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Via Cavezzali-parco della Martesana

MartesanaSi arriva a trent'anni in una città nuova, segreta, un po' introversa. Ci si arrangia un lavoretto, una casa in affitto, le prime poche conoscenze. Si fa la residenza. Si visitano i posti notevoli. E poi?
Poi ci si mette a camminare. Si apre la porta, si scendono le scale, si esce sulla strada. Si cammina. Non importa dove: si segue un certo fiuto. Non si ha questo fiuto? Certo, ci vuole allenamento. Intanto qui vi offro una guida, un esempio di come si può fare.

Un itinerario alla volta, casuale. Ogni pretesto vale. Si va a cercare un negozio e poi si torna apposta dalla strada sbagliata.
Il pretesto di oggi è scrollarsi di dosso il traffico e dirigersi verso qualcosa di alto – un albero o un palazzo, come vedremo.

Si parte da via Padova: lasciamo via Cambini alle spalle, dove il lunedì c'è il mercato rionale, e si trova anche l'aneto, venduto su una cassetta di legno fra le file di bancarelle da un venditore arabo, e si entra via Cavezzali. C'è un bowling: voglio vedere se come tutti i bowling odora di fritto e ha musica tecno a tutto volume; decido di entrare, ma mi basta schiudere la porta per ricevere la mia conferma. Di tecno non c'è solo la musica: c'è anche il grosso palazzo che stende la sua spessa ombra su piazza Sesia.

Dietro di lui continuano le figure quadrilaterali delle facciate di altri palazzi simili. Seguo allora il profilo dei rami verdi e sonanti che sbucano dal muro di cinta dell'ospedale Turro. Sono alberi altissimi. Le foglie sfrigolano e il traffico è già un ricordo lontano. Il verde prende sempre di più il sopravvento sul cemento: percorrendo via Jesi scovo un edificio catturato dall'edera, che fa da sfondo ad un furgone decorato con fiori sul parabrezza e una scritta in arabo. É tutto disegnato e scritto: e la penna è di muro fuxia martesanavolta in volta l'adesivo, l'edera o la bomboletta spray.

Sfocio nel verde del parco della Martesana: qui la mia altezza la trovo nella Torre Solare, un palazzo di edilizia popolare costruito negli anni '80. Deve il suo nome al progetto iniziale di renderlo autonomo dal punto di vista energetico grazie ad un sistema di pannelli solari. Ai piedi dei suoi diciotto piani le giostre gonfiabili di Stobbia si sgonfiano, alla fine della giornata di divertimento, e un grosso alieno verde si affloscia in avanti mentre un bambino osserva la scena dalla sua biciclettina.

Più oltre mi imbatto in una popolazione di panettoni di cemento dipinti da personaggi di Southpark; di fronte si apre l'anfiteatro della Martesana, che di domenica ospita una ciclofficina per chi vuole cimentarsi. Oppure si possono imparare le danze folcloristiche peruviane, come il Huayño. Proseguo oltre e mi imbatto nell'incredibile muro fucsia del parco della Martesana, che si staglia sul verde e fugge verso via Valtorta. E qui ci faccio una pausa, rimanendo a chiedermi il perché di quel colore, mentre sullo sfondo alcuni ragazzi accendono lo stereo e ascoltano musica metal sudamericana.


Alessandra Mainini 3/5/2012

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