Bergamo: il monastero di Astino
Nella piccola valle di Astino, circondata dai boschi dell’Allegrezza e dal colle della Benaglia e collegata a Bergamo da una strada che arriva fino alla Valle San Martino, si trova il Monastero di Astino, uno dei più belli e forse dimenticati della provincia lombarda.
La sua storia comincia nel 1070, quando un gruppo di monaci valleombrosani, guidati dall’abate Bertario, venne inviato a Bergamo con lo scopo di fondare un nuovo monastero nella signoria di Giovanni Gualberto dei Bisdomini.
In pochi anni, riuscirono a conquistarsi la fiducia dei bergamaschi, tanto che nel 1107 poterono iniziare i lavori per la fondazione del monastero, su di un appezzamento di terreno donato loro da Gualberto stesso.
Come primi edifici del complesso religioso, vennero erette la chiesa del Santo Sepolcro e un’abbazia, che venne governata da Bertario fino alla morte, che avvenne nel 1128.
Dopo un breve periodo d’incertezza, il monastero fu governato da una serie di abati molto abili ed esperti, che in poco tempo riuscirono a creare una fitta rete di donazioni, che permisero al monastero di sopravvivere dal punto di vista economico, oltre che ad ampliare la struttura del complesso con una serie di edifici che riunivano vari stili dell’epoca, dal gotico al romanico.
Uno dei donatori più importanti fu proprio il comune di Bergamo, grandissimo alleato e amico dal successore di Bertario, Maifredo da Asti, fondatore dell’Ospedale del Santo Sepolcro di Astino e di un’istituzione di beneficenza a favore dei carcerati e poveri della città lombarda.
Anche dopo la morte di Maifredo, i bergamaschi continuarono a sostenere, con doni e offerte economiche, i monaci del monastero e nel 1305 venne fondata la Congregazione della Misericordia Maggiore, che faceva capo all’Ospedale del Santo Sepolcro.
Verso la prima metà del Quattrocento, il monastero divenne una commenda, poi fece parte dei domini della repubblica di Venezia, e fino alla fine del Seicento venne continuamente ampliato e restaurato.
Dopo una pestilenza, il complesso religioso attraversò una lunga fase di decadenza, che terminò nel 1797, quando fu abolito per ordine di Napoleone Bonaparte.
Nell’Ottocento il monastero divenne un ospedale psichiatrico, poi destinato ad attività agricola e solo nel 2012, con la conversione in una scuola di alta specializzazione post universitaria, è tornato agli antichi splendori.
Il cuore del monastero è la chiesa del Santo Sepolcro, che venne consacrata alla fine del 1117, alla presenza del vescovo di Bergamo.
Dalla pianta a croce comissa e con una navata unica, che s’inserisce a T nel transetto, la chiesa ha un altare maggiore risalente al Rinascimento, con al suo fianco gli altari degli Evangelisti e di San Martino, risalenti al 1140, mentre dietro è posto il settecentesco coro ligneo.
Sul lato sinistro della navata, ci sono la cappella del Santo Sepolcro e quella di san Giovanni Gualberto, il fondatore della Congregazione Vallombrosana, mentre sul lato destro è la cappella della Vergine del Rosario.
La facciata della chiesa, divisa da lesene, ha, in due nicchie, le statue di San Benedetto e san Giovanni Gualberto, mentre, accanto, è presente un delizioso chiostro in stile rinascimentale.
Sulla parte orientale del monastero c’è una cappella che fu eretta nel 1239 per ospitare il beato Guala de Roniis, vescovo di Brescia, poi decorata nel Seicento da Francesco Zucco.