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Le meraviglie dell’antico Perù in mostra al MUDEC di Milano

Il Perù precolombiano e precedente l’arrivo, nel Nuovo Mondo, dei colonizzatori spagnoli è al centro della nuova mostra al MUDEC di Milano

20 04 21 larco 0557 c biancoIl Museo di Via Tortona, infatti, ospita un’esposizione che è a metà tra l’interattivo e la classica raccolta di reperti dedicati alle antiche civiltà andine che popolavano il Paese sudamericano prima del XV secolo. Dall’8 ottobre 2022 al 19 febbraio 2023, è possibile vedere da vicino, per la prima volta, moltissimi oggetti, circa centosettanta, ritrovati nelle campagne di scavo condotte sulle Ande, provenienti dal Museo Larco di Lima. La raccolta è stata curata da Ulla Holmquist, direttrice del museo peruviano, insieme all’archeologa Carole Fraresso. La mostra è promossa dal Comune di Milano insieme a 24Ore Cultura.

Come capita spesso nelle mostre del MUDEC, Archeologia ed Etnografia vanno di pari passo: infatti, in questa esposizione, che ci permette di esplorare circa tremila anni di storia del Perù, i reperti esposti sono sempre accompagnati da didascalie che, non solo, raccontano la genesi del soggetto rappresentato, ma ne esplicano anche il significato in relazione al valore folklorico e rituale che esso aveva presso gli antichi andini. Pertanto, ci muoviamo in un curioso viaggio nel tempo parallelo tra racconto didattico e valore etnografico.

La mostra si apre con un video immersivo, in cui ci troviamo catapultati sulle Ande, nel bel mezzo della loro biodiversità, in cui nacquero civiltà millenarie, come i Moche e gli Incas, che, per longevità, furono pari a quelle dell’antico Egitto. Il video è anche un’introduzione per comprendere il valore degli oggetti esposti che, prima di essere reperti archeologici, furono oggetti d’uso quotidiano per tutti quegli uomini e donne che vissero le loro epoche sulla Cordigliera. Giova sottolineare come le antiche civiltà andine fossero estremamente evolute sotto il piano tecnico, il che rese facile la loro longevità e la loro sopravvivenza su un territorio vasto e vario, esteso dalla costa del Pacifico fino agli altipiani e alla parte superiore del bacino del Rio delle Amazzoni: la loro civiltà, con i caratteristici usi, costumi e tradizioni, sopravvisse fino al 1572, quando gli spagnoli, forti di nuove armi come quelle da fuoco, fecero capitolare millenni di Storia. Forse la testimonianza migliore è proprio Macchu Picchu, la capitale dell’Impero inca, di costruzione relativamente recente (risale alla fine del’400) ma che, nella sua posizione dominante la foresta pluviale, è ancora una perfetta testimonianza della volontà di queste popolazioni di dominare e controllare la Natura, per farne un tutt’uno con la loro Cultura e le loro tradizioni.

Segue una parte dedicata a una prima serie di oggetti rituali e quotidiani in cui si specifica quanto gli antichi andini intendessero costruire una loro lingua concepita per immagini, dato che non ne possedevano una scritta. Gli oggetti sono la base di questa grammatica iconografica, sempre esaltante figure di dei ed eroi complementari al patrimonio naturale di cui erano circondati. Le storie della collettività erano rappresentate sul vasellame, spesso ritrovato come corredo funerario, su sculture in pietra grandiose, come steli, ma anche sui tessuti e sui monili. Si tratta di immagini simboliche raccolte, ed esposte, proprio in base al loro significato simbolico. E questi simboli venivano a sostituire quelli che, per altre civiltà, erano testi sacri oppure pietre miliari dei codici alla base della Giustizia.

Un’intera sezione è dedicata all’eroe simbolo della civiltà Moche, ovvero Ai Apaec. La sezione è introdotta da una maschera funeraria che ne raffigura le fattezze, con artigli di felino e ornamenti per le orecchie a forma di serpente. L’eroe, secondo la tradizione Moche, compì un viaggio attraverso mondi diversi, dopo aver addomesticato le forze della Natura ed essersi più volte trasformato, combattendo contro figure mostruose, fino alla sua ultima mutazione, che fu la sua stessa morte. Dopo essere rinato, Ai Apaec si sarebbe unito alla Madre Terra (Pachamama), per assicurare ai posteri risorse e prosperità. Questa sezione si configura come un percorso per immagini che unisce la figura dell’antico eroe con i miti e la simbologia dell’antico Perù, che, sotto alcuni aspetti, caratterizza, ancora oggi, l’immaginario culturale e misterico delle popolazioni andine del Paese sudamericano. Ai Apaec fu l’eroe che, secondo la tradizione, attraversò tutti e tre i Mondi previsti dalla Cosmologia, ovvero il Mondo di Sopra, dove vivono gli Dei, quello di Mezzo, in cui vivono gli uomini, gli animali e la Natura, e quello Basso, ovvero il sottoterra, i fondali dell’Oceano, ma anche una dimensione di oltretomba simile all’Averno di virgiliana memoria in cui vivono gli antenati

