Skip to main content

Luca Meda, libertà creativa e rigore progettuale in mostra alla Triennale

Un architetto e un designer di grande rilievo che, finalmente, trova spazio per una riscoperta nelle sale della Triennale di Milano.

meda

Luca Meda (1936-98) è stato uno dei grandi progettisti italiani del '900, ma anche un grande creativo, non solo architetto, ma anche disegnatore e caricaturista. Nato a Chiavari da famiglia milanese, Meda si mostrò sin da piccolo un genio creativo tanto bravo quanto irrequieto a livello comportamentale e insofferente a ogni regola. Fu il padre a iscriverlo al Liceo Artistico di Brera, convinto delle sue capacità, ma anche qui non terminò gli studi a causa della sua irrequietezza. Nel 1957, sempre il padre, amico dell'architetto Ernesto Nathan Rogers, su suo consiglio, lo iscrisse alla Scuola Superiore di Architettura di Ulm.

Qui iniziò la sua fortuna, fatta di forti implusi artistici e di attrazione per le forme dinamiche e funzionali, tradotte nelle sue architetture e nei suoi oggetti di design. Dai primi anni '60, lavorò con Marco Zanuso e, nel suo studio, conobbe l'amico e collega che lo accompagnò fino alla morte, Aldo Rossi. Con lui e altri due amici aprì uno studio in Corso di Porta Vigentina da cui uscirono i suoi capolavori progettuali, come le idee per la XIII Triennale, il Monumento ai Caduti della Resistenza di Brescia, il Centro Direzionale di Torino e la trasformazione interna di Palazzo della Pilotta a Parma, a cui la generazione degli anni '80 si rifarà ampiamente. La sua architettura ha sputo mescolare prassi progettuale canonica e design industriale in maniera sublime: non a caso, dal 1964, Meda lasciò l'architettura per dedicarsi al design industriale. Prima lavorò a Sesto San Giovanni, alla Marelli, per la quale realizzò oggetti elettromeccanici, come sveglie e televisori portatili, ma la sua fortuna nel design arrivò con l'incontro con l'imprenditore mobiliero brianzolo Angelo Molteni, il quale gli commissionò molti arredi d'interni e, soprattutto, da cucina, come tavoli, sedie e altro. Collaborò nello stesso settore anche con Bruno Longoni, maestro mobiliere di Cantù, e, poi, dal 1981, alla Girmi, dove si occupò di elettrodomestici, tra cui il suo capolavoro, la macchina "Caffè Concerto", passata poi sotto i brand Moulinex e Bialetti.

Visto il suo debito con l'istituzione, la Triennale ha deciso di dedicargli questa mostra, dall'8 maggio all'8 giugno 2014, curata da Nicola Braghieri, Rosa Chiesa, Serena Maffioletti e Sofia Meda. Nella sala del piano superiore, molto luminosa, con vista sulla Torre Branca, sono esposti cimeli dell'archivio Meda, oggi di proprietà dello IUAV di Venezia, che rappresentano tutta la sua carriera. Alle pareti si trovano planimetrie di edifici e progetti, usciti dallo studio di Porta Vigentina, ma ciò che più colpisce si trova nelle teche al centro della sala: schizzi architettonici, molto innovativi e dal taglio "futuribile" simile a quello di Sant'Elia, altro genio irrequieto come lui, insieme a scherzosi fogli disegnati o scritti insieme all'amico Aldo Rossi e a strordinari disegni originali che raffigurano donne. Si tratta di opere risalenti alla fine degli anni '50 e che abbracciano sia la categoria del nudo che quella del ritratto femminile erotico, tra cui spicca la stupenda ragazza in body che porta, in mano e sulla testa, vassoi carichi di portate succulente.

A ben guardare questi disegni, si nota una netta influenza delle contemporanee incisioni di Pablo Picasso sulla "Celestina" di Fernando de Rojas, specie per il dettaglio anatomico e il volto caricaturale.

Pin It