ISIS e Stato Islamico: di cosa si tratta, in parole "povere"
Le notizie sul gruppo terroristico che sta facendo tremare il Medio Oriente e non solo, sono spesso poco chiare, e talvolta anche contraddittorie. Dunque è difficile tracciarne un profilo e capirne identità, scopi e obiettivi.
Partiamo dalle origini.
Nonostante se ne senta parlare solo da qualche mese, il gruppo ha le sue fondamenta nel 2004 con un nome che non suona troppo familiare alle nostre orecchie: Jama 'at ak-Tawhid wa'al-Jihad (Organizzazione del Monoteismo e del Jihad), probabilmente nato, tra le altre cose, in risposta agli interventi militari in Iraq da parte del Governo americano, allora guidato da George W. Bush.
I legami con Al-Qaeda, movimento terroristico storicamente capitanato da Osama Bin Laden, sono evidenti fin dall'inizio - tant'è che l'organizzazione viene poi comunemente chiamata ed è conosciuta come Al-Qaeda in Iraq.
Nel 2006 viene fondato il Dawlat al-'Iraq al-Islamiyya (Stato Islamico dell'Iraq, noto come ISI), prima sotto la leadership dell'emiro Abu Omar Al-Baghdadi e poi, alla sua presunta (e discussa) morte nel 2010, sotto quella del più conosciuto Abu Bakr Al-Baghdadi.
Gli ultimi cambiamenti risalgono al 2013, anno in cui l'espansione in Siria trasforma l'ISI in ISIL o ISIS (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, che include dunque la Siria).
Sempre nel 2013 Al-Qaeda disconosce ufficialmente l'ISIL e considera suo "braccio destro", sul fronte siriano, l'organizzazione Al Nusra. Al Zawahiri infatti, nuovo leader di Al-Qaeda dopo la morte di Bin Laden, si è detto contrario alla ferocia e ad alcune mosse violente da parte da parte di ISIL e Al-Baghdadi (che suona un po' come "il bue che dà del cornuto all'asino!).
Arrivando poi finalmente alla storia più recente e agli ultimi mesi, in cui l'ISIL è diventato, il 29 giugno 2014, soltato IS, ovvero Stato Islamico.
E raggiungendo, dunque, uno dei più grandi obiettivi di sempre: dare vita ad un vero e proprio stato sunnita, capeggiato da un califfo (nel nostro caso Al-Baghdadi) considerato non solo un governatore ma il successore di Maometto, guida sia politica che spirituale dell'intera comunità islamica.
Lo scopo del gruppo terroristico non è solo quello di difendere i propri territori e di opporsi al dominio occidentale, ma di annientare gli infedeli. Dunque gli sciiti, in primo luogo.
E per quanto riguarda l'eterna lotta tra sciiti e sunniti, che ha origini molto antiche, si può dire che certamente il governo di Nouri Al-Maliki, di fede sciita, non abbia particolarmente favorito la minoranza irachena dei sunniti, nei confronti dei quali si è dimostrato in più occasioni poco aperto, facendo crescere ulteriormente una certa rabbia nei sunniti iracheni. Rabbia che probabilmente si è tramutata in quelle azioni di puro terrorismo che oggi più o meno tutti conosciamo.
Nel mirino dei fanatici jihadisti ci sono anche i cristiani e gli yazidi, che praticano un culto religioso sincretistico diffuso soprattutto nel nord dell'Iraq.
Secondo l'interpretazione più che radicale dei principi religiosi islamici, l'IS mira alla purificazione del mondo islamico, raggiungibile anche (o soprattutto?) promuovendo la violenza e cercando di allargare il territorio del califfato, al di là dei confini iracheni e siriani, andando a includere tutto il Levante.
L'espansione dello Stato Islamico - tra i più noti episodi cito la conquista di Mossul in Iraq, il 25 luglio 2014 - è accompagnata e resa possibile da atti criminali che fanno "rabbrividire" persino Al-Qaeda, nei confronti di chi professa una religione diversa.
Non sono rari i casi di decapitazione, crocifissione ed esecuzioni di massa, in stile più medievale che contemporaneo. Se va bene, gli "infedeli" hanno risparmiata la vita, sono costretti all'esilio o al pagamento di grossi riscatti.
