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La rivoluzione di Giotto a Palazzo Reale

Palazzo Reale di Milano ospita un'altra grande mostra nell'ambito di Expo 2015, dedicata al padre fondatore dell'Arte italiana, Giotto.

mostra giotto litalia palazzo reale milano tiziana leopizziDi Giotto, il cui vero nome era Ambrogiotto di Bondone, si sa, per certo, ancora poco, e le notizie biografiche sulla sua vita ci sono arrivate da cronachisti, come Franco Sacchetti, ma anche da illustri poeti come Dante, i quali hanno anche raccontato aneddoti su di lui, come quello secondo cui la sua fama superò quella del maestro Cimabue.

La principale fonte biografica, però, resta Giorgio Vasari, con la sua Vita inserita nel più ampio (e ben noto) progetto biografico degli artisti che segnarono la Storia da fine '200 al XVI secolo. Da lui sappiamo che Giotto nacque tra il 1260 e il '70 e che morì nel 1337. Giotto lavorò a Firenze, ma anche a Roma, Rimini, Padova, Napoli e Milano.

Giotto può essere definito "il Dante della nostra Storia dell'Arte": fu colui che, per la prima volta, ancora nel Medioevo, cercò di superare il concetto spaziale bidimensionale per coglierne la terza, attraverso una costruzione prospettica non ancora scientifica ma, comunque, mediata dall'osservazione dal vero. Fu colui che, per la prima volta dopo le pitture di Pompei ed Ercolano, rappresentò la Natura in tutta la sua purezza e fu anche colui che fece dell'osservazione dal vero il suo punto di forza, rendendo quotidiano anche tutto ciò che era circondato dall'alone sacrale, come le scene religiose da lui dipinte e affrescate.

La mostra, curata da Pietro Petraroia e Serena Romano, ospita, fino al 10 gennaio 2016, una decina di opere, prevalentemente su tavola, del Maestro, le quali ben illustrano la rivoluzione giottesca in tutti i suoi elementi. Unica opera murale sono i frammenti di affreschi emersi sotto le pitture settecentesche della Badia di Firenze, molto vicini al periodo di Assisi, specie per gli elementi naturalistici e il gusto per una veduta "dal vero" già precursore del Rinascimento. Su tavola, Giotto diede sempre una prova tecnica e materica alla pari dei lavori ad affresco: spazio, Natura, Vita ed eternità si mescolano nelle sue figure religiose. La nuova concezione "prospettica" (che avrebbe affascinato, circa centocinquant'anni dopo, Piero della Francesca) è evidente nelle Madonne in trono, archetipi di quella grandiosa Maestà, oggi agli Uffizi, dipinta per la chiesa fiorentina di Ognissanti. I troni delle Madonne di Borgo San Lorenzo e di San Giorgio della Costa a Firenze sono costruiti secondo uno schema non più ieratico e frontale, ma tridimensionale, quindi più umano e più tangibile all'occhio del fedele, che, all'epoca, continuava a vedere le pale d'altare e gli affreschi come Biblia Pauperum.

03d.giotto polittico baroncellipart firenzesanta croce La novità spaziale si arricchisce della rappresentazione naturale nei polittici esposti: basti pensare al retro di quello concepito per la Cattedrale di Firenze (Santa Reparata, visto che l'attuale Duomo non era ancora stato iniziato) intorno al 1310. In questo caso, Giotto, fresco di rientro in città dopo le campagne decorative di Assisi e Padova, rappresentò un'Annunciazione in cui la Vergine, figura molto umana e non rassegnata alla sacralità dell'evento, sembra quasi respingere l'angelo Gabriele, e le due figure di Giovanni Battista e della Maddalena su un paesaggio roccioso memore della Predica agli uccelli assisiate. Una grande evoluzione, come si nota anche nell'altro grande polittico esposto in mostra, lo Stefaneschi. L'opera, per la prima volta dopo settecento anni, è uscita dalle mura del Vaticano per essere esposta a Milano.

Essa è stata commissionata dal cardinale Jacopo Stefaneschi nel 1320 come pala dell'altare maggiore della Basilica Vaticana, in occasione del secondo viaggio di Giotto a Roma, insieme al mosaico del portico (ora scomparso) e ad alcuni affreschi per lo più perduti in occasione dell'abbattimento dell'antica San Pietro nel '400 (un frammento è esposto in mostra). Se, nel polittico, il senso della proporzione tra Santi e uomini è ancora medievale, la concezione spaziale e decorativa è innovativa: San Pietro (figura insolita per uno scomparto centrale di polittico, ma Giotto, con ogni probabilità, dovette piegarsi alle esigenze della Curia) e Cristo sul retro siedono su troni non solo prospetticamente "costruiti" ma anche decorati con quei motivi cosmateschi tipici dell'ambiente romano-laziale, mentre, sotto il primo Papa, il cardinale Stefaneschi, inginocchiato, gli porge un modellino del polittico stesso. Si tratta di uno dei primi casi di Arte nell'Arte della Storia! Il retro ci conduce direttamente nella Roma del tempo, in cui, tra edifici che ricordano monumenti antichi (la piramide rievoca quella di Caio Cestio a Porta San Paolo), vengono raffigurati i martirii di Pietro e Paolo, emblemi supremi della potenza della Chiesa romana e del Cristianesimo. Giotto ne dà, però, una visione quotidiana, in cui astanti e gente comune osservano le scene e quasi si commuovono. Se, sul recto, la profusione d'oro dà ancora un senso bizantino di richiamo al passato, il verso è uno sprone per il futuro, e ai posteri, a imitare la Natura per cercare la Realtà.

Ormai, la scena dipinta da Giotto è un fondale naturale, una veduta vera, che di rado si riempie di figure umane, fino a colmare tutto lo spazio disponibile: l'eccezione avviene con il polittico Baroncelli, da Santa Croce a Firenze, dipinto da Giotto nel 1328 per l'omonima famiglia di banchieri. In questo caso, forse su impulso della Divina Commedia di Dante, per meglio rappresentare le sfere celesti di angeli e Santi che assistono all'Incoronazione della Vergine dello scomparto centrale innalzando le lodi, il maturo Maestro ha scelto un'impaginazione più "affollata". Si tratta, comunque, di uno strappo alla regola, forse anche su richiesta dei committenti, come prova l'opera conclusiva della mostra, il polittico che Giotto dipinse tra il 1330 e il '34 per la rocca di Dozza, presso Bologna, e poi trasferito nella chiesa di Santa Maria degli Angeli nel capoluogo: qui, si ritorna a una spartizione di grandiose figure di Santi in ogni scomparto su fondo oro, anche se lo spazio risente ancora della costruzione "prospettica", come prova il trono su cui è seduta la Vergine, molto vicino all'architettura di un altro grande dell'Arte del periodo, Arnolfo di Cambio.

Giotto, l'Italia

Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30 - 19.30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9.30 - 19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: Intero 12,00 euro; ridotto 10,00 euro

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