Sperimentazione Animale: perché è necessaria
Andiamo a toccare un argomento che negli ultimi tempi ha suscitato parecchi malumori e dissensi, scatenando un dibattito molto aspro tra la due parti che si affrontano su questo terreno: animalisti e ricercatori. Dalle premesse avrete sicuramente capito che oggi ci occupiamo di sperimentazione sugli animali.
L'avvertimento che do, come sempre ai nostri lettori, è che noi di Milanofree non vogliamo essere portatori della verità e non abbiamo la presunzione di imporre un'opinione ad un nostro fan; vogliamo semplicemente, attraverso il nostro punto di vista, stimolare un dibattito civile e ordinato, senza intaccare la serietà di nessuno e lasciando la libertà di parola a tutti, seppur rimanendo nei toni appropriati.
Insomma, quello che scrivo oggi non è una verità assoluta, ma un'interpretazione del problema per spingere le persone a riflettere su ciò che le circonda e cercare le risposte attraverso un'informazione genuina elaborata dalla propria testa, e non attraverso le parole di altri. Per questo motivo, prossimamente tratterò l'argomento anche dalla parte di chi la pensa in maniera diversa, in questo caso gli animalisti. Oggi tuttavia ci occupiamo del perché la sperimentazione animale dovrebbe essere applicata, con le dovute precauzioni, e non abolita come vogliono molti.
Cominciamo a sfatare dei luoghi comuni. Sembrerà ovvio a dirsi, ma le parole "sperimentazione" e "vivisezione" non sono la stessa cosa. Il secondo termine indica uno dei possibili metodi di sperimentazione, che in particolare prevede l'asportazione di tessuti da cavie vive, ovviamente con l'ausilio di anestesia totale o parziale. La parola "sperimentazione" invece racchiude tutta una serie di tecniche molto complicate, che servono soprattutto in molti ambiti della ricerca. Questa specificazione sembra giusta da fare perché, troppo spesso, si leggono sui giornali queste due categorie che vengono utilizzate senza differenze, quando invece così non è. Altro luogo comune da sfatare è dal punto di vista della legge: i test cosmetici e la vivisezione, in determinati ambiti, sono vietati. Specialmente i primi nominati sono illegali in moltissimi casi, ed è suonato strano in questi giorni sentire spesso che queste procedure siano inutili (ovvio che lo sono, ma non è un problema visto che non dovrebbero essere messe in atto). Cerchiamo ora di addentrarci più a fondo nell'argomento.
La comunità scientifica di fronte al problema della sperimentazione ha seguito per la maggior parte un unico pensiero: essa è necessaria e insostituibile. Inutile negare che sono stati infiniti i progressi conseguiti nel passato grazie ai test sugli animali: basti solo pensare agli esperimenti effettuati sulla Drosophila melanogaster (il moscerino della frutta, tanto per capirci), che viene tutt'oggi utilizzata come organismo base nella biologia e in particolare della genetica, e ci ha permesso di studiare malattie neuro-degenerative come il Morbo di Parkinson e altre. Questo animale è definito "organismo modello", dato che il patrimonio genetico dell'uomo e del moscerino sono abbastanza simili. Ma non solo, perché se questa notizia vi ha sconvolto, eccovene un'altra: il topo e l'uomo hanno un genoma praticamente identico (e ci sono molti altri animali che hanno caratteristiche genetiche simili alle nostre). Ecco perché molti farmaci vengono testati prima sugli animali per determinare una scrematura generale prima di effettuare i test sull'uomo. Ma andiamo con calma, e vediamo a grandi linee l'iter di un farmaco.
La prima fase è definita fase della "progettazione": questa parte è abbastanza intuitiva, e consiste nella costruzione del farmaco da un punto di vista strutturale, un po' come costruire un palazzo. A seguire vi sono i test "preclinici", ossia quelli effettuati prima su dei tessuti "in vitro". Solo quando si è verificato che la molecola creata (il principio attivo del nostro medicinale diciamo) ha potenzialmente degli effetti terapeutici, allora si passa alla sperimentazione "in vivo", cioè sugli animali. A questa fase "preclinica" ne segue una "clinica", che vede testati i suoi effetti sull'uomo. Questa si compone di altre 3/4 fasi, che noi non analizzeremo perché non eseguite sugli animali.
Ora gli animalisti si pongono un problema molto semplice: è possibile equiparare un animale ad un uomo?
