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Mi voleva Strehler con Maurizio Micheli. Quarant'anni di sogni nel ristrutturato Teatro Gerolamo

mi voleva strehlerIn Piazza Beccaria, proprio alle spalle del Duomo, è da pochi mesi stato restituito alle serate dei milanesi il piccolo Teatro Gerolamo. Un teatro-bomboniera considerato non a torto una Scala in miniatura, costruito nel 1868 utilizzando il materiale di scarto della Galleria Vittorio Emanuele, di coeva edificazione e affidata alla medesima impresa. 

Concepito come teatro per gli spettacoli di marionette, nella sua variegata storia segnata da due chiusure, l'ultima delle quali perdurante dal 1983, il Gerolamo ha visto calcare le sue tavole personaggi quali Copi, Franca Valeri, Jannacci, Fo, Gaber, Mazzarella. Solo per dirne alcuni.

Proprio qui debuttò ormai quarant'anni fa Mi voleva Strehler, riuscitissimo one man show scritto a quattro mani da Umberto Simonetta e Maurizio Micheli, e interpretato da quest'ultimo con la regia di Luca Sandri

Mi voleva Strehler è uno scoppiettante spettacolo in cui si ride (tanto) ma con garbo e intelligenza, grazie soprattutto alla versatile comicità di Micheli.

Fabio Aldoresi, scalcinato attore che sogna la grande occasione per avere successo e soprattutto riconoscimento sociale, si barcamena guadagnado il pane tra umilianti esibizioni in un cabaret-ristorante, di cui condivide il palco con artisti bestiali e ignoranti, degni rappresentanti della sub-cultura imperante anche tra il disprezzato pubblico (poco più che cafoni mangiatori di maccheroncini), e quelle che in gergo si chiamano marchette teatrali: pubblicità e comparsate che sviliscono lo studio del personaggio in cui qualsiasi attore che voglia fregiarsi di tale nome ama crogiolarsi. Ma tant'è. L'importante è essere attori dentro, e attendere la buona occasione per distinguersi. Che arriverà. Nientemeno che col Maestro per antonomasia: un'audizione con Giorgio Strehler in persona. Bisogna presentarsi al meglio. Ma come?

Da questo pretesto drammaturgico si sviluppa uno spettacolo che alterna la dinamica del soliloquio (e ben si adatta a questa confessione la dimensione intima del Teatro Gerolamo ) alla narrazione della propria vita. Una vita in viaggio, tra la natia Livorno, la Puglia delle prime esperienze teatrali, la Francia delle scoperte e la Milano di chi cerca fortuna.

Gli attori, si sa, sono dei vasi. Pronti ad accogliere parole, suoni ed esperienze, a farli propri e a riversarli alla prima occasione. Ecco allora che la lingua diventa dialetto, il ritmo musica e le frasi si confondono con le battute di celebri spettacoli. Nella massima naturalezza. Minimizzare, non enfatizzare. Questa è la regola.

Lo spettacolo ha quarant'anni. Il peso dei personaggi citati e l'atmosfera nella quale ci immerge immagino fossero ben più riconoscibili per il pubblico medio del 1978 e sicuramente ben più graffianti gli aspetti caricaturali. Eppure lo spettacolo funziona ancora. Per motivi anagrafici io all'epoca non lo vidi, ma oggi mi sono divertita sinceramente nel veder scorrere buona parte della storia teatrale del Novecento, dalla riproposizione del teatro elisabettiano a quello didascalico brechtiano, dalle avanguardie del Living Theatre agli oltraggi di Carmelo Bene, dal teatro puramente fisico al cabaret milanese. Si badi bene, non si tratta di divertimento intellettualistico. È il divertimento che accompagna un mondo che prende vita. Micheli è bravissimo e misurato, inoltre assieme al personaggio di Aldoresi ci è cresciuto. Quella capacità di riconoscimento della realtà sociale e culturale dell'epoca che forse oggi può risultare opaca per un giovane spettatore è ampiamente compensata dalla costruzione di un nuovo piano: un mondo di sogni in cui le foto dell'aitante Alain Delon e di Cary Grant accanto a questo ormai maturo aspirante attore inevitabilmente ingialliscono e illuminano la perseveranza di Fabio Aldoresi. Del resto, cosa serve per essere un attore di successo? Prestanza fisica, un bel nome che "suoni bene" e rimanga impresso, tanta fortuna... Aldoresi non ha nulla di tutto ciò. Ha solo un sogno. E un'occasione con Giorgio Strehler.

La maschera si chiuderà a buio sull'infinita frustrazione dei mediocri ricacciati nel proprio grottesco quotidiano, ma a me piace pensare che da lì possa iniziare una nuova riflessione sulla dialettica tra ciò che consideriamo colto e ciò che è popolare.

Mi voleva Strehler è una produzione Teatro Franco Parenti e sarà in scena a Teatro Gerolamo fino all'11 marzo

Viviana Gariboldi

Teatro Gerolamo

Piazza Cesare Beccaria 8, Milano

dal 9 all'11 marzo

prezzi: da 6 a 34 euro

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