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Giovanni Testori, intellettuale milanese

  • Rossella Atzori

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Storico dell’arte, pittore, critico letterario, poeta, scrittore, drammaturgo, regista e attore. Difficile definire in una sola parola Giovanni Testori, uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento.

Nato il 12 maggio 1923 a Novate Milanese, frequentò il Liceo San Carlo a Milano e si laureò in Lettere all'Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1946; a 17 anni collaborava già ad alcune riviste del GUF (Gruppi Universitari Fascisti), scrivendo articoli di critica d’arte.

Allievo prediletto di Roberto Longhi, nel 1952 intraprende con successo la via della critica d’arte, incentrando principalmente i suoi studi sulla pittura lombarda dal XVI al XVIII secolo, attratto però anche da pittori a lui contemporanei come Cassinari, Morlotti e Guttuso.

Nel 1954 Einaudi pubblica la sua prima opera di narrativa: Il Dio di Roserio, a cui seguiranno quelle del ciclo de “I segreti di Milano”, caratterizzate dalla rappresentazione della realtà milanese e del suo hinterland; fa il suo esordio come drammaturgo al Piccolo Teatro, nel 1960, con quella che è la sua maggiore opera teatrale: L’Arialda. L’opera suscitò subito un grande scandalo per la presunta oscenità del testo, venato da tematiche omosessuali, così ché venne censurata e se ne vietò la rappresentazione; il regista Luchino Visconti e gli attori Paolo Stoppa, Umberto Orsini e Rina Morelli si rivolsero allora al Presidente della Repubblica, che si rifiutò però di riceverli. L’anno seguente L’Arialda venne finalmente messa in scena e ha inizio il sodalizio con Visconti, e proprio lo scandalo contribuì a far conoscere l’opera di Testori al grande pubblico. 

Dal 1972, con Franco Parenti, porta in scena la Trilogia degli Scarrozzanti (L’Amleto, 1972 – Macbetto, 1974 – Edipus, 1977) dando vita, con Andrée Ruth Shammah al Salone Pier Lombardo. Qui sperimenta un linguaggio originale, in cui il dialetto lombardo si fonde con elementi estratti dal francese e dall’inglese.

Un doloroso lutto familiare, la morte della madre nel 1977, segna una nuova fase della sua vita, in cui realizza appieno la sua conversione cattolica e si avvicina al gruppo di Comunione e Liberazione, dal quale diceva di sentirsi accolto “nonostante la condizione di omosessuale”. Frutto di questa rinnovata religiosità è una nuova trilogia: Conversazione con la morte (1978), Interrogatorio a Maria (1979) e Factum est (1981).

Dal 1977 collabora con il Corriere della Sera, succedendo a Pier Paolo Pasolini come commentatore in prima pagina, e divenendo l’anno seguente responsabile della pagina artistica.

Negli anni Ottanta si andò intensificando la sua attività di critico militante, rivolta a molti giovani talenti che devono a lui la notorietà; collaborò assiduamente con Franco Branciaroli e fondò con Emanuele Banterle il Teatro degli Incamminati.

Dopo tre anni di malattia, Testori muore il 16 marzo 1993, quando oltre 800 articoli si erano andati ad affiancare ai suoi celebri drammi, romanzi e studi critici.

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