Moda etica e sostenibile, la storia di Ecologina
Intervista a Giada Cicala, creatrice del brand di moda etica e sostenibile ECOLOGINA.
Ciao Giada, ci racconti il tuo percorso nel mondo della Moda sostenibile?
Certo, sono qui per raccontarvi la mia avventura nel modo della moda: il mio percorso di studi inizia con una scuola professionale di moda a Milano, la mia città natale e prosegue con la Laurea in “Design e Moda” ad Urbino.
Di fondamentale importanza è stato il tirocinio universitario svolto a Londra presso “From Somewhere”, label di moda Upcycling e curatrice della parte etica della London Fashion Week.
E' stato fortemente stimolate, sono venuta a conoscenza di varie realtà della moda sostenibile, che in Italia nel 2008 era ancora molto difficile trovare.
Le ricerche per la mia tesi, che ho realizzato sulla moda sostenibile, mi hanno permesso di venire a conoscenza di come si fonda il sistema moda, dalle grandi catene d'abbigliamento ai brand dl lusso.
Ho scoperto quanto inquina l'industria moda, lo sfruttamento dei lavoratori, gli innumerevoli sprechi che genera, e così ho deciso di apportare un mio piccolo contributo ed nel 2010 è nata Ecologina.
Ecologina è un marchio di moda upcycling principalmente femminile, i materiali che utilizzo sono tessuti scartati da aziende tessili, di confezione o di taglio, quindi rimanenze, prove colore, tessuti con falli, piccoli metraggi.
Una piccola parte delle mie collezioni, di solito un modello a collezione invece è recycle, recupero diversi vestiti non più utilizzati dalla gente, dopo una selezione in base alla qualità ricavo il tessuto da questi e creo modelli pathwork.
Ecologina prevede due collezioni all'anno, primavera-estate ed autunno-inverno, ogni collezione ha circa 5 modelli che sviluppo in diverse varianti di tessuto e colore.
Lavorando con l'ucycling, i miei capi sono spesso pezzi unici o limitati e questo rappresenta un pregio ma anche un limite nel lavorare con i negozi.
Il mio lavoro è quindi quello di andare contro gli innumerevoli sprechi della moda, ho scelto la qualità piuttosto che la quantità.
Ho scelto una moda slow, i miei capi non cambiano drasticamente ogni stagione ma si evolvono, con un occhio di attenzione alle tendenze del momento ma sempre in stile Ecologina.
Mi occupo personalmente della progettazione e parte della produzione. Per l'altra parte collaboro con piccoli artigiani specializzati, per una realtà piccola come la mia non è semplice trovare dei collaboratori perché i minimi di commessa richiesta sono troppo elevati e la caratteristica di avere una moltitudine di varianti di colore e tessuti delle stesso modello mette in crisi anche i piccoli laboratori di confezione.
Per quanto riguarda la vendita avviene tramite dei negozi orientati sull'artigianato made in italy e sulle tematiche green.In parte avviene on-line, non attraverso il classico e-commerce ma attraverso i social, tra cui Facebook, dove ho la possibilità di avere un contatto diretto col cliente, di scambiare quel paio di messaggi fondamentali per concludere la vendita.
In passato ho fatto anche parecchie fiere, alcune orientate sull'artigianato ed altre sulle tematiche green, tra cui “So critical, so fashion”, “Fa la cosa giusta”, “By hand”, “L'artigiano in fiera”.
L'anno scorso ho avuto l'opportunità di partecipare al “Progetto Manifattura” a Rovereto, in Trentino, ho intrapreso così un percorso di un anno incentrato sul sviluppare una cultura imprenditoriale del quale io ero decisamente carente.
Questa esperienza è stata utile per comprendere la direzione che io voglio far prendere ad Ecologina.
Analizzando accuratamente la mia attività, anche a livello economico ho avuto chiaro il quadro della mia situazione, i miei limiti e le mie prospettive future.
Ho capito che se puntavo ad ingrandirmi ed espandermi Ecologina si sarebbe snaturata e i valori nel quale io credevo sarebbero venuti meno.
Ho capito che voglio portare avanti Ecologina, che è una piccola realtà artigianale che punta sulla qualità, sul rispetto dell'ambiente e delle persone.
Ho compreso che la giusta dimensione era quella di un laboratorio-negozio, un laboratorio aperto al pubblico dove avviene il contatto diretto con le persone.
In una situazione di crisi, di armadi traboccanti di vestiti, di concorrenza a tutti i livelli solo la riscoperta dell'artigianato vero può fare la differenza, le persone si affascinano nel vedere la cura e l'amore che un artigiano ci mette quando crea, si riscopre il valore delle cose.
E' così, sicuramente non per caso, ho incontrato il “Social Store”, una realtà appena nata nel centro di Trento, dedicata all'artigianato made in Italy, uno spazio dove giovani artigiani possono esporre, vendere ed anche avere il proprio laboratorio.
Da luglio faccio parte di questa nuova realtà, di questo spazio vivo e pieno di fermento creativo e sono sempre più convinta che questa sia la giusta direzione.
Le persone si illuminano quando mi vedono cucire, si crea una relazione ed un confronto e posso così andare incontro alle esigenze del cliente, modificando o personalizzandolo il capo in tempo reale e questo è una reciproca soddisfazione.