Diciamo che, in linea di massima, non siamo proprio dei grossi topi (che peraltro si differenziano in più di 70 specie diverse), ma è anche vero che i test sugli animali sono necessari per prevenire effetti molto dannosi anche per l'uomo.
Facciamo un esempio: abbiamo una molecola da testare, che ha passato il controllo "in vitro".
Esso tuttavia non è sufficiente perché un tessuto, umano o animale che sia, analizzato fuori dal suo contesto biologico non simula esaurientemente gli effetti che quella sostanza avrebbe su una persona, che ha all'interno processi ben più complicati di uno strato di cellule su un vetrino.
Quindi, io come faccio a sapere se quel farmaco, che non ha magari distrutto un certo tessuto, non andrebbe a distruggermi il fegato lasciando intatti i restanti tessuti e parti?
Qualcuno potrebbe rispondere che basta prelevare il campione di tessuto di un fegato ed eseguire i test.
Ragionamento giusto, ma troppo semplice: infatti, gli organi e i tessuti manifestano tutti i loro comportamenti solamente se inseriti all'interno dei processi che coinvolgono tutti i sistemi formati dai tessuti stessi (testare sul tessuto di un braccio in cui non scorre sangue è diverso dal farlo su uno dove scorre).
Così. se voglio avere la conferma che quel farmaco non mi faccia venire un infarto, dovrò prima testare se lo provoca in un sistema complesso come può essere quello del topo, che mangia e digerisce come noi, per esempio.
Solo in questo modo si potranno evitare degli effetti dannosi e "scremare" una grande quantità di sostanze.
A questo punto, il test sull'uomo sarà meno pericoloso, e magari manifesterà solo qualche effetto collaterale, ma non danni ingenti come avrebbe potuto fare se non testato su un sistema complesso.
Ora che le idee sono più chiare, cerchiamo di dare qualche risposta in più: sono possibili dei metodi alternativi che diano gli stessi risultati di quelli ottenuti con la sperimentazione animale?
Purtroppo la risposta al giorno d'oggi sembra essere no. La sperimentazione sui soli tessuti non sembra essere sufficiente, se non nella branca della tossicologia.
Un metodo alternativo valido esisterebbe in realtà, ma è troppo arretrato per poter essere utilizzato: stiamo parlando in pratica di super-computer in grado di ricostruire le condizioni presenti nei sistemi complessi e di incrociare questi dati con le sostanze contenute all'interno dei farmaci. Attualmente, tuttavia, non esistono apparecchi così elaborati, e avremo bisogno di ulteriore tempo per affinare questo sistema.
L'alternativa concreta sarebbe passare direttamente ai test clinici, ossia quelli sull'uomo, ma le controindicazioni sono due: 1) bisogna riuscire ad escludere qualunque "imprevisto" e nella sperimentazione è molto difficile (in caso contrario, ci scapperebbe il morto, e non sembra proprio il caso); 2) i test clinici vanno effettuati quando esistono già tonnellate di informazioni tali da escludere complicazioni troppo gravi; da questo punto di vista sarebbe anche difficile reperire persone disposte a fare da cavia e i più poveri o più disperati sarebbero i primi a farne le spese.
In più è necessario fare un piccolo accenno giuridico sull'argomento: nel 2010 l'Europa ha emanato una direttiva (la n. 63) che aveva ad oggetto proprio questi argomenti. Essa prevedeva in pratica maggiori controlli per effettuare le sperimentazioni sugli animali (attraverso maggiori autorizzazioni), maggiore applicazione dei metodi alternativi fin dove è possibile, divieto di utilizzare gli animali randagi o di catturare animali in natura per utilizzarli nella sperimentazione. L'Italia, come al solito, è rimasta indietro: non ha ancora adottato la direttiva (una misura che ha bisogno di essere "adattata" all'ordinamento del paese, con un intervento del legislatore nazionale) inducendo così Bruxelles a denunciare il ritardo presso la Corte Europea per farci multare ( si parla di 150.000 euro per ogni giorno di ritardo).
Quindi per favore, sia che siate pro o contro la sperimentazione, decidetevi, altrimenti ci rimettiamo tutti. Prossimamente avremo, come già preannunciato, un pezzo a difesa delle ragioni degli animalisti, quindi restate con noi e dite la vostra sull'argomento.
Andrea Lino