Meglio ricercati che ricercatori
Qualche articolo di giornale come se ne leggono sempre più ormai, un’idea per realizzare un film, una commedia generazionale all'italiana e l’emergente registra salentino Sidney Sibilia realizza una pellicola cinematografica che sta spopolando: un misto tra comicità, fredda realtà, ironia ed amara considerazione della società odierna.
Tutto questo è “Smetto quando voglio”, la cui trama rielabora la reale situazione di due neolaureati in filosofia, con lode, adattatisi a lavorare come netturbini. Per carità, il lavoro è sempre e comunque lavoro e ogni impiego ha la sua utilità ma è chiaramente davanti ai nostri occhi che questo sistema sia alle fasi finali del collasso.
In un crescendo di difficoltà economiche, domestiche, personali e professionali, Pietro Zinni, un 37enne neurobiologo ricercatore universitario a La Sapienza di Roma, si vede sfumare per un pelo la grande opportunità del rinnovo di un assegno di ricerca a causa della solita raccomandazione.
Le ripetizioni che da ad alcuni studenti non gli vengono pagate e la fidanzata vorrebbe avere maggiori certezze sul loro futuro di conviventi.
Ma a Pietro, deluso dagli intrighi accademici che gli hanno precluso una brillante carriera, viene un’idea tanto brillante quanto pericolosa: sintetizzare una nuova droga che non compare nell’elenco degli stupefacenti del Ministero della Salute e quindi non illegale.
Per riuscire a crearsi un giro d’affari nello spaccio della capitale riunisce una squadra di amici ed ex compagni di università: Alberto, ex chimico ora cameriere in un ristorante cinese, Bartolomeo, matematico esperto di economia e fidanzato con la figlia di un giostraio di etnia sinti, Andrea, antropologo molto attivo nelle pubblicazioni che è costretto a spacciarsi per un non laureato nella speranza di trovare uno stage non retribuito, Arturo, un archeologo che vive ancora coi suoi genitori, Mattia e Giorgio, due latinisti che lavorano come addetti presso un benzinaio cingalese facendo i turni serali.
Ben organizzati, girano varie discoteche romane accumulando una vera e propria fortuna ma ben presto si trovano a fare i conti con la concorrenza capeggiata dal boss Murena.
Il vortice di vita frenetica, materialista e sfrenata che li circonda non passa inosservato agli occhi di Giulia, fidanzata di Pietro, e della polizia.
Una pellicola che fa ridere dall'inizio alla fine ma che coglie nel segno facendosi portavoce di un malcontento generazionale in cui i cervelli non in fuga verso accademie estere si prendono la loro rivincita contro un precariato spietato, contro un nepotistico baronato accademico ottuso ed anti-evolutivo. Il tutto in un contesto non loro, nella movida serale ai limiti della legalità.
Il montaggio dinamico, la trama quotidiana, il team di attori nuovi sono elementi di successo di questo film.
Il messaggio è da leggere con sottile ironia e quasi con sarcasmo: se le brillanti menti accademiche che contribuiscono allo sviluppo dell’Italia non trovano modo di emergere, e non per loro demerito, allora è meglio che anziché soccombere si gettino nel malaffare e nel substrato criminale.
Riflettendo su ciò, a pellicola terminata, rimangono molti quesiti interiori, già riesumati dalla visione di film come Generazione 1000 euro e Tutta la vita davanti, che non danno molte speranze per il futuro ma che danno poche certezze ovvero che da situazioni sociali, economiche e lavorative come quella in cui stiamo vivendo si creano i presupposti per cambiamenti radicali poiché non si può tirare a campare solo con risate, comicità e speranze.
Stefano Todisco