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Van Gogh e le sue fonti culturali in mostra a Milano

Di Vincent Van Gogh conosciamo tutti (o quasi) i dipinti, lo stile inconfondibile e la resa della luce che fanno, di lui, un artista veramente unico e il pilastro di un’epoca, la fine del XIX secolo, segnata dalla nascita delle prime avanguardie.

Vincent Van Gogh, Veduta di Saintes-Maries-de-la-Mer, 1888, Otterlo, Kroller-Muller Museum

Vincent Van Gogh, Veduta di Saintes-Maries-de-la-Mer, 1888, Otterlo, Kroller-Muller Museum

Van Gogh, però, è stato un artista anche estremamente colto, tanto da subire influenze molteplici dalle fonti artistiche e letterarie del passato e (soprattutto) della sua contemporaneità. Questo è il nucleo della mostra ospitata al MUDEC di Milano, intitolata, non a caso, Vincent Van Gogh. Pittore colto. Dal 21 settembre 2023 al 28 gennaio 2024, nelle sale del museo di Via Tortona, è possibile scorrere le tappe della breve, ma intensa, vita del pittore olandese attraverso una serie di sue opere, tutte provenienti dal Kroller-Müller Museum di Otterlo. Questa istituzione, situata all’interno di un bellissimo parco, non molto lontano da Arnhem e dal confine con la Germania, è famosa per ospitare il più grande corpus di tele di Van Gogh dopo quello del museo, a lui dedicato, di Amsterdam. Curata da Francesco Poli e prodotta da 24Ore Cultura, in collaborazione con il Comune di Milano, che l’ha promossa, la mostra intende abbattere i luoghi comuni su un Van Gogh che, ai più, pare osservatore diretto della Natura. Uno stereotipo. L’artista olandese era estremamente legato al dibattuto culturale del suo tempo e molteplici erano le fonti che lo hanno influenzato.

Vincent è stato un accanito lettore e un grande collezionista di stampe, e tutto ciò ha influenzato la sua produzione, insieme, certo, al lavoro all’aperto e all’osservazione diretta delle fonti luminose e cromatiche della Natura, e ciò lo rende diverso da quanto credono i più di fronte a un suo quadro. Molti osservatori spontanei lo credono quasi naif, ma non è così. Questo stereotipo si può superare visitando la mostra che ha la caratteristica particolare di accostare le circa quaranta opere del maestro olandese alle fonti a cui lui attinse, ovvero stampe, libri illustrati e testi letterari. Il percorso di mostra è un sentiero contemporaneamente tematico e cronologico che parte dagli esordi, quando il giovane Vincent raggiunge la zona mineraria del Borinage per svolgere attività di predicatore evangelico. Qui, l’artista studia, in linea con la dimensione sociale della sua missione, l’opera del pittore realista francese Jean-François Millet e, nello stesso tempo, legge opere di analogo tema, come La Capanna dello zio Tom di Harriet Beecher-Stowe, che denuncia lo schiavismo nel Sud degli Stati Uniti: da qui, nascono le sue prime prove di taglio realista e di denuncia dello sfruttamento della manodopera, come Le portatrici del fardello. Negli anni successivi, Van Gogh gira tra L’Aia e Nuenen, coltivando il sogno di diventare illustratore e leggendo Zola e Dickens: testimonianza di questo periodo è I mangiatori di patate, suo capolavoro segnato sicuramente dalla lettura dello scrittore inglese e definito dalla crudezza del buio che domina la scena dei contadini alle prese con la loro cena.

