Mito e Natura, a Palazzo Reale l'arte classica è protagonista
Expo 2015 non poteva rinunciare a una delle eccellenze italiane, come l'Arte classica, greca, ellenistica e romana.
Questo il senso della grande mostra che si terrà nelle sale di Palazzo Reale di Milano, dal 31 luglio 2015 al 10 gennaio 2016, intitolata Mito e natura. Dalla Grecia a Pompei. Si tratta di un percorso di circa 180 opere, suddivise in sei sezioni, mirante a spiegare il passaggio dall'elemento rituale a quello naturale, e naturalistico, fino al suo sconfinamento nel realismo che ha portato alla nascita, nell'età antica, del paesaggio che oggi conosciamo e che, spesso, ci viene propinato come scoperta del Rinascimento. In fondo, i fiamminghi e i fiorentini, due cardini fondamentali della Rinascita artistica e culturale del '400, non hanno scoperto nulla, ma solo ripreso, e approfondito, quei concetti tipici, come la limpidezza delle vedute, della pittura murale romana e pompeiana.
L'antico, in questo caso, è estremamente moderno: la mostra, infatti, intende evidenziare proprio la rappresentazione della Natura nei suoi vari aspetti, nel mondo classico, ma anche l'azione umana sulla Natura stessa e sull'ambiente, partendo da riferimenti letterari come la Teogonia di Esiodo, gli scritti di Plutarco, il De rerum natura di Lucrezio e la Naturalis historia di Plinio il Giovane.
Curata da Gemma Sena Chiesa e Angela Pontrandolfo, la mostra mette, quindi, in evidenza un aspetto nascosto della classicità, e lo fa egregiamente grazie a prestiti illustri, soprattutto dal Sud Italia (musei archeologici di Napoli, Taranto, Palermo e altre città), che rendono ragione della ricchezza artistica e culturale del Meridione.
Il progetto espositivo, tra l'altro, è anche patrocinato dall'Università di Salerno, dal Museo Archeologico di Napoli e dalla Sopritendenza speciale di Pompei ed Ercolano. Non mancano anche opere dal Nord Italia, da Atene, Vienna e dal Louvre.
L'ordinamento è sia cronologico, dall'VIII secolo a.C. al II d.C., che tematico. Prevalenti sono le opere provenienti dalla Magna Grecia, e di produzione meridionale, e quelle romane, con un particolare focus sull'area vesuviana comprendente Pompei, Ercolano, Stabia e Neapolis (l'odierna Napoli).
Nella prima sezione, preceduta dalla stupenda statua ellenistica di Trittolemo, da Santa Maria Capua Vetere, si ammirano raffigurazioni di natura selvaggia e incontaminata, pura e semplice: predominante è la pittura vascolare di maestri meridionali sicuramente istruiti da greci, con scene marine monumentali e inquietanti, in cui il mare è l'elemento quotidiano con cui l'uomo deve sempre avere a che fare per vivere e campare, ma anche quello mitico-rituale, in cui si muovono divinità ed eroi. La prova è data dai vasi di Montesarchio, nel Sannio beneventano, e dai piatti con raffigurazioni ittiche di manifattura pugliese, tutti del IV secolo a.C.
Il rapporto uomo-ambiente diviene, talvolta, più rituale e simbolico, come perfettamente espresso nella seconda sezione, in cui troneggia la meravigliosa Lastra tombale del Tuffatore, proveniente dal Museo di Paestum, del V secolo a.C., in cui un uomo sembra tuffarsi (da qui il nome della Tomba) nell'indefinito e nell'incredibile che, probabilmente, era l'Ade. Notevoli sono anche i vasi appuli e greci del V-IV secolo, in cui dei ed eroi si muovono in una scena costruita prospetticamente (si veda il tempio di Delfi dipinto su un cratere da Ruvo di Puglia).
Segue una celebrazione dell'Abbondanza e del Cibo, tema legato a quello di Expo, attraverso le figure di Trittolemo, Demetra e Dioniso, espressa nelle tavole votive calabresi del IV secolo a.C., da Locri e nei vasi greci provenienti da Taranto.