La presa di città importanti da parte dei terroristi ha fatto suonare una grande campana d'allarme nell'Occidente, che ha iniziato a fare qualche calcolo e a stimare la presenza di circa 10.000 reclute disposte a grandi sacrifici per lo Stato Islamico.
Non mancano, tra le file di combattenti, occidentali convertiti al Jihad, che secondo alcuni giornali stranieri sarebbero oltre 3.000.
Ma perché tutto questo appeal, anche nei confronti di giovani occidentali neo-musulmani?
Il movimento terrorista è estremamente rivoluzionario, soprattutto nel campo della comunicazione e delle nuove tecnologie utilizzate per la diffusione delle proprie idee. Lo Stato Islamico fa largo uso dei principali social network diffusi in tutto il mondo, su tutti Twitter.
Nel 2014 l'ancora ISIS ha fondato l'Al Hayat Media Center, canale di comunicazione molto importante per la propaganda mediatica in territorio occidentale (il materiale pubblicato è in inglese, francese, tedesco e russo).
Come si può dedurre anche dai video delle esecuzioni degli inviati e dei cooperanti americani e britannici, i "nuovi terroristi" sono anche esperti videomaker. Forse così esperti che, come alcuni sostengono, gli esecuzioni dei malcapitati occidentali sarebbero dei fotomontaggi.
Altro punto di forza decisivo dello Stato Islamico è l'enorme ricchezza di cui esso dispone; corre voce che con la presa di Mossul i terroristi abbiano sottratto 429 milioni di dollari presso la Banca Centrale della città, a cui si aggiunge un numero non ben definito di lingotti d'oro.
Altre importanti fonti di guadagno sono le estorsioni, i sequestri - e ne sappiamo qualcosa - e attività illecite di contrabbando. E non basta: lo scorso febbraio l'allora ISIS si è impadronito delle riserve di gas di Conoco, a Deir El-Zor (Siria).
A questo si aggiungono le donazioni private provenienti dagli stati del Golfo (Qatar e Arabia Saudita), almeno secondo quanto hanno sostenuto il primo ministro iraniano e quello iracheno - senza però fornire prove sufficienti.
Insomma, il gruppo terroristico più ricco al mondo pare sia padrone di circa 2 miliardi di dollari.
Inutile parlare poi di armi: lo Stato Islamico possiede un arsenale ben fornito. Questo grazie o a causa delle razzie di armi avvenute soprattutto durante la guerra civile siriana e la guerriglia irachena.
E signore e signori, poiché l'allarmismo non è mai troppo, i terroristi hanno rubato, con l'entrata a Mossul, del materiale nucleare presso l'università, anche se l'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) sostiene che la quantità di cui gli estremisti sono in possesso non sia sufficiente per la fabbricazione di alcuna arma nucleare.
E questo, all'incirca, è quanto.
Ci sono poi teorie molto diverse, di chi soprattutto sostiene che l'ISIS / ISI / IS sia uno sporco prodotto degli USA. A sostegno di questa teoria ci sarebbero diverse prove, tra cui la non chiara identità del neo-califfo Al-Baghdadi, di cui si sa poco (giusto la data di nascita e poc'altro), e di cui si posseggono poche fotografie. In una di queste, passata poco sotto l'occhio di stampa e media, si vede John McCain, senatore repubblicano ed ex candidato alla Casa Bianca, che discute con il califfo islamico. O almeno, così pare.
A questi sospetti, grandi o piccoli che siano, si aggiungono le armi con cui lo Stato Islamico procede alla conquista dei territori del Levante, di provenienza in parte americana, e le voci di chi sostiene che l'ISIS sia stato addestrato dagli stessi militari statunitensi in Giordania nel 2012.
E perché tutto questo? Per "meri" motivi di politca estera, che spingono gli americani ad avere grandi interessi nei territori in questione, e che in questo modo li autorizza ad essere lì.
Com'è, come non è, è difficile a dirsi.
Ai posteri, probabilmente, l'ardua sentenza.
Clara Cappelletti