Un’altra sezione è dedicata ai rituali, compiuti anche da Ai Apaec, della Caccia e del Sacrificio, cardini della cosmologia andina, al fine di ingraziare gli Dei, omaggiare gli antenati e far proseguire i cicli naturali alla base della vita terrena. Secondo gli andini, era necessario dare per avere: quindi, compiendo sacrifici e portando offerte alle Divinità, il Mondo sarebbe proseguito con i suoi cicli naturali. La caccia e il sacrificio dei cervi assumevano valore particolare, in quanto venivano eseguiti dai membri eletti della società. Il vasellame esposto mostra come i sacrifici fossero riservati agli sciamani e a una cerchia di sacerdoti e nobili molto elitaria, motivo per cui tali culti venivano amministrati lontani dal pubblico, ma anche quello stato di allucinazione che caratterizzava alcuni sciamani durante il culto, come provato dal bellissimo esemplare di tamburo Nazca. Talvolta venivano eseguiti anche sacrifici umani, ma ciò era una rarità, e, in genere, per tale scopo, venivano uccisi prigionieri: una galleria riproduce l’atmosfera di un tempio in cui, dopo il sacrificio, il sangue della vittima veniva raccolto in coppe che i sacerdoti porgevano agli Dei.

Segue una parte dedicata al culto degli antenati, esemplificata da una serie di manichini su cui sono esposti preziosissimi monili d’oro, argento, rame e pietre preziose e con cui molti membri dell’alta società venivano seppelliti. Questi gioielli esemplificano perfettamente il culto per i predecessori che, nella loro ricchezza, esaltano l’incarnazione tra antenati e Dei, per fondersi in un culto unico, alla base della ritualità tradizionale Moche e Inca. I gioielli erano testimonianza del valore di questi uomini e donne nella vita terrena, ma anche di quello che potevano essere nell’oltretomba: essi rappresentavano le forze che rendevano possibile la vita sugli altipiani della Cordigliera, canalizzando, con oro e argento, i poteri degli Astri. E questi materiali preziosi non venivano scelti, come corredo funerario, solo per il valore “fisico”, ma anche per quello simbolico: nella loro tradizione, infatti, rappresentavano quei poteri divini che legittimavano l’azione dei potenti e dei governanti e consentivano di far proseguire la prosperità nel nome del bene comune, tanto che, quando gli antenati morivano, in virtù di questi preziosi indossati, divenivano esseri soprannaturali pari agli Dei.

La conclusione è affidata a una piccola raccolta di oggetti e a pannelli multimediali dedicati a Macchu Picchu, la città Inca eretta intorno al 1450 forse dall’imperatore Pachacutec, a circa 2400 metri d’altezza, e riscoperta nel 1911 dall’archeologo statunitense Hiram Bingham. Macchu Picchu era concepita come una fortezza inespugnabile, in quanto eretta su un costone di roccia, a dominio della foresta pluviale, e invisibile dal basso, in quanto protetta da due montagne sacre. La città è un complesso di circa duecento strutture in pietra, tra edifici sacri e abitazioni, e divenne, ai tempi, un centro religioso, astronomico e di ingegnosità tecnica simbolo dell’estremamente evoluta civiltà Inca. Disabitata dopo la conquista spagnola, la città cadde in stato di abbandono fino al 1911, quando Bingham la riscoprì, facendone rinascere l’antica struttura e trasformandola in quel paradiso archeologico e naturale che è ancora oggi, in quanto sito patrimonio UNESCO, all’interno di una riserva in cui proliferano specie protette di animali, piante e insetti.

Macchu Picchu e gli Imperi d’Oro del Perù
MUDEC, Via Tortona 56, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì-mercoledì-venerdì-domenica 9.30-19.30; giovedì-sabato 9.30-22.30
Biglietti: intero 16,50 €, ridotto 14,00 €
Info: mudec.it

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