Successivamente, la rappresentazione della Natura si fa ornamentale, spettacolare e lussureggiante, con tocchi scenografici e di illusione ottica: è questo il senso della quarta sezione, imperniata sulla raffigurazione di giardini magici, simili a quello delle Esperidi o ai Campi Elisi, che evocano la rinascita umana post-mortem in quel mondo incantato tipico di Dei ed eroi. Spiccano, in questa sezione, vasi pugliesi e campani del IV secolo a.C, le cui figurazioni si tramandano fino all'epoca romana, presente con un Vaso Blu, dipinto e istoriato come un cammeo a Pompei nel I secolo d.C., ma anche con corone dorate e con rilievi del I a.C., come quello Grimani, da Vienna, con pecore al pascolo nella campagna laziale.
Il capolavoro, però, è la decorazione ad affresco della Casa del Bracciale d'Oro di Pompei, del 30-35 d.C., in cui una vegetazione lussureggiante e quasi fotografata, sullo sfondo di un cielo azzurro limpido e di maschere tragiche e comiche appese alla cornice, ospita uccelli e animali in totale libertà: si tratta dell'unico esemplare di pittura pompeiana integralmente presente in mostra.
La quinta sezione è dedicata alla nascita del paesaggio tra l'età ellenistica e quella romana, come logico seguito delle scoperte naturalistiche dei secoli precedenti. Ora la Natura comincia a essere indagata in un senso più scientifico e interiore, meno obiettivo e pedagogico rispetto al passato. Il punto di svolta si ebbe a Verghina, in Macedonia, dove, nella tomba del re Filippo II, padre di Alessandro, venne dipinta una scena di caccia sullo sfondo di un paesaggio definito da reali elementi naturali, uniti da un senso di realismo, prospettiva (ancora solo abbozzata) e chiaroscuro.
Di questa lezione hanno tenuto conto i decoratori delle domus romane e vesuviane, che si sono ispirati ai paesaggi ellenistici e ai loro idilli bucolici per riempire i vasti spazi dietro alle figure dipinte sui muri. Tutto ciò è provato dalla monumentale decorazione di una casa romana con episodi della vita di Ulisse, opera del I secolo d.C., oggi ai musei Vaticani, destinata a una committenza di alto bordo ma non aristocratica, con un paesaggio ricco di elementi vegetali e animali, ma anche dagli affreschi mitologici di case Pompeiane in cui il monocromo aumenta la sensazione di pathos, o dal rilievo di Celano.
Conclude la mostra una sezione dedicata alla natura morta, altro genere inventato nella prima età imperiale e non nel Tardo Cinquecento. Se in età post-tridentina, essa identificava la caducità della vita e un ammonimento a non cadere nei vizi e nella lussuria, per gli antichi, la natura morta era raffigurazione di un dono che il padrone di casa faceva all'ospite: non è un caso che si tratti in prevalenza di xenia (doni per ospiti, dal greco) provenienti da Pompei, come il Gallo esposto. Erano doni che venivano solo mostrati nelle stanze destinate agli ospiti, sotto forma di affreschi con finte cornici raffiguranti selvaggina, frutta o verdura.
Come appendice, nell'ultima sala, sono state esposte tre Nature Morte di Filippo De Pisis, il pittore ferrarese che, meglio di altri, nel XX secolo, riprese gli xenia pompeiani per le sue composizioni a olio di fiori e frutta.
Dietro Palazzo Reale, nei pressi dell'ingresso su Via Pecorari, Orticola ha ricreato un viridarium tipico delle case romane e vesuviane, in cui sono ospitate piante in uso duemila anni fa e di cui hanno parlato grandi storici e scrittori di età imperiale.
Mito e Natura. Dalla Grecia a Pompei
Dal 31 luglio 2015 al 10 gennaio 2016
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30-22.30
Biglietti: 12 euro intero; 10 euro ridotto; 6 euro ridotto speciale