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Viaggio all'interno di un racconto: Demetrio Pianelli

demetrio pianelliQuest’articolo vuole coinvolgere il lettore seguendo un tragitto per le vie di Milano, dove protagonisti sono i personaggi del racconto di Emilio De Marchi, Demetrio Pianelli.

Una breve informazione sull’autore. Il De Marchi nasce a Milano il 31 luglio 1851 e muore, sempre in Milano, nel 1901. Nel 1874 si laurea in lettere, divenendo libero docente di Stilistica e fondatore della rivista  “La vita nuova”. Molti sono i suoi scritti, tra cui il conosciuto “Il Cappello del prete”, ambientato a Napoli e d’impronta noir.

Un altro suo racconto conosciuto è proprio quello di Demetrio Pianelli, scritto nel 1889, e tutto ambientato nella nostra città di Milano.

È appunto di questo racconto che adesso mi voglio occupare.

La storia inizia raccontando di Cesarino Pianelli, fratellastro di Demetrio, uomo spaccone e pieno di debiti che si toglie la vita, mettendo sulle spalle del fratellastro la sua famiglia e tutti i suoi numerosi debiti. Il romanzo prosegue raccontando proprio le giornate di Demetrio e i nuovi avvenimenti che si andranno a creare.

In questo mio vagabondare tra le pagine del romanzo, intendo rilevare i percorsi per le vie della Milano dell’ottocento che vedono protagonisti i due Pianelli. Naturalmente lascio a ciascuno il piacere di leggere gli scritti del De Marchi, tra cui “Milanin, Milanon”, e anche alcune sue poesie. Inizio da quando il Cesarino, soprannominato lord Cosmetico, intende passare al Caffè Campari per chiedere un prestito a un tale Guerrini. Il caffè Campari, inaugurato nel 1867, si trovava in Galleria sull’angolo verso piazza Duomo. Per la troppa folla, pronta per festeggiare il carnevale, rinuncia all’impresa. Lo rivediamo poco dopo risalire i portici meridionali dove si trovava il Circolo che era solito frequentare, che si trovava tra la piazza del Duomo e la via Carlo Alberto. Oggi questa via non esiste più, ma all’epoca del De Marchi, la via univa i portici meridionali con piazza Missori. 

In un passo successivo lo ritroviamo al Circolo che lascia in tutta fretta e, uscito, riattraversare i portici, e invece di ripiegare verso casa, al Carrobbio, cambia percorso. Il nome Carrobbio significa quadrivio, cioè quattro strade che si dipartono da un unico punto, e che ancora oggi confluiscono in Largo Carrobbio, e sono la via Torino, la via Cesare Correnti, il Corso di Porta Ticinese e una delle vie più piccole, forse via Medici o via Stampa. La via Medici fa riferimento alla famiglia nobile dei Medici, che per aver studiato in storia a scuola, tutti in parte ricordiamo; mentre in via Stampa al numero 4, presso un oratorio, si raccolse una piccola comunità ebraica.

Comunque torniamo al nostro protagonista e vediamo come prosegue, lasciati i portici, svoltò nel Piazzale di Palazzo di Corte, che è poi l’attuale Palazzo Reale, che tuttavia nasce col nome di Palazzo del Broletto vecchio, la cui storia è davvero interessante; poi prende per il passaggio dei Rastrelli, che lo immette in via Larga, e da qui raggiunge l’Ufficio Postale. Non è precisato dove quest’ufficio era esattamente ubicato. Procediamo di alcune pagine e arriviamo dove Cesarino, dopo il vivo colloquio col Martini, sale sul tram che passa per Porta Romana, che è una delle sei porte principali di Milano, posta a sud-ovest della città, e che si apriva lungo la strada per Lodi, per recarsi a trovare suo suocero Isidoro.

In passato il tram che transitava per il corso, era il tram numero tredici, ma all’epoca di lord Cosmetico era il famoso e mai tramontato “Gamba de Legn”, che collegava la città meneghina a Melegnano e Lodi. Il nome di Gamba de Legn era dovuto al fatto che la velocità di questo tramvai era davvero modesta, per cui il viaggio pareva non finire mai. Cambiamo di nuovo pagina e troviamo Cesarino che sta per giungere presso l’Ospedale dei Cronici, tutto preso dai suoi pensieri piuttosto cupi. I malati dei Cronici erano persone affette da tubercolosi o tisi polmonare, chiamata anche la “peste bianca”.