Dal 1886 all’88, Van Gogh è a Parigi, dove entra a contatto con il vivacissimo ambiente culturale della capitale francese. Sono gli anni dell’Impressionismo e del Puntinismo contrapposti ai pittori accademici: in questi anni troviamo, nella Ville Lumiere, tra gli altri, Monet, Manet, Degas, Signac e Seurat, oltre a uno stuolo di artisti stranieri come i nostri Zandomeneghi e De Nittis, in cui si muove anche Vincent Van Gogh. Grazie all’adorato fratello Theo, Vincent entra in contatto con l’universo delle gallerie e, improvvisamente, il chiaroscuro dei primi anni scompare in nome di un’adesione all’osservazione diretta della luce e dei colori, con una tavolozza che diventa chiara e brillante, dovuta all’intenso lavoro all’aria aperta condotto, spesso, con i suoi amici pittori, tra cui Toulouse-Lautrec e Signac. E anche la sua tecnica, a pennellate rapide e intense, inizia a essere influenzata dagli artisti del suo tempo. Di questa fase, spicca il fantastico Autoritratto del 1887, vibrante per le pennellate che rendono luci e colori. In quegli anni, Parigi non era solo Impressionismo contro Accademia, ma anche il centro della moda del Giapponismo. L’interesse per il Sol Levante, per Van Gogh così come per altri artisti, da fenomeno evasivo e di tendenza, diventa questione di stile. L’artista, grazie ai suoi rapporti con i galleristi, entra in contatto con le stampe giapponesi, tra cui quelle dei grandi maestri nipponici Hiroshige, Hokusai e Utamaro. Per Van Gogh si tratta di un qualcosa che fa scaturire, in lui, un flusso creativo enorme, forse il più intenso della sua vita, da cui sono nate opere immortali come il ritratto di Pére Tanguy. A riprova di questo interesse, accanto alle opere di Otterlo, sono esposte quindici stampe giapponesi collocabili tra il ‘600 e l’800, provenienti dal più noto museo di Arte nipponica in Italia, il Chiossone di Genova. Il Giappone è il punto di svolta della produzione di Van Gogh, che, da quel momento, inizia a lavorare sulla tela con intensi tratti di nero che segnano i contorni degli oggetti e delle figure rappresentate, esattamente come nelle opere grafiche che lui stesso colleziona, e tale elemento resta fino alle sue ultime prove.

Alla ricerca di una luce più intensa, diretta e genuina di quella fredda del Nord e di Parigi, Van Gogh muove verso Sud, in direzione Provenza. Dal 1888 è ad Arles, nel delta del Rodano, dove ha la possibilità di studiare da vicino la fonte luminosa, attraverso un massiccio lavoro all’aria aperta. Quelli di Arles sono anni di intensa frequentazione con gli amici artisti, tra cui spicca Paul Gauguin, ma anche dei primi problemi di squilibrio mentale, che lo portano a tagliarsi un orecchio dopo una lite proprio con Gauguin e al ricovero nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy. Il periodo provenzale di Van Gogh è segnato da una vera e propria liberazione della luce e del colore dagli schemi precedenti, in nome di un intenso naturalismo. Ritorna, nel suo periodo ad Arles, anche l’interesse per il Giappone, tanto da fargli affermare che la Provenza fosse il suo Sol Levante, per la sua Natura selvaggia e incontaminata, oltre che per luci e colori smaglianti. Vincent, ad Arles, continua ad attingere al repertorio nipponico, anche grazie alle copie della rivista Le Japon artistique, edita a Parigi proprio nel 1888, ricevute dal fratello Theo. Nascono, così, alcune delle opere in mostra, come la veduta di Saintes-Maries-de-la-Mer o Salici al tramonto, paesaggio intensamente evocativo, oppure ancora il ritratto di Joseph-Michel Ginoux, messo a confronto con due stampe giapponesi raffiguranti attori del teatro tradizionale kabuki che, sicuramente, hanno influenzato il pittore olandese.

La parte finale della mostra è dedicata agli ultimi due anni della sua vita. Nell’ospedale psichiatrico in cui è ricoverato, Vincent ha a disposizione una stanza tutta sua per poter dipingere. Il pittore alterna momenti di crisi ad altri di lucidità, in cui raffigura scene di paesaggio (in particolar modo il giardino dell’ospedale) e scene notturne in cui è evidente l’osservazione diretta di grandi maestri del passato come Rembrandt e Delacroix. Ritornano anche le grandi letture che, segnano, insieme alla Pittura, le sue lunghe giornate in ospedale: in questo periodo, infatti, rilegge Shakespeare e rimane affascinato dai suoi drammi. Le sue ultime opere, però, come Il burrone o Paesaggio con covoni e luna che sorge, sono di nuovo profondamente influenzate dalle stampe giapponesi di Hiroshige e Hokusai. Non si tratta di un confronto puntuale tra le opere, visti i differenti soggetti, quanto, piuttosto, un’interiorizzazione del modello nipponico, ormai divenuto questione di stile e di identificazione, piuttosto che pura evasione.

Vincent Van Gogh. Pittore colto
MUDEC, Via Tortona 56, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: Intero 16,00 €, ridotto 14,00 €
Info: www.mudec.it

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