Diritto all'oblio nell'era del web
Siamo nell'era dei media, ormai è chiaro. Informazioni, informazioni, informazioni. Velocità, news, sono argomenti che tutti i giorni ci troviamo nella nostra, senza nemmeno chiederci il perché: il mondo sta girando velocemente, e le tecnologie sono avanzate in modo incredibile, tanto da far urlare al miracolo più di una persona.
Proprio di questo argomento ieri, il 19 di Dicembre, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore si è svolto un convegno su un diritto di cui molti non conoscono nemmeno l'esistenza, e che oggi più che mai rischia di essere calpestato: il diritto all'oblio.
Noi siamo andati a seguire per voi questo evento, che ha visto partecipare personalità di spicco come il direttore del tg2 Marcello Masi, e il vice presidente dell'autorità Garante per la protezione dei diritti personali Augusta Iannini. Continuate a leggere, perché ciò che ho sentito e che oggi vi riporto è parecchio interessante e potrebbe evitarvi qualche grattacapo in futuro.
Partiamo da delle piccole precisazioni in generale anche per chi, come me prima della conferenza, non conosceva molto di linguaggio dei media. Oggi non esiste più un termine preciso che possa rispecchiare il significato della parola "media": questo perché essi hanno avuto, negli ultimi 20 anni una sviluppo capillare davvero notevole. Questi strumenti oggi non sono più evidenti come una volta (dove vi erano i canali televisivi e poco più) e sono stati per così dire "naturalizzati", ossia assorbiti in modo totale all'interno della società.
Questi quindi, negli anni, hanno visto anche un cambiamento del proprio scopo: essi sono divenuti dei "medium" ossia dei piccoli strumenti che servono esclusivamente a raccogliere informazioni di qualunque genere. A loro volta in questo modo vengono generati dai medium degli enormi flussi di dati (chiamati "big data") che portano montagne di informazioni sui gusti, e, molto spesso, la vita e gli interessi degli utenti. La sfida odierna dei grandi programmatori e esperti di linguaggio dei media è quella di organizzare questi flussi di dati, permettendone una lettura chiara e semplice dell'utenza. Ovviamente questi dati anno anche scopi di marketing, e guidano moltissime aziende verso una strada di pubblicizzazione e promulgazione del loro prodotto verso le nuove masse.
Da sempre tuttavia l'uomo si è posto il problema del ricordare, che con questi nuovi strumenti sembra definitivamente scacciato: per 2500 anni grandi menti di tutti i paesi si sono interrogati sull'importanza di mantenere le informazioni che venivano raccolti dagli individui, e oggi possiamo dire con facilità che la rete non dimentica. E chi vuol essere dimenticato invece? Negli ultimi decenni del 1900 ha cominciato a farsi strada una nuova forma di pensiero, che vedeva più importante invece il dimenticare certi fatti o esperienze piuttosto che ricordarle: per esempio basti pensare a un programma che sta prendendo forma negli Stati Uniti, di un farmaco che vorrebbe far dimenticare ai soldati tutte le proprie esperienze sul campo di battaglia evitando tutta quella serie di disturbi psicologici di cui soffrono i reduci di guerra. Quindi oggi, in un flusso continuo di informazioni che schizzano ovunque quasi senza controllo, l'importanza del diritto all'oblio è ancora più importante.
Il diritto all'oblio, per chi non lo sapesse, è garantito sia dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo che dalla meno famosa Carta della Lombardia del 2012 (chiamata anche Carta di Milano); a questo si deve aggiungere che attualmente è in sede di lavorazione presso il parlamento europeo una riforma della disciplina dei diritti alla privacy, che però non sarà realizzata prima del 2015. Proprio il diritto all'oblio sarebbe una declinazione del diritto alla privacy, visto come il diritto ad essere dimenticato, a non essere soggetto a influenze rispetto ad informazioni ormai vecchie e non più utili alla comunità. Ovviamente le interpretazioni su questa formulazione sono molteplici, ma questo diritto si adatta molto bene all situazione odierna, dove il diritto all'oblio potrebbe essere letto come una possibilità di riprendere la propria immagine di sè, frutto di uno sdoppiamento inconscio che ci deriva dalla nostra vita vera e molto spesso da una vita virtuale, basata su informazioni magari false e pregiudizievoli.
Il concetto di "reputazione" è importantissimo oggi sia per le persone che per le aziende, che possono vedersi negare degli investimenti o altro solo perché in passato hanno avuto dei guai. Ma vediamo la situazione molto più banalmente: perché un individuo deve subire ancora le conseguenze di un atto per cui ha già scontato la pena? Sulla rete le informazioni non decadono mai, nemmeno quando la pena è stata scontata, e quel tal nome rimarrà sempre macchiato e, quel che è peggio, quella macchia potrà essere richiamata in qualunque momento attraverso semplicemente un paio di clic.
Quindi come possiamo esercitare il nostro diritto all'oblio? Il nostro legislatore va in senso contrario rispetto a quanto sancito presso la Corte di Strasburgo: la notizia che ancora lede la persona deve essere cancellata, mentre per la corte europea essa va ratificata (ossia modificata con i nuovi sviluppi, e se viene cancellata può essere fonte di reato). Su questo punto il dibattito si è acceso durante il convegno, dove da una parte Masi ha sottolineato come sia impossibile cancellare la storia, mentre dall'altra parte la Iannini ha sostenuto che è necessaria la cancellazione di tutti questi dati "spazzatura". Queste due opinioni rispecchiano le interpretazioni del problema che vanno per la maggiore, ma la vera domanda a mio modesto parere è: come si fa a cancellare un'informazione dalla rete completamente? Anche se si "deindicizza" una notizia dal sito sorgente, nella rete si sono formate nel frattempo decine di nuovi collegamenti che porteranno sempre a quella notizia, vanificando lo sforzo di cancellazione fatto fino a quel momento.
Alla fine di questo lungo discorso, una cosa mi è sembrata comunque ovvia aldilà di ogni ragionevole dubbio: oggi si parla sempre di più dell'espansione della cosiddetta "giungla della rete", ossia un luogo dove viaggiano informazioni ad una velocità esagerata, che però molto spesso non sono adeguatamente verificate. Il consiglio quindi, quando fruite e pubblicate sulla rete, è uno solo: responsabilità. Teniamo sempre presente che ogni dato che immettiamo nella rete è fruibile da chiunque, quindi sarebbe bene verificare le informazioni che si possiedono prima di sbandierarle ai quattro venti, e soprattutto di riflettere bene se quell'informazione è utile per chi la dovesse osservare oppure no. Ricordatevelo, perché un giorno, se non usate questa attenzione, potreste venire ricordati non molto piacevolmente dai posteri.