All’epoca, ogni malato costava al comune lire 1.90 se curato presso l’Ospedale Maggiore, lire 1.75 se curato nell’Ospedale dei Cronici a Cernusco sul Naviglio. Il primo dispensario cittadino fu aperto nel 1901; nel 1912 è inaugurato il dispensario di Via Statuto, otto anni dopo si apre il primo ambulatorio in via San Vittore, seguito da altri due, in Via Ferrari e in Via Ramazzini. Tuttavia l’autore non precisa la via esatta, dove sorgeva quest’Ospedale, ma ritengo possa trattarsi dell’Ospedale Maggiore o Policlinico, sito nelle vie Commenda, San Barnaba e via Lamarmora. 

Comunque procediamo e troviamo il nostro uomo per la strada di San Barnaba e dell’Ospedale, e questo confermerebbe l’ipotesi su citata. Attraversò il Naviglio al ponte di legno, qui è il ramo del Naviglio della Martesana o Naviglio Piccolo, che entrava in città da porta Nuova, che è posta a Nord della città aprendo la strada per Monza, sottopassava i Bastioni, il luogo conosciuto come il Tombon de San Marc, dando origine appunto al laghetto di San Marco. Dunque, percorre il ponte di legno, e si porta probabilmente in via Francesco Sforza per poi entrare in via Laghetto, poi via Bergamini e portarsi in via San Clemente per raggiungere l’abitazione del fratello Demetrio. Non gli riuscì di trovare il fratello poiché si era recato alle Cascine Boazze. Queste si trovavano a pochi chilometri da Porta Romana, poco distante dal campanile di Chiaravalle.

Questo borgo è entrato a far parte di Milano nel 1923, anche se la storia di Chiaravalle risale al XII secolo. Procediamo oltre e vediamo che anche Cesarino si trova immerso nella grande baraonda in maschera di carnevale, precisamente nel crocevia tra il Campo Santo, il Corso V. Emanuele e Via Santa Redegonda. Il Campo Santo era una piazza, che oggi non esiste più, adiacente al Duomo, così come non esiste più la centrale termoelettrica, inaugurata nel 1883 e demolita nel 1926; una lapide commemorativa è affissa nella via. Oggi al suo posto troviamo il cinema Odeon.

La storia di Santa Redegonda è una vicenda interessante e che lascio ai volonterosi esaminare, io mi limito a dire che era regina dei Franchi, che si sposò contro la sua volontà e che si ritirò in convento divenendo monaca, prodigandosi per i più bisognosi. A un certo punto Cesarino alzò gli occhi posandoli su un balcone che stava sopra la pasticceria Baj. Questo negozio, si trovava in piazza Duomo angolo via Santa Redegonda, ed era piuttosto rinomata. Adesso, giunto a pagina 195 del libro, troviamo lord Cosmetico correre tra le viuzze del Zenzuino e del Pasquirolo, sbucando poi sul Corso Vittorio Emanuele. Oggi queste vie non ci sono più, ma all’epoca del racconto la via Pasquirolo era una piccola e buia via, dove, tra l’altro, si concentrava la prostituzione.

Oggi abbiamo la piazza C. Beccaria e Corso Europa, tuttavia la casa delle meretrici è anche oggi visibile, poiché si tratta del palazzo dei Vigili. La via o contrada del Zenzuino sorgeva sul fianco del vecchio Tribunale. Poco dopo, stanco del pellegrinare, si avvide che all’angolo di via Passarella, che congiunge il Corso V. Emanuele e la via C. Beccaria, era ancora aperto il caffè dell’Europa e vi entrò, ordinando un punch molto forte. Ricordo che i primissimi caffè erano aperti nella zona centrale della città, e molti erano divenuti luogo d’incontro per artisti e letterati.

Finalmente il nostro decise di far ritorno a casa e, con passo frettoloso, risale tutto il Corso V. Emanuele, riattraversa piazza Duomo e discende per la via Torino passando davanti alla chiesa di San Giorgio. Questa chiesa, detta San Giorgio al Palazzo, è di origine molto antica, fondata nel 740, e sorge sulle antiche vestigia del palazzo imperiale voluto dall’imperatore Diocleziano. La via Torino, via centrale e commerciale conosciuta da tutti i milanesi, assume questo nome dal 1859, mentre è nel 1881 che nella via transitano i primi tram. E finalmente arriva al Carrobbio, dov’è la sua abitazione. A questo punto le prossime pagine raccontano della triste fine di Cesarino Pianelli, mentre si aprono quelle che riguardano il fratello Demetrio.

Lo troviamo che di buon mattino si sta avviando a sentire la messa nella chiesa di Sant’Antonio, quando all’angolo con via San Clemente, incontra Ferruccio che gli comunica del suicidio di Cesarino. La via San Clemente è dedicata probabilmente a San Clemente I, Papa e martire, discepolo di San Paolo. La via fa angolo con via Santa Tecla e conduce in piazza Fontana passando davanti all’Arcivescovado. La chiesa di Sant’Antonio Abate si trovava nei pressi del complesso ospedaliero, nella zona del vecchio Brolo dell’arcivescovo. La chiesa è a una sola navata e oggi è considerato monumento nazionale.

