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Il Bullismo a scuola è una vera emergenza: intervista al psicoterapeuta Federico Sasso

bullismo scuolaDa una parte dei ragazzi che vogliono predominare sui propri coetanei, mentre dall'altra parte ragazzini  costretti a subire  tante   intimidazioni ed  umiliazioni.

I fenomeni di bullismo nella scuola sono aumentati vertiginosamente, tanto da spingere  le istituzioni  a formulare iniziative e progetti per garantire una maggiore attenzione sulla prevenzione di  un fenomeno molto delicato che può indurre gravi conseguenze soprattutto sugli adolescenti.

Tempo fa un caso in  provincia di Napoli, dove  un ragazzino di quattordici anni dopo aver subito da parte dei compagni degli atti di bullismo, provando  grande sofferenza ha deciso  di  togliersi la vita.

Tante sono le domande che docenti, educatori, psicologi, genitori e tanti altri specialisti si chiedono per riuscire a supportare tanti giovani  in un periodo della propria  vita così difficile, come l'adolescenza.

Il Dottor Federico Sasso è un  psicoterapeuta che ogni giorno si trova a supportare ed aiutare tanti studenti in un momento della vita in cui necessitano di grande attenzione.

Dottor Sasso, ultimamente il fenomeno del bullismo ha avuto un aumento vertiginoso soprattutto a scuola.

Come considererebbe il bullismo all'interno di una scuola e perché è successo tutto questo?

Il bullismo spesso è lo specchio della società in cui viviamo, dove i meccanismi legati allo stare insieme vengono sovvertiti dalla legge della sopravvivenza e apparenza. In particolare, la scuola ultimamente ha perso la sua funzione sociale educativa e non viene più riconosciuta nemmeno dai genitori come tale. Questo comporta che spesso insegnanti, genitori, addetti scolastici sono loro i primi “bulli”, ovvero sembrano quasi giustificare certi comportamenti a causa della difficoltà a mantenere il controllo sulle relazioni.

Ili bullismo è una relazione di abuso di potere in cui avvengono dei comportamenti di prepotenza in modo ripetuto e continuato nel tempo, tra ragazzi non di pari forza, dove chi subisce non è in grado di difendersi da solo. Ciò avviene, spesso dove i ragazzi si incontrano e per questo anche la scuola è spesso coinvolta in questi episodi terribili.

Oggi viviamo in una società legata tantissimo alla tecnologia, si parla spesso anche di cyberbullismo. Che cos'è questo nuovo fenomeno e quanto sono a rischio gli adolescenti?

Il fenomeno parla di un inappropriato utilizzo della rete da parte dei ragazzi, realizzato fuori dal controllo degli adulti, con cui principalmente gli adolescenti si scambiano contenuti violenti, denigratori, discriminatori, rivolti a coetanei considerati diversi per aspetto fisico, abbigliamento, orientamento sessuale, classe sociale o perché stranieri. Il pericolo principale deriva dall'utilizzo facile della rete da parte di tutti e dall'effetto “palla di neve”, ovvero le offese verso una persona diventano facilmente un fenomeno di massa, causando forte disagio in chi le subisce. Gli adolescenti sono a rischio anche perché non essendo padroni al cento per cento del mezzo “rete” e non avendo ancora una personalità sviluppata al cento per cento, diventano facilmente vittime, anche semplicemente imitando il bullo di turno.

Secondo lei il periodo pandemico ha potuto aumentare questo fenomeno?

Il periodo pandemico nella sua tragicità ha contribuito sicuramente a rendere meno forti i ragazzini, che non hanno avuto la possibilità di un confronto reale nel mondo, si sono ritrovati completamente spiazzati al ritorno nel reale. Inoltre l'utilizzo smodato della rete e dei social network ha trasformato il bullismo classico, in un bullismo più sottile e facilmente espansibile: il cyberbullismo! Ma da quello che vedo tutti i giorni nel mio lavoro, sono anche cosciente che i nostri ragazzi hanno tante risorse che basta indirizzare meglio, per poter creare una società migliore di quella che stiamo attualmente vivendo.

Tempo fa in  provincia di Napoli un ragazzino dopo aver subito degli atti di bullismo si è tolto la vita. Che ne pensa di quello che è successo e quali sono secondo lei le conseguenze per  un ragazzo viene bullizzato?

Innanzitutto una giovane vita spezzata è sempre una tragedia su cui dovrebbe riflettere tutta la comunità. Dovremmo assumerci le colpe di qualcosa che è andato storto per fare in modo che certe cose accadono sempre con meno frequenza. Le conseguenze su un ragazzo che viene bullizzato sono molteplici e dipendono da molti fattori. Sicuramente il primo sentimento che si sviluppa è una sorta di impotenza e senso di colpa: perché a me? Questo porta a non vedere possibilità d'uscita, soprattutto se il fenomeno dura per molto tempo e si crea un isolamento nei confronti della vittima. Inoltre spesso è l'incapacità da parte degli adulti vicini a cogliere i segni di disagio o la lontananza percepita dai ragazzi nel potersi aprire verso le figure di riferimento. Ovviamente tutto ciò non può che trovare soluzione nell'annullarsi completamente e non vedere altra soluzione se non lo sparire.

Cosa manca oggi ai ragazzi per riuscire a prevenire questo fenomeno e soprattutto cosa possono fare i più grandi?

Ai ragazzi, come dico sempre a genitori disperati, non manca nulla... il difficile è indirizzarli sulla giusta strada nel modo più giusto. Per prevenire, o meglio ridurre al minimo questo fenomeno, servirebbe lavorare sul senso di appartenenza alla comunità, sull'aiutare genitori e figure di riferimento a cogliere segnali predittivi delle vittime o dei bulli. Si, purtroppo a mio avviso anche i bulli sono in fondo delle vittime che andrebbero aiutati. Spesso vivono profonde solitudini o malessere che non viene ascoltato. I grandi possono tornare a credere in loro stessi e nei loro ragazzi, trovare il tempo per ascoltarli ed accompagnarli nella crescita. Mi piace riportare un bellissimo lavoro fatto da me, qualche anno fa,  in una scuola dei “quartieri spagnoli” a Napoli, dove era evidente che gli adulti impegnati in cose per così dire non esattamente legali, non avevano tempo per i loro figli, che si ritrovavano a dover fare i bulli per non soccombere in una comunità per loro “sbagliata”. Dove anche lo studiare era visto come debolezza... questo è l'esempio più lampante per fare capire ai grandi che devono veramente entrare in contatto con i ragazzi e dare loro opportunità diverse.

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