettere che non è stato sempre facile ma io ero determinata e testarda un mix che escludeva a priori ogni forma di ripensamento. Quando arrivai a Milano la prima volta volevo fare la giornalista e immaginavo cene galanti e cocktail a base di Martini nel guardaroba di Vogue. Mi resi conto ben presto che a volte possedere talento e determinazione non basta. Riposi in un piccolo cassetto il mio manuale della perfetta scrittrice e il dvd –rigorosamente versione integrale- de “Il diavolo veste Prada” e iniziai a guardarmi intorno.

Più lo facevo e più mi arrabbiavo. Splendide laureate con 110 e lode in architettura sudare ogni giorno per uno stage a 600 euro al mese, impressionanti e dottissime esperte nell’organizzazione di eventi essere vittime di mobbing fra colleghi, uomini intelligenti e in gamba lavorare da dieci anni nello stesso posto attendendo una promozione. Immediatamente un pensiero: in fondo niente era totalmente differente dalla mia piccola Pisa. Chi avrebbe assunto un’aspirante giornalista solo per meritocrazia? Ben presto imparai che i sogni al risveglio han tutto un altro sapore e che nella vita, quella vera, ogni cosa è sofferta e sudata. Quando arrivai a Milano mi resi conto di quanta gente come me ci fosse. Se in un paesino sperduto sei la bella e talentuosa “petit enfant prodige” in una grande città probabilmente sarai soltanto una delle tante tirocinanti. Potevo arrendermi, infilare la testa sotto il cemento –causa carenza di spiaggia- e soccombere. Potevo, ma non fu quello ce feci. Attorno a me vedevo schiere di stupende ragazze sognare di entrare a far parte dello star-system televisivo, giovani uomini fare la fila ad un provino del Grande Fratello e poi centinaia di persone spaccarsi schiena e unghie –e Dio solo sa quanto sia importante una perfetta manicure- sui loro sogni e i sui loro progetti. Dovevo decidere da che parte stare, su cosa investire, per cosa lottare. Ero, ancora una volta, davanti all’ennesima scelta: restare o fuggire rinunciando a tutto?

Era quasi Natale e Milano quell’anno fu coperta da un velo di neve che scaldava i cuori. Credo che la mia amante avesse voluto darmi una sorta di ultimatum, credo che tutti quei pacchetti, quegl’alberi di natale scintillanti, quell’armonia e felicità che sa di biscotti e lustrini volessero in realtà dirmi: <<Sei davvero sicura di voler rinunciare a tutto questo?>>

Penso che fu quello l’attimo in cui decisi che Pisa era senz’altro il mio mondo ma Milano be’, Milano era senz’altro la mia insostituibile città. Forse non è cambiato molto da allora ed io in fondo sono sempre la solita ragazzina con tante scarpe e una miriade di sogni. Ho sempre i miei punti fermi intervallati ogni tanto da qualche virgola e qualche punto interrogativo ma devo riconoscere che Milano mi ha insegnato una cosa importante: tutto ciò che sta nel mezzo ai nostri punti di sospensione dipende unicamente da noi e che se è vero che per uno stage non retribuito ci sono centinaia di persone pronte a sgomitare, se davvero ti impegni alla fine potrai arrivare dove vuoi e che la vittoria ha un gusto di rivalsa se davvero te la sei sudata. Milano: la sottile differenza di un raggio di luce che si fa spazio tra le nuvole e penetra l’anima, un’amante da cui non puoi pretendere niente ma che ti sorprenderà quando meno te lo aspetti.

Vi starete chiedendo se dopo tutto quella giovane ragazza che veniva dal mare crede ancora nei sogni. Vi rivelerò un piccolo segreto: si, credo ancora nei sogni… ma con una sola differenza: adesso mi impegno a realizzarli: e voi?

Tibi

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