In seguito ritroviamo Demetrio che segue la carrozza funebre tirata da un cavallo nero, che esce dalla porta dall’Ospedale Maggiore che dà sul Naviglio. L’ospedale in questione è il policlinico che, all’epoca, prevedeva la sepoltura all’interno delle sue mura, ma a un certo punto la situazione diventò intollerabile, per cui si decise di costruire un nuovo sepolcreto solo per i defunti dell’ospedale. Fu costruito un ponte, detto dell’Ospedale, per scavalcare il Naviglio interno – via F. Sforza – e quindi, seguendo le vie San Barnaba e Besana si arrivava direttamente sul luogo. Il nuovo cimitero prese il nome di Nuovi Sepolcri, ribattezzato però dal popolino il Foppone dell’ospedale.

Lasciamo questo triste momento per raccontare di quando il loro papà, per allattare Cesarino, fece arrivare appositamente una balia da Varallo Pombia. Questo è un comune sito nella provincia di Novara e solcato dal fiume Ticino. Si vede che a quell’epoca annoverava tra i suoi abitanti anche balie di un certo prestigio. Occupiamoci adesso di Arabella, uno dei figli di Cesarino, la quale prendeva qualche lezione di pianoforte dal maestro Bonfanti, organista nella parrocchia di San Sisto. La chiesa di San Sisto faceva parte delle parrocchie di Porta Ticinese. La via è quella che va da largo Carrobbio a piazza G. Massaia. Abbandoniamo la figlia per occuparci della signora Beatrice, moglie del Cesarino, che sta ricordando quando il marito la portava al teatro Dal Verme.

Il teatro sorge sulla via San Giovanni sul Muro, e fu voluto dalla nobile famiglia Dal Verme, e inaugurato nel settembre del 1872. Ha una capienza di 1436 posti. Demetrio lavorava in un ufficio posto nei pressi di via Zecca Vecchia, infatti, quella mattina presto dopo essere passato da Beatrice, percorse la via Torino, San Giorgio, Zecca Vecchia e uscì al Bocchetto ed entrò in ufficio. La via della Zecca potrebbe riferirsi proprio al fatto che in questa via fosse coniata moneta, infatti, era anche detta Moneta pubblica. Comunque lascio ai lettori compiere una ricerca più approfondita. Nell’uscire dalla via Zecca Vecchia Demetrio girava a sinistra in via Del Bollo e, sulla destra, ecco via Bocchetto.

A pagina 243 apprendiamo che Demetrio e il cugino Paolino, andavano spesso a pescare nei canali o negli stagni, poi riprendeva il treno a Rogoredo e rientrava in città. Rogoredo è un quartiere sito nella periferia di Milano, si trova a poca distanza dall’Abbazia e dal cimitero di Chiaravalle.

Cito alcune parole di una canzone di Jannacci che parla proprio di questa località, dice: “ Questa che sont dree a cuntav, l’è ona storia vera, de vun che l’è mai, sta bon de dì de no, i seren conossu visin a la Breda, lee l’era de Rogored e lu… el soo no”! Sappiamo che il Martini, altro personaggio del romanzo abitava in via Larga, in un modesto appartamento. La via Larga è da tutti i milanesi e non conosciutissima, non fosse altro perché vi risiedono gli uffici dell’anagrafe del Comune.

Troviamo ancora Demetrio tutto assorto nei suoi pensieri, tanto da urtare il muro della via, dirigersi verso piazza Beccaria. Il Beccaria, o per meglio dire Cesare Bonesana, marchese di Beccaria, fu un giurista, filosofo, economista e letterato italiano. Di lui si ricorda l’opera “ Dei delitti e delle pene”. Il cugino Paolino, che si trovava in città per un’importante commissione, traversò velocemente piazza Fontana raggiungendo porta Romana fino al locale delle Due Spade, dove riprese il suo cavallo. Quale via potrebbe aver preso per raggiungere il corso da piazza Fontana?

Potrebbe aver raggiunto piazza Santo Stefano, percorso la via Laghetto e trovarsi in via Sforza, e da lì raggiungere il corso; oppure via Sant’Antonio, largo Richini, piazza San Nazaro e il corso. In quanto all’osteria delle Due Spade, è possibile che il riferimento sia ai possedimenti della famiglia Crivelli, che in corso di Porta Romana al 53 possedevano un’osteria detta appunto delle Due Spade. Ritroviamo ancora Demetrio che, prima di salire al Carrobbio, si ferma in via delle Asole, dall’Albizzati, per acquistare alcune immagini col pizzo e un angelo di biscuit colla piletta dell’acqua santa per regalarlo alla nipotina.

