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Lo Hobbit: recensione del primo film della trilogia

lo hobbitIn settimana mi sono recato al cinema per gustarmi un bel film, Lo Hobbit, per essere più preciso, il primo della trilogia. Il regista è Peter Jackson, creativo neozelandese che ha girato anche il Signore degli Anelli. Il film, o meglio, i film sono tratti dal racconto di J.R.R. Tolkien.

Il protagonista principale del film è l’hobbit Bilbo Baggins, che racconta il suo coinvolgimento in un’avventura del tutto inattesa. Senza questa prima avventura dell’hobbit, non ci sarebbe stato il proseguimento con il Signore degli Anelli.

Il film, come il libro, è pieno di magia, di segreti, di mistero, e di personaggi che, per i cultori del genere fantasy, sono familiari, come Gandalf, Gollum, nani, elfi, draghi e molti altri. Molti ritengono che i racconti di Tolkien siano favole per bambini, tuttavia un esame più approfondito porta a riconsiderare questa semplificazione.

Probabilmente l’animo dell’autore è capace di guardare alla realtà con occhi di un bambino, ma il contenuto è invece molto più profondo e carico di significati. È indubbio che le fonti principali siano quelle antiche epiche del Nord Europa, dai poemi anglosassoni, dalla mitologia scandinava, che tra l’altro ha fornito all’autore molti nomi dei personaggi.

A mio avviso il lungometraggio va visto più di una volta per capire e assimilare i messaggi che l’autore vuole trasmettere allo spettatore o al lettore. I simboli presenti nel racconto e nella pellicola sono molteplici, e per leggerli e collocarli nel loro giusto significato è necessario esaminare singoli elementi e spezzoni per poter poi formare il puzzle finale. Nella fiaba, definiamola pure così, non si può non rilevare alcune grandi questioni che, da sempre, coinvolge l’umanità tutta. La prima questione è l’eterna lotta tra il Bene e il Male, quest’ultimo sempre più fragoroso, agitato, inquieto, feroce, sanguinario, rispetto al Bene che, in apparenza, pare più remissivo, più debole, più silenzioso, ma che in realtà provoca nel male una reazione che lo porta inevitabilmente alla sconfitta. Nel film s’intuisce bene la capacità seduttiva del male-maligno, e la debolezza dell’uomo che, se non incoraggiato, aiutato dalla grazia – qui evidenziata negli atti di magia – finirebbe per soccombere.

Non per nulla, è così nelle fiabe come nella realtà, sono i semplici coloro che spesso riescono nelle imprese più difficili, e l’hobbit non si sottrae a questa verità; manifestazioni che troviamo anche nelle apparizioni Mariane, ad esempio in quella di Lourdes la Madonna si è avvalsa di tre innocenti bambini, che agli occhi della gente sono i più indifesi, i più semplici, i meno indicati per condurre questioni importanti, e invece tutti sappiamo com’è andata la storia.

Queste due realtà, il Bene e il Male, nel film sono ben evidenziate, come si evince che non è possibile restare neutrali, si deve scegliere da che partelo hobbit stare, e chi sceglie di non scegliere, mi si conceda il gioco di parole, finisce con l’essere coinvolto da una parte o dall’altra, suo malgrado. Se riflettiamo, attentamente, è così anche nella quotidianità dell’esistenza, ogni giorno facciamo comunque le nostre personali scelte che condizionano il nostro modo di essere in primis, e di riflesso con chi condivide il nostro vivere. Altre virtù che nel film sono evidenziate sono l’amicizia, un’amicizia non precostituita e quasi innata, ma che si edifica giorno per giorno, condividendo insieme successi e insuccessi, il riposo e le fatiche; nella pellicola questo senso dell’amicizia che nasce e si consolida è qualcosa di veramente palpabile. Un’altra virtù esercitata dalla compagnia, è quella legata alla speranza, intesa non come qualcosa che forse avverrà, ma a un sentimento più profondo, che tiene vincolati a credere che l’impresa è possibile nonostante tutto perché c’è qualcosa, o meglio, Qualcuno che guida i tuoi passi e tiene ben saldo il capo della corda cui sei attaccato. Così come si percepisce la nobile virtù della fedeltà, che attinge alla stessa radice di fede e fiducia; la volontà di essere fedeli alla propria scelta, nella buona e nella cattiva sorte, battersi con tutto se stesso per raggiungere la meta, e questa fedeltà diventa forza dirompente quando tutti si è uniti nella medesima fede e nella stessa meta. Questo processo è sempre presente, sia nell’hobbit sia nel Signore degli Anelli. È proprio grazie alla fedeltà che i sacrifici e le difficoltà inevitabili in un cammino, soprattutto di redenzione, sono affrontati con consapevolezza e con quella giusta dose di timore che preserva da gesti insensati e nocivi, come porta invece a compiere la paura.

Non meno espressivo è l’aspetto dell’onore, sentimento che accomuna i nobili sentimenti e che s’ispira non a una vacua presunzione di se e/o della propria stabilità di possesso e difesa dei propri averi, ma di quel nobile sentimento che è proprio di un’anima fiera e consapevole della propria unicità e del rispetto che merita e che concede; è anche questo senso dell’onore che porta i nostri a compiere atti d’eroismo. L’eroe non è chi come un invasato si butta nella mischia o contro l’avversario, ma è chi consapevolmente e ragionevolmente affronta una difficoltà con umiltà unita a una forza interiore che arde di fede, di fiducia, di onore, di sacrificio per il bene della Compagnia, della comunità. Vogliamo dire che il film è una fiaba? Diciamolo pure, ma come tutte le fiabe, anche la più semplice, contiene e annuncia dei valori che insegnano all’uomo a divenire vero Uomo, o vera Donna, prima che mi tacciano di maschilismo. Interessante sarebbe esaminare anche i vari personaggi e il loro ruolo, nel loro aspetto simbolico, il loro messaggio proposto, ma l’articolo richiederebbe troppo tempo.

Un film che, a mio avviso, merita di essere visto e rivisto proprio per i messaggi positivi che contiene. 

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