La condizione femminile nella cultura islamica e la sua compatibilità con le leggi europee
La cultura occidentale vede sovente nella donna islamica una persona condizionata nell'esercizio della propria libertà, quindi un soggetto giuridicamente non libero, in aperta contraddizione con i principi costituzionalmente garantiti ai suoi consociati. Percezione giusta o sbagliata? Parrebbe proprio che la condizione della donna nella cultura islamica sia determinata da motivazioni religiose che troppo spesso si prestano in maniera strumentale ad una interpretazione in chiave maschilista rispetto al ruolo riconosciutole nell'ambito familiare e sociale, essendo subordinata all'ideologia diffusa dell’uomo concepito quale soggetto dominante.
Sono molti i passi del Corano che fanno riferimento al ruolo femminile , e che sono variamente utilizzati ad uso e consumo di una predominanza maschile, presuntamente invocata da Allah.
Se ne citano in questa sede solo alcuni fra i principali:
- la disparità di trattamento tra i sessi su cui si fonda il diritto ereditario (Sura delle donne, IV, v. 19);
- il diritto alla poligamia riconosciuto all'uomo (Sura "delle donne", versetto 3);
- l’obbligo imposto alle donne affinché abbassino lo sguardo e “custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle” agli uomini che non appartengano alla famiglia (Sura "della Luce", versetto 31);
- l’abitudine femminile di indossare il velo, pur non espressamente prevista come “obbligo” nel Corano, ma in qualche modo interpretata come necessaria dal testo del versetto 59 della sura “delle fazioni alleate” il quale recita: “Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si coprano dei loro mantelli” (intendendo per “mantelli” quei veli che, coprendo la testa, scendono fino ai piedi);
- un paradiso che (secondo un paio di hadit per fortuna non ritenuti autorevoli) riserverebbe agli uomini ben 72 vergini (Sura “del Misericordioso”), nel segno di una volontà di dominazione maschile, che non solo troverebbe pretestuosa giustificazione ed autoreferenzialità nel corso della vita terrena, ma si estenderebbe ineluttabilmente anche dopo la morte, in danno di donne “vergini” sacrificabili sull'altare di una divinità che prometterebbe di offrirle in premio al maschio dell’oltretomba sacrificatosi per il proprio Dio.
C’è da precisare che, per buona sorte di tante donne, la gran parte dei mussulmani non riconosce un valore dogmatico alle suddette interpretazioni, le quali comunque - per il solo fatto di essere passivamente accettate da taluni, senza che ciò susciti la riprovazione pubblica di chi invece non le condivide - di per sé tradiscono una serpeggiante mentalità sessista prevalente presso certi gruppi sociali. Al delineato e confusionario contesto, all’interno del quale sembra quasi che ciascuno possa interpretare i testi sacri a suo piacimento, possono aggiungersi una moltitudine di usi e costumi, vigenti nei diversi Paesi islamici, e variamente lesivi della parità di genere, a seconda del livello di tolleranza o di integralismo religioso dei luoghi cui si fa riferimento.
Tra le norme di convivenza applicate presso diverse comunità islamiche in riferimento al genere femminile ci sarebbe quella secondo la quale la donna è tenuta a vivere sotto l’autorità paterna fino a che si trova nella sua famiglia d’origine, mentre passa sotto l’autorità del marito nel momento in cui si sposa. A questa tipologia di “tutela” sfuggirebbe incredibilmente la donna nubile in età non più giovane, la quale può decidere autonomamente del suo destino (forse in considerazione del fatto che ormai non è più in grado di contrastare il potere dell’uomo in quanto maschio!). L’amaro commento è che almeno costei, dopo una vita segnata dal predominio maschile, sia pure un po’ troppo tardi, possa assaporare l’ebbrezza della libertà, sempre che nel frattempo non incorra – neppure inconsapevolmente - in qualcuna delle innumerevoli violazioni previste specificamente a carico delle donne (nel quale caso potrebbero prodursi conseguenze gravi e imprevedibili).
La questione che, dunque, necessariamente deve porsi all'attenzione delle attuali politiche di immigrazione e sicurezza è che, se ci sono persone appartenenti a culture diverse dalla nostra - le quali non trovano punti di condivisione con la parità di genere su cui si fondano le leggi europee - potrebbero risultare illusorie le prospettive di effettiva integrazione di tanti stranieri extracomunitari (avvezzi ad una sistematica quanto impunita sopraffazione delle donne) con i popoli stanziali del Vecchio Continente. Tanto premesso, alla luce dei recenti fatti di Capodanno che hanno visto il verificarsi nelle piazze di Colonia, Amburgo, Zurigo - ed altre città europee - di autentici quanto insopportabili “abusi di massa” da parte di migliaia di Arabi e Nordafricani in danno di centinaia di donne nelle piazze, ci si domanda quali siano i nuovi criteri giuridici, etici e di polizia ai quali gli Stati dovranno conformarsi d’ora in poi per la gestione efficiente ed il pieno controllo della sicurezza e dell’ordine pubblico. L’Europa dia finalmente ai suoi cittadini una risposta degna di credito!
Mirella Elisa Scotellaro