La via delle Asole si trova tra la via Cardinale Federico, dietro la Pinacoteca Ambrosiana, e la piazza Santa Maria Beltrame. Molte pagine dopo troviamo la moglie del Melchisedecco che, per sfuggire al marito, si precipita giù per la via del pesce, poi su per i Visconti, indi ancora giù per San Satiro per svoltare in via dell’Unione.

La via del pesce era la via che oggi si può identificare con l’odierna via Paolo da Cannobbio. La via Visconti, oggi identificabile con la via Baracchini, collegava la via Cappellari con la via P. da Cannobbio. San Satiro è la chiesa di Santa Maria presso San Satiro, che si trova sulla via Torino. Ivi giunta imbocca la via dell’Unione, c’è anche una galleria Unione, che porta in Piazza Missori e da qui per altre vie. Molte Pagine dopo trovano Paolino che con parecchio denaro, libretti di banca e carte varie, si stava recando in contrada San Raffaello al numero 13.

Probabilmente una vecchia contrada nella Milano del tempo che non sono riuscito a identificare con il materiale che ho ora a disposizione, tuttavia suppongo che poteva trovarsi nei pressi dell’attuale Palazzo Marino, in quanto, nel romanzo, si parla della Banca Popolare. Fatto l’incombenza della banca, Paolino prosegue in carrozza passando il Dazio di Porta Romana, teniamo presente che tutte le porte della città erano custodite da un drappello di guardie daziarie, e giunge così presso il teatro Carcano, che sorgeva lungo lo stesso corso. Il cocchiere fermò subito dopo la carrozza davanti all’abitazione di un grosso negoziante di riso, il Vismara. Andando oltre, troviamo ancora Demetrio che si porta in via Velasca, nella casa dei bagni, per consegnare un braccialetto affidatogli da Beatrice.

Oggi troviamo piazza Velasca, la via non esiste più, comunque il riferimento della Torre, costruita nel 1958, è proprio dovuto alla preesistente via, che era dedicata al governatore e diplomatico spagnolo del 1600, Juan Fernandez de Velasco. Sulla citata “casa dei bagni” non sono riuscito, sempre con i modesti mezzi a mia disposizione, a trovare nulla, tuttavia se vi è un riferimento… Moltissime pagine dopo, siamo ormai quasi al termine del romanzo, troviamo il Melchisedecco Pardi al tavolo di gioco con le carte in mano e con una fortuna davvero sfacciata, tanto che il delegato Broglio, minaccia, scherzosamente, di chiamare le sue guardie che stazionavano in via Lanzone. Questa via si trova tra la piazza Sant’Ambrogio e la piazzetta San Josemaria Escrivà. L’Escrivà, il cui nome completo è Josemaria Julian Mariano Escrivà de Balaguer y Albàs, è il fondatore dell’Opus Dei, canonizzato nel 2002 da papa Giovanni Paolo II. Procediamo oltre e troviamo sempre il Pardi, sono le sette del mattino, che si sta recando al Carrobbio per incontrare la signora Beatrice, imboccando la via San Simone per sbucare nel crocevia del Carrobbio. La contrada di San Simone, e Giuda, è oggi divenuta via Cesare Correnti.

Tra l’altro la contrada ebbe anche a che fare con Giuseppe Verdi. Continuiamo con il Pardi che invia Cherubina, sua domestica, a recapitare una lettera a un certo avvocato Piazza, che abitava in via della Stella. Via che non ho identificato. Uscita la donna di servizio, il Pardi compì il misfatto al Ponte dei Fabbri, dove sorgeva l’abitazione dei coniugi Pardi, e la notizia si sparse per tutta la città. Il Ponte dei Fabbri era posto al termine dell’attuale via Cesare Correnti, dove una Pusterla era detta dei Fabbri, poiché ivi si svolgevano proprio queste mansioni. Il ponte, che precedeva la porta, era detto di San Girolamo.

Ecco ora giunto al termine del romanzo, dove troviamo Demetrio che, in treno, sta lasciando Milano per Grosseto. Prima di lasciarsi cullare dal dormiveglia, ecco la vista di San Donato e il riemergere di giovanili ricordi. San Donato è un comune posto sulla direttiva per Lodi. Dal 1880 al 1937 questo comune fu servito dalla tramvia interurbana Milano - Lodi.

Ecco terminato questa mia fatica, spero non annoi i lettori, ma sia di stimolo per conoscere meglio la nostra cara